giovedì 30 settembre 2010

Cuffaro alla sbarra: "Ripeto, la mafia fa schifo"

Cuffaro alla sbarra: "Ripeto, la mafia fa schifo"

Dichiarazioni spontanee dell'ex governatore siciliano davanti al gup di Palermo per il processo nel quale è accusato di concorso in associazione mafiosa


PALERMO. E' cominciato, davanti al gup di Palermo, Vittorio Anania, il processo all'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, accusato di concorso in associazione mafiosa. Oggi iniziano le arringhe dei legali dell'imputato, gli avvocati Nino Caleca, Nino Mormino e Oreste Dominioni.
Il processo si celebra in abbreviato. L'ex presidente della Regione, già condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia, è accusato di essere stato a disposizione delle cosche durante tutta la sua attività politica.
"Non mi sono mai sottratto al processo, cosa che dimostra il mio grandissimo rispetto nei
confronti della magistratura. E torno a dire che la mafia è un fenomeno schifoso. Anche se pure questo mi e' stato contestato, in passato". Ha esordito così Cuffaro, nel rendere dichiarazioni spontanee. "Il mio rispetto per la magistratura -ha proseguito- non e' venuto meno neppure quando le indagini hanno avuto riflessi su mia moglie e su mio

padre, di 89 anni, totalmente estranei alle mie vicende”.

Rinviato a lunedì l’interrogatorio di Cimino

L’ex assessore regionale sarà sentito dal pm della Dda Fernando Asaro e dall'aggiunto Vittorio Teresi. È accusato da diversi pentiti di aver fatto aggiudicare appalti a imprese in odor di mafia


PALERMO. E' stato rinviato a lunedì alle 9.30, al palazzo di giustizia di Palermo, l'interrogatorio, inizialmente fissato a oggi, dell'ex vicepresidente della Regione Michele Cimino, indagato per concorso in associazione mafiosa. L'esponente del Pdl Sicilia sarà sentito dal pm della Dda Fernando Asaro e dall'aggiunto Vittorio Teresi. Il politico è accusato da diversi pentiti di aver fatto aggiudicare appalti a imprese in odor di mafia. L'interrogatorio è stato spostato per impegni del legale del politico, l'avvocato Nino Caleca.

Falsone, il Riesame annulla in parte l’ordinanza di arresto
 
Il tribunale ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza sull'accusa di essere socio occulto in tre aziende agrigentine


AGRIGENTO. Il tribunale del Riesame di Palermo ha parzialmente annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'ex capo mafia di Agrigento Giuseppe Falsone.

Accogliendo la richiesta avanzata dal legale dell'ex boss agrigentino, l'avvocato Giovanni Castronovo, il tribunale ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza sull'accusa di essere socio occulto in tre aziende di trasformazione e confezionamento di frutta e verdura che operano fra Campobello di Licata e Canicattì.

Coltivano marijuana coperti da calzamaglie: famiglia in cella a Riesi
 
Arrestati dai carabinieri Giuseppe Giaquinta, 48 anni, il figlio Angelo, di 22, e il cugino di quest'ultimo Rosario, 23 anni. Sequestrati 1.400 arbusti


RIESI. Coltivavano una piantagione di marijuana, con 1.400 arbusti, coprendosi il volto con calzamaglie per non essere identificati.

Un escamotage che non ha evitato a tre persone, imparentate tra loro, di essere scoperte e arrestate da carabinieri del reparto territoriale di Gela. Sono Giuseppe Giaquinta, 48 anni, suo figlio Angelo, di 22, e un cugino di quest'ultimo, Rosario Giaquinta, di 23 anni.

Per evitare 'sorprese' i tre coltivavano la piantagione, allestita nelle campagne di Riesi, di notte e si servivano di un impianto di videocamere per controllare la crescita delle piante e l'eventuale arrivo di 'intrusi'. Carabinieri della stazione di Riesi e del comando territoriale di Gela sono entrati in azione nella notte e hanno sorpreso i tre che, con il volto coperto da calzamaglie, stavano tagliando gli arbusti ormai maturi per metterli ad essiccare. Secondo gli investigatori la marijuana, una volta immessa nel mercato dello spaccio di droga, avrebbe avuto un valore complessivo