martedì 5 gennaio 2010

Una bara d'oro per Nick Rizzuto Jr il figlio del boss





Una bara d'oro per Nick Rizzuto Jr il figlio del boss

La Little Italy di Montreal in lutto per Nick Rizzuto

Quando la bara di Nicolò Nick Rizzuto jr. è entrata nella Chiesa di Notre Dame a Montreal, portata a spalle da otto uomini vestiti di nero, con gli occhiali scuri e il Borsalino in testa, dalla folla dei fedeli s’è levato un lungo applauso di ammirazione.


Il sacerdote dall’altare ha detto in italiano «fate largo al nostro Nick», raschiando un po’ le labbra sul microfono. La bara era tutta d’oro luccicante e risplendeva come un’opera d’arte. In piedi, nella prima fila della navata, il vecchio boss Nick Rizzuto senior, 84 anni, s’è asciugato gli occhi con un fazzoletto bianco. Anche lui era vestito di nero, e anche lui aveva un Borsalino che stringeva nervosamente nelle mani nodose, lisciandone la tesa senza sosta. Era appena uscito dal carcere, il 25 novembre: l’avevano condannato per reati di droga, estorsione e gioco d’azzardo. Nick senior era arrivato a Montreal nel 1954, immigrato dalla sua Sicilia con poche lire e neanche un dollaro.

Aveva solo un indirizzo in tasca, ma aveva fatto in fretta lo stesso a diventare un uomo potente nella fredda e pacifica Montreal. E’ lui che ha fondato la Sesta Famiglia, il clan più famoso della mafia canadese, alleato ai Bonanno di New York. Ha vinto tutte le guerre che c’erano da vincere, contro gli irlandesi, gli ebrei e i clan locali. Ma negli ultimi anni il suo potere s’è indebolito: la cosa strana è che sono le street gang, le bande da strada, a sfaldare la sua forza, e a rompere le sue leggi. Nessun’altra mafia l’ha sostituita. Alla metà degli Anni Novanta, ai primi tempi della crisi, la Famiglia Rizzuto, forte ancora della sua autorità, era riuscita a stringere un accordo con tutti i gruppi emergenti, il cosiddetto «Consortium», con la mafia russa, gli irlandesi e i cartelli colombiani della droga: gli italiani si erano presi quasi tutti gli affari dell’edilizia, l’80 per cento del business.

Ora però sono le bande dei balordi che cercano il loro spazio. «E questa situazione sta gettando Montreal nel caos», come ha spiegato lo scrittore di mafia Pierre de Champlain ai giornali americani. L’erede di Nick senior è suo figlio Vito Rizzuto, che adesso è in carcere, nel Colorado, con una condanna sulle spalle di 10 anni per reati legati a tre omicidi di mafia. Nick junior era suo nipote: aveva studiato ed era un «bravo ragazzo», come dicono i siciliani dell’America. Non aveva neanche un precedente penale. E si occupava di edilizia, l’ultimo grande regno della Sesta Famiglia. L’hanno ucciso il 28 dicembre 2009, nel centro di Montreal, con 6 colpi di pistola, all’angolo della Lachine Road e di Wilson Ave, davanti alla sua Mercedes nera e a una folla di gente che svuotava i saldi dei negozi.

Prima dell’agguato, dei balordi avevano attaccato i bar della Famiglia con attentati incendiari nel quartiere di St. Michel, la roccaforte dei Rizzuto. L’ultimo era stato il Pirandello Bar Sport distrutto con delle molotov lanciate da una macchina in corsa. Il vecchio Nick aveva sfidato i suoi nemici andando a mangiare poche ore dopo sedendosi ai tavolini del dehors, come se niente fosse successo, mentre gli operai sostituivano le vetrine distrutte e i passanti lo guardavano increduli. La verità, però, è che se la mafia italiana sfoggia il suo potere, i nuovi giovani rivali spaccano tutto e uccidono.



Così, il 28 dicembre hanno ammazzato Nick junior, 42 anni, davanti alla folla delle feste, in pieno giorno, alle 12 e 15. La risposta per ora è avvenuta con i funerali, con la sua scenografia persino rituale del potere, e la luccicante bara d’oro per seppellire Nick, proprio com’era accaduto con John Gotti, il boss dei boss. Fuori dalla chiesa, c’era un mucchio d’altra gente e c’erano tutti i giornalisti, tenuti all’esterno da un servizio d’ordine di bulli dai modi molto spicci, tutti vestiti con cravatte sgargianti, i sigari in bocca e le pistolone che gonfiavano le giacche. Come in una puntata dei Soprano, una lunga fila di Cadillac aveva scortato la limousine nera con i vetri antiproiettile, coperta di fiori e di corone, fino davanti al tempio di mattoni rossi, sotto il suono delle campane.

Poi, mentre dentro celebravano la funzione religiosa, s’erano disposte sotto i fiocchi di neve due lunghe code che riempivano la via per almeno mezzo chilometro. Quando gli 8 uomini con il Borsalino hanno issato sulle spalle la bara d’oro, qualcuno ha provato a sfiorarla con un bacio, toccando le grosse maniglie d’argento che pendevano dai lati. Dentro, l'omelia è stata letta in italiano. E solo un uomo, vestito di grigio piombo, con un’elegante sciarpa bianca che scivolava sulla pancia, ha fatto il ricordo della vittima. Riccardo Padulo, amico di famiglia, anche lui senza precedenti penali come Nick junior, ha composto un ritratto pieno di belle parole nel silenzio quasi irreale della chiesa di Notre Dame.

Ha detto che «il nostro Nick era un vero gentleman». E poi si è asciugato le lacrime, con un gesto quasi teatrale: «Agli occhi di Dio è stata una bella persona, e lo dimostra tutta questa folla ai funerali». Alla fine della messa, la gente è uscita in silenzio, dietro la bara d’oro e il vecchio Nick. Mancava solo il papà, Vito Rizzuto, che deve scontare 10 anni in Colorado. Aveva chiesto il permesso, ma non gliel’hanno dato. Così il corteo s’è mosso senza di lui, passando come una marcia presidenziale dietro alla limousine ricoperta di corone, fra le vie imbandierate di Little Italy e persino lungo Melrose, nel Sud della città, dov’era scappato l’assassino di Nick. Perché questo non era solo un funerale. Era una sfida.

PIERANGELO SAPEGNO

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