domenica 8 agosto 2010

Salvatore Giuliano

Salvatore Giuliano:dopo 60 anni e' ancora giallo sulla morte

(Ansa) ROMA - Potrà essere risolto nel 2016, allorché cadrà il segreto di stato sulle carte conservate negli archivi dei ministeri dell'interno e della difesa, il giallo sulla morte del bandito Giuliano, uno dei tanti misteri della storia italiana sui quali recentemente la magistratura è tornata ad indagare. Ne è convinto Giuseppe Sciortino Giuliano, nipote di Salvatore Giuliano, che ha appena pubblicato un libro ("Via d'inferno. Cause ed affetti") che si chiude con una ricostruzione secondo la quale il cadavere mostrato all'epoca alla stampa non sarebbe stato quello del celebre bandito, bensì di un sosia.

E Salvatore Giuliano, fuggito negli Usa, sarebbe in realtà morto solo quattro anni fa, ultraottantenne, dopo essere tornato due volte in Sicilia, nella sua Montelepre, per partecipare ai funerali della madre prima e poi della sorella. "Una ricostruzione che è solo frutto dell'immaginario popolare" dice Sciortino. Ma aggiunge: "Voce di popolo, Voce di Dio? Lo sapremo nell'anno 2016 quando scadrà il vincolo del 'segreto di Stato', sulla morte di Salvatore Giuliano. Ci sono due volumi custoditi al Ministero dell'Interno e altri documenti custoditi al ministero della Difesa".

La famiglia, conclude, "non ha nulla da nascondere. Se tutto questo è vero è roba dello Stato. E' lo Stato che ha qualcosa nascondere: apra gli archivi e vedremo".

SALVATORE GIULIANO: CUOZZO, DUE CADAVERI MA UNO E' TURIDDU PARLA IL GIORNALISTA CHE HA SCOPERTO LE FOTO ORA SOTTO PERIZIA di Paolo Cucchiarelli La Procura di Palermo indaga sulla morte di Salvatore Giuliano. L'ipotesi da verificare, attraverso l'esame delle fotografie disponibili del cadavere ripreso nel cortile di casa De Maria il 5 luglio del 1950 e di quelle che lo ritraggono nell'obitorio del cimitero di Castelvetrano, è se si tratti sempre dello stesso cadavere e se uno dei due sia in effetti di Salvatore Giuliano. Ipotesi da fiction? Non tanto se il Pm Ingroia ha fatto partire una indagine a tutto campo e disposto l'acquisizione dell'unico video della morte diffuso all'epoca dalla settimana Incom e di molte foto dell'epoca.

Ora la polizia scientifica farà le sue analisi. Che il cadavere mostrato ai giornalisti nel luglio del 1950 potesse non essere quello di Giuliano è in Sicilia diceria, leggenda, brusio costante in questi 50 anni. Ma ora c'è una verifica che ha come base l'ipotesi che i due cadaveri, del cortile e dell'obitorio, siano di due persone diverse messa nera su bianco, anni fa, da un specialista dei Medicina Legale, il Professor Alberto Bellocco. A chiedere quella verifica è stato il giornalista della Rai Franco Cuozzo che all'Ansa racconta tutti i retroscena di questa incredibile ipotesi e anche le conclusioni a cui è giunto nel libro che sta scrivendo.

Cuozzo trova, circa 10 anni fa, in un Archivio, La Fondazione Allori, delle foto di Giuliano all'obitorio che non aveva mai visto. Verifica che non siano state pubblicate e si accorge che ci sono vistose anomalie. Quel cadavere è "troppo fresco" per essere stato dalle 3 di notte alle 10 per alcuni e alle 15 per altri del 5 luglio all'aria aperta. Colava del sangue dalle ferite. Non mostra segni evidenti di processi degenerativi. "C'erano dei fori, quattro, due dalla parte destra del costato e due sul braccio sinistro. E poi non quadra nulla nella ricostruzione. La notizia dai carabinieri arriva a Roma tardi, alle 20.30 mentre ai politici arriva subito: c'è una evidente sfasatura, come se i "carabinieri attendessero che qualcosa si compisse" e ci fosse "in corso una trattativa", dice Cuozzo che cita le perplessità dei giornali dell'epoca.


