sabato 9 maggio 2009

Il summit tra Ciancimino e Provenzano "Ne va dell'onore, quelle corna sono da punire"


Il summit tra Ciancimino e Provenzano
"Ne va dell'onore, quelle corna sono da punire"

PALERMO - Quattro capimafia di prim'ordine mediarono in una questione di tradimenti extraconiugali: questioni d'onore, certo, ma in primo luogo si doveva salvaguardare la convivenza in Cosa Nostra.

Ne ha parlato, nella sua lunga deposizione, appena conclusa nell'aula bunker di piazza Filangieri a Milano, il dichiarante Massimo Ciancimino, sentito dal Tribunale di Palermo nell'ambito del processo 'Gotha'.

Nel trattare la posizione del primario radiologo Giovanni Mercadante, ex deputato regionale di Forza Italia, Ciancimino ha riferito che la moglie del medico, Agnese Saladino, ebbe una relazione con un uomo, Enzo D'Amico. Non si trattò solo di vicende personali: D'Amico era infatti nipote di Pino Lipari, consulente finanziario di Bernardo Provenzano, mentre Mercadante era a sua volta nipote di Tommaso Cannella, boss di Prizzi (Palermo) e anch'egli molto vicino a 'Binu'.

Proprio Provenzano e Vito Ciancimino avrebbero dovuto così mediare e l'omicidio di D'Amico, chiesto da Cannella, fu 'commutato' in tre anni di esilio in Brasile: "Mio padre - ha detto il teste - decise che D'Amico doveva levarsi dalle palle. Poi ci fu una specie di indultino, gli anni furono ridotti a uno e mezzo".

Ciancimino ha sostenuto di avere appreso dello scontro tra i due boss direttamente dal padre e di averlo all'epoca riferito alla figlia di Mercadante, sua fidanzata anche se in giovanissima età: "Io avevo 21-22 anni, forse 23 -ha ricordato- e lei ne aveva 9-10 meno di me. Il padre, Mercadante, non vedeva di buon occhio questa relazione, sia per via del cognome che porto che della differenza di età". Il processo è stato rinviato al 7 maggio.

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