giovedì 14 gennaio 2010

Napoli gli spioni dentro l'Antimafia


Napoli gli spioni dentro l'Antimafia

Napoli, scoperta centrale illecita: intercettazioni e controlli abusivi
ANTONIO SALVATI

NAPOLI

Adesso sarà interessante capire chi veniva spiato, perché e soprattutto per conto di chi. Perché dell'esistenza di una struttura all'interno della Direzione investigativa antimafia di Napoli in grado di raccogliere informazioni sulla vita privata di alcune persone i magistrati sospettavano da tempo. E con le perquisizioni ordinate ieri gli inquirenti della Procura di Napoli hanno ottenuto già i primi riscontri.

Tutto parte l'estate scorsa, esattamente il 14 agosto, quando uno degli uomini in servizio alla Dia partenopea scopre che in un'area non protetta del sistema informatico è stata creata una cartellina con all'interno dei file riguardanti le nuove indagini nate dall’inchiesta Magnanapoli, che rivelò i rapporti tra l'imprenditore Alfredo Romeo e diversi esponenti della giunta comunale di Napoli.
Le notizie coperte da segreto erano relative a presunte irregolarità negli appalti inseriti nel cosiddetto Piano Sicurezza a Napoli e in provincia. Per l'amministratore del sistema informatico ricostruire il percorso dei dati fu un gioco da ragazzi. Venne individuato anche il computer e il giorno in cui fu avviato quel tipo di lavoro. E in quella data era in servizio un sostituto commissario, 45 anni, allontanato qualche mese prima proprio dal gruppo ribattezzato Fedra, che indagava appunto sulla vicenda Global Service.

Facciamo un passo indietro: Giorgio Nugnes, l'assessore comunale morto suicida nel 2008 dopo essere stato coinvolto nell'inchiesta nata in seguito agli scontri scoppiati dopo l'apertura della discarica di Pianura, fece alcune confidenze a un colonnello dell'Arma. L'uomo politico temeva di essere finito nel mirino della magistratura che indagava su una delibera per l'appalto della manutenzione delle strade cittadine. Parlò di un impiegato comunale in rapporti con un uomo della Dia in grado di fargli ascoltare anche le intercettazioni telefoniche a suo carico.

Le forze dell'ordine indagarono sul dipendente del Comune di Napoli e scoprirono che un appartamento intestato a quest'uomo venne affittato in passato proprio al sostituto commissario in servizio alla Dia che, a scanso di equivoci, fu allontanato dal gruppo investigativo che si occupava di quella delicata inchiesta. Poi la scoperta dei file segreti violati e i magistrati Falcone, D'Onofrio e Filippelli decisero di convocarlo e di sottoporlo ad interrogatorio, alla fine del quale fu arrestato e accusato di accesso abusivo ai sistemi informatici della Procura per acquisire informazioni riservate sulle indagini in corso.

Ma già all'epoca i magistrati ebbero la sensazione dell'esistenza di una più ampia rete di soggetti coinvolti in quella vicenda. Da qui alle perquisizioni di ieri il passo è breve: l'ipotesi investigativa è che all'interno della Dia ci fosse una vera e propria centrale di spionaggio in grado di operare in maniera stabile per conto di chiunque potesse mettersi in contatto con essa. Un sodalizio composto da alcuni agenti che acquisivano notizie riservate e svolgevano attività di investigazioni illecite per conto di privati. Con tanto di foto, video e pedinamenti. Che naturalmente avevano un costo, visto che durante i controlli sarebbe stato sequestrato una sorta di «tariffario» che era in possesso di uno degli agenti coinvolti nell'inchiesta.

Si farebbe riferimento anche a una tariffa di 50 euro all’ora relativa a un pedinamento. Gli inquirenti ipotizzano il reato di associazione per delinquere finalizzata alla interferenza illecita nella vita privata e all'accesso abusivo al sistema informatico. E fino a tarda sera negli uffici del procuratore aggiunto Rosario Cantelmo sono state interrogate le quattro persone che hanno subito le perquisizioni: si tratta di un altro sostituto commissario della Dia di Napoli, di un agente di polizia e di due cittadini.

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