Nel cortile Giuliano era irriconoscibile, bocconi, con il viso per gran parte rivolto a terra e una chiazza di sangue proprio in corrispondenza. I giornalisti a Castelvetrano arrivarono - ha ricostruito Cuozzo- quando già il cadavere era stato portato via. Facevano fede solo le foto fatte scattare sotto stretto controllo dei carabinieri. Cuozzo è giunto, sulla base di attenti studi che poggiano anche sulla perizia da lui chiesta ma diffusa da due ricercatori, ad una sua verità. " Come ha detto anche Andreotti la Dc, lo Stato, usò la mafia per far fuori Giuliano. C'era una taglia di 50 milioni e tutte le sfasature, le anomalie, le contraddizioni, le incertezze delle prime ore, la rabberciata e incerta ricostruzione fotografica, si spiegano se si parte dall'idea che la mafia 'apparecchio'' quel cadavere, il sosia di Giuliano che il bandito voleva utilizzare per un film, come 'contromarca' per avere i 50 milioni pattuiti e consegnare subito dopo il cadavere di Giuliano. Si è scritto, detto, sostenuto, ci sono anche dei nomi, che nella vicenda venne utilizzata la mafia di Monreale, l'unica che era rimasta legata a Turiddu. Ecco, credo, il perché di quei due cadaveri diversi. Quello del cortile De Maria è il sosia, l'altro, è Giuliano. La trattativa aveva per oggetto le coperture da garantire e i soldi da incassare. Qualcuno non si fidava e ricorse al vecchio detto,'pagare tappeto, vedere cammellò. E soprattutto Cuozzo seppe dal fotografo che aveva fatto quello scatto, Osvaldo Restalli, che era del tardo pomeriggio del 6 luglio e che nella gestione della pubblicazione sui giornali c'era una accorta regia. "Quelle dell'obitorio, se prese da una certa angolazione, erano stata tutte non pubblicate. Poteva poi un cadavere colare sangue fresco dopo 37 ore dalla morte?".

La storia è semplice. La perizia di Bellocco dice chiaramente, con riscontri difficilmente confutabili (ci sono colpi di arma da fuoco in posti diversi sui due cadaveri; i lobi delle orecchie sono nettamente diversi, ci sono solo in uno le basette, il cadavere dell'obitorio ha una gamba spezzata ecc.) che si tratta di due corpi diversi. Quella perizia ha una sua spiegazione ma non quella 'strombazzata' della messinscena per coprire la fuga di Giuliano "ma la trattativa tra lo Stato, i carabinieri, e la mafia che doveva, dopo aver fatto fuori Giuliano e il suo sosia, consegnare il cadavere del bandito dopo aver dato, con il primo cadavere, il riscontro di aver portato a tremine l'operazione. Soldi, quindi. E coperture. Eco perché quello dell'obitorio altri non è, per me che seguo la cosa da 10 anni, che il corpo di Turiddu".

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IL ROBIN HOOD DELLA SICILIA


Salvatore Giuliano Turiddu


Non e` possibile parlare di Montelepre senza associarlo al nome di Salvatore Giuliano.

La sua storia, svoltasi nel settennio 1943-1950, era gia` leggenda prima ancora della sua scomparsa. Migliaia di episodi lo avevano qualificato come:

" L'uomo che toglieva ai ricchi per dare ai poveri."

Salvatore Giuliano nacque a Montelepre il 16/11/1922. Il padre, suo omonimo, costretto ad emigrare negli Stati Uniti, a piu` riprese riusci` a comprare diversi pezzi di terra nei dintorni del paese. Infine rimpatrio` per occuparsi della loro coltivazione.

Il giovane Salvatore, finite le elementari, ando` ad aiutare il padre. In verita` avrebbe preferito il commercio, ma non si sottraeva al suo dovere anzi trovava il tempo per continuare gli studi. Spesso finito il lavoro, andava dal prete del paese o da un suo ex insegnante.

L'azione dell' E.V.I.S. e la politica del M.I.S., a cui tutta Montelepre, tutti i paesi limitrofi e buona parte dei Siciliani aveva aderito, piegarono la volonta` del Governo Italiano e del Re d'Italia Umberto II, che il 15 Maggio 1946, approvo`

LO STATUTO SICILIANO

che rendeva l'Isola quasi una nazione confederata all'Italia.

Il Popolo Siciliano saluto` con entusiasmo questa conquista e la popolarita` di Salvatore Giuliano tocco` l'apice. Venne considerato "il simbolo della ribellione del sud"e, a causa della sua innata generosita`, "il Robin Hood della Sicilia."


FU GUERRA MONDIALE !

I generi di prima necessita` diventarono sempre piu` rari. Il governo, per fronteggiare la crisi, dispose l'ammasso del grano.

Tutti i contadini furono costretti a privarsi del raccolto ed a sopravvivere con le "famigerate tessere".

