martedì 8 giugno 2010

"Suina", milioni sprecati in vaccini


Il costo della pandemia

Cento euro per ogni dose somministrata, tre euro per ogni cittadino italiano, bambino o vecchio che sia


E ora tutti sono d’accordo. Dopo il grande allarme, dopo i tentativi di far vaccinare una buona fetta di italiani perché considerati categorie a rischio, siamo di fronte al grande «sboom», lo sgonfiamento della bolla mediatica. E a una valanga di cifre, disarmanti, enormi sia che le si voglia considerare a livello mondiale, sia a livello italiano.

Sono oltre 179 milioni le dosi di vaccini contro l’influenza pandemica che sono state distribuite in Europa e circa 38 milioni le persone effettivamente immunizzate dal virus A/H1N1, è scritto in un rapporto dell’European Medicines Agency (Ema), secondo cui, dunque, gli Stati membri dell’Unione europea hanno utilizzato solo il 20% dei prodotti acquistati durante l’emergenza pandemica dello scorso anno.

Il rapporto del Consiglio d’Europa denuncia l’ «enorme spreco di denaro pubblico» e l’avere provocato «timori e allarmi ingiustificati circa i rischi sanitari ai quali poteva essere esposta la popolazione europea». Ma quanto è costato questo scherzo?

Difficile fare calcoli precisi. A livello mondiale la banca JP Morgan ha stimato il giro d’affari in circa 7 miliardi di dollari. In Italia il ministero della Salute afferma che sono state acquistate oltre 12 milioni e mezzo di dosi a 7,7 euro l’una, il che vuol dire circa 98 milioni di euro di spesa. In realtà lo Stato si era impegnato a pagare 184,8 milioni di euro ma 11 milioni non sono stati più acquistati, dunque finora 84,7 milioni di euro non sono stati pagati. La spesa effettivamente sostenuta per i vaccini ammonta finora a 100,1 milioni, conclude l’epidemiologo Tom Jefferson. Ne sono state somministrate circa un milione di dosi, come afferma il ministero della Salute. Di conseguenza, ogni dose somministrata, sarebbe costata finora 100 euro, cifra che se si considera la spesa che il ministero si era impegnato a sostenere sale a 184 euro. E ogni cittadino italiano ha pagato 3 euro a testa dal neonato al centenario compreso, per la pandemia che non c’è.

La cifra complessiva in realtà può ancora variare, e potrebbe anche diminuire. Ci sono trattative in corso tra Governo e aziende che potrebbero concludersi con un accordo su un indennizzo (la Francia ha pagato il 16% della somma che avrebbe dovuto) o con l’apertura di un contenzioso.

Nessuno sa però quanto siano costati i servizi vaccinali, ma soprattutto a quanto ammonti la perdita dovuta al fallimento della campagna: dai vaccini buttati o al costo delle operazioni di recupero dei prodotti da parte delle Regioni.

Nè è ancora finita. C’è il capitolo antivirali. Il ministero - ricostruisce Tom Jefferson - ha reso noto di avere a disposizione 40 milioni di dosi (30 milioni di Tamiflu e 10 di Relenza), pari a 10 milioni di cicli, acquistati dal 2005 in poi e infatti tenuti in gran parte in forma di polvere, pronta a essere confezionata in capsule. Il mandato a confezionarne una parte era stato dato ad aprile all’Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze da cui infatti erano stati stoccati e inviati ai centri di riferimento regionali per la distribuzione ad Asl e ospedali. Altri 50 milioni erano stati promessi dalle Regioni. Il ministero non fornisce alcun dato ulteriore ma un calcolo direbbe che il costo di ogni ciclo è pari a 12,5 euro: in tutto, quindi, lo Stato per comprare gli antivirali dovrebbe aver pagato 125 milioni di euro. Non possiamo quantificare, però, il costo della trasformazione da polvere in capsule né quello dello stoccaggio e della distribuzione alle Regioni. «E quanto avrà speso la popolazione di tasca propria per la corsa al Tamiflu?», si chiede ancora l’epidemiologo.

Un altro costo non quantificabile ma che aggiunge un bel po’ di euro è quello legato allo smaltimento di tutti i vaccini ormai prodotti e inutilizzati. Oltre alla spesa per l’acquisto mantenere i vaccini ha un costo perché devono essere conservati in celle frigorifere per impedire che si danneggino. Sono decine di migliaia di euro al giorno perché dovranno essere mantenuti in ottimo stato fino alla loro data di scadenza, dopodiché verranno affidati ad aziende specializzate per lo smaltimento di rifiuti speciali, spendendo tanto altro denaro pubblico. L'Oms suggerisce di donarli ai Paesi del Terzo Mondo, alcuni Paesi europei vorrebbero invece venderli sottocosto ad altri Paesi poveri dell'Est.

FLAVIA AMABILE

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