Nascondere il grano era reato, ma anche a nasconderlo non si poteva macinarlo perche` i mulini erano sorvegliati.

In questo contesto la maggioranza della popolazione era al limite della sopravvivenza.

Nelle campagne dell'entroterra, qualche contadino era riuscito ad occultare parte del raccolto e Salvatore Giuliano aveva fabbricato un piccolo mulino.

Ma la farina non bastava mai, perche` egli la dava ai bisognosi

Le Cicatrici

Nella famiglia Giuliano era il fratello maggiore che procurava il grano; ma, anche lui, venne richiamato in guerra.
Tocco` a Salvatore Giuliano, poco piu` che ventenne, provvedere ai bisogni della famiglia.
Inesperto del "modus operandi", il 2 Settembre 1943, incappo` in una pattuglia composta da due guardie campestri e da due carabinieri.
Furono inutili le preghiere e le spiegazioni.

Venne accusato di contrabbando per due sacchi di grano di circa 40 Kg. ciascuno. Gli sequestrarono il mulo ed il grano.

Intendevano arrestarlo per condurlo al "presidio americano". Egli esibi` i suoi documenti e chiese di essere denunciato ma non arrestato.

Gli sembro` che i militari si fossero convinti, quando avvistarono quattro muli stracarichi. Erano contrabbandieri "veri".

Il giovane Giuliano venne lasciato libero e da solo. Provo` ad allontanarsi, ma i militari se ne accorsero e gli spararono sei colpi.
Con due lo colpirono al fianco.
Al carabiniere Giuseppe Mancino venne ordinato di finirlo, nel caso fosse ancora vivo, ma egli, che aveva sentito, lo precedette e lo feri` gravemente con la pistola che teneva nascosta nello stivale.

Il militare mori` l'indomani a Palermo, mentre Salvatore Giuliano, dopo aver trascorso un mese tra la vita e la morte, guari` perfettamente e si rifugio` sulle colline intorno a Montelepre.

LA RAPPRESAGLIA

Il 24 Dicembre 1943, allo scopo di catturarlo, le autorita` disposero di circondare il paese con 800 carabinieri. Non vi riuscirono e per rappresaglia arrestarono 125 persone: tra queste suo padre.

Un graduato lo picchio` a sangue.
Salvatore Giuliano, dal suo nascondiglio, vide tutta la scena. La sua ira divenne incontenibile.
Attacco` i convogli che attendevano in piazza. Un carabiniere mori` ed un altro rimase seriamente ferito.
Gli diedero la caccia senza esclusione di colpi, senza pieta`, ma egli riusci` sempre a scappare.

Il PARTIGIANO


Le sue imprese divennero note a tutti i Siciliani. Esponenti del Movimento Indipendentista Siciliano (M.I.S.), a cui egli aveva aderito fin dall'Aprile 1943, lo cercarono.

Nel Febbraio 1944 liberò otto monteleprini prigionieri nel carcere di Monreale; con essi formo` il primo nucleo di guerriglieri.
Il 15 Maggio 1945 gli vennero offerti i gradi di colonnello ed il comando per la Sicilia Occidentale dell' E.V.I.S., le brigate Partigiane Siciliane, chiamate "Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia".

Dalla fine del 1945 egli diede il via alla guerra della Sicilia contro l'Italia. Compi` una serie di attacchi alle caserme ed ingaggiò numerose battaglie in veste ufficiale, con tanto di divisa, di gradi e di bandiera.
Le più` note sono quelle di Monte d'Oro - Calcerame e Monte Cuccio.

LA REPUBBLICA

Il 2 Giugno 1946 si svolsero le elezioni per il referendum: monarchia-repubblica.

Vinse la Repubblica. Umberto II non era più Re d'italia.
Il 22 Giugno 1946 Palmiro Togliatti, Ministro di Grazia e Giustizia, fece approvare un decreto di amnistia ed indulto che cancellava reati comuni, politici e militari.

Quasi tutti gli uomini che avevano combattuto per l' E.V.I.S. tornarono alle loro case. Ma il maresciallo Giuseppe Calandra, della Stazione dei Carabinieri di Montelepre, denunciò per reati comuni tutti coloro che erano a lui noti come appartenenti a Salvatore Giuliano.

Naturalmente non gli riuscì di arrestarli perché tornarono tutti in montagna.
Prima delle voto del 20 Aprile 1947, Salvatore Giuliano, che sosteneva Antonino Varvaro, candidato del M.I.S. Democratico Repubblicano, stipulò accordi con l'esponente del P.C.I. Girolamo Li Causi. Quest'ultimo avrebbe fatto votare per Varvaro tutti i comunisti indipendentisti, mentre Giuliano avrebbe sostenuto le spese elettorali. Cosa che effettivamente fece.

PORTELLA DELLE GINESTRE

Ma Li Causi non mantenne l'impegno; il candidato non venne eletto e ciò scateno il risentimento di Salvatore Giuliano.
Era sua ferma intenzione di sbugiardarlo davanti a tutti in occasione della festa del 1 Maggio 1947 a Portella delle Ginestre.
Il piano di azione prevedeva una sparatoria in aria per catturare l'oratore e poi farlo giudicare dai convenuti. Purtroppo non poté prevedere che tra i suoi uomini vi fossero degli infiltrati della polizia e della mafia. L'ispettore Messana, avvertito dal suo confidente Salvatore Ferreri, avvertì Li Causi di non andare a Portella.

Giuseppe Passatempo, allo scopo di far ricadere la colpa su Salvatore Giuliano, si mise d'accordo con i mafiosi della zona, che, nascosti a pochi metri dalle persone, anziché sparare in aria spararono sulla folla, uccidendo 11 persone e ferendone 27.

L' INGANNO

Era evidentissimo che il delitto era anomalo.

In nettissimo contrasto con gli ideali di un uomo che aveva lottato con il popolo e per il popolo.
Ma questo orrendo delitto, di cui
egli non fu responsabile, gli venne addebitato nonostante le sue innumerevoli giustificazioni.
Per circa mezzo secolo la responsabilità
venne attribuita a Giuliano ed ai suoi uomini. Recentemente, analizzando le perizie balistiche, i verbali di sopralluogo, le perizie necroscopiche, si è scoperto che i colpi che fecero le 11 vittime furono sparati dal basso, con armi beretta calibro 9, modello Thompson, che né Giuliano, né i suoi uomini,
avevano in dotazione.

Prima delle elezioni del 18 Aprile 1948, Salvatore Giuliano venne contattato da esponenti politici di tutti gli schieramenti.
Per coerenza con i suoi ideali, avrebbe voluto appoggiare i partiti di sinistra.
Poiché questi ultimi, dopo Portella delle Ginestre, gridavano al crocefigge contro di lui, decise di appoggiare gli esponenti della D.C. - Gli promisero un'amnistia di cui avrebbero beneficiato i suoi uomini.

Ci fu una massiccia collaborazione e nel 1948 la D.C. conquistò la maggioranza assoluta. Ma i politici, avute le poltrone a cui aspiravano, invece di mantenere gli impegni presi, gli proposero di arrendersi o di espatriare.

LA REAZIONE

Nella seconda metà del 1948, i nuovi governanti fecero invadere Montelepre dai carri armati e fecero deportare tutti gli uomini validi, dai 15 anni in su (circa tremila).

Tra loro tutti i familiari e tutti i parenti di Salvatore Giuliano.
Le sue reazioni a questo punto sono intuibili:
L' Esercito Italiano sulle montagne di Montelepre - scriveva ai giornali,
- scriveva ai magistrati,
- scriveva ai politici,
evidenziando i maltrattamenti e i soprusi che venivano commessi.
Attaccò colonne di autocarri di militari,
attaccò le caserme,
ingaggiò vere e proprie battaglie.

Gli scontri a fuoco, alcuni violentissimi, provocarono decine e decine di morti e feriti, tra le migliaia di uomini che il Governo gli mandò contro.

IL TRADIMENTO

Solo allora si resero conto che per sconfiggerlo bisognava eliminare le persone
che aveva vicino. Per ottenere ciò lo Stato Italiano scese a patti con la mafia.

Turiddu poco prima di morire In cambio dell'impunita`, in poco tempo, alcuni degli uomini più fidati di Salvatore Giuliano vennero catturati o uccisi. Per eliminarlo fisicamente ricorsero al tradimento di Gaspare Pisciotta e Nunzio Badalamenti (ufficialmente arrestato), che lo eliminò nel sonno, in una casa colonica chiamata "Villa Carolina", ubicata tra Pioppo e Monreale.

La mattina del 5 Luglio 1950 il suo corpo venne trasportato a Castelvetrano, dove venne simulato un conflitto a fuoco con i carabinieri, che si attribuirono il merito di averlo ucciso.

Salvatore Giuliano aveva solo 27 anni!

LA TOMBA

Turisti da tutto il mondo, ancora oggi, portano fiori sulla sua tomba e vanno a visitare la casa dove egli nacque, che e` stata conservata integra.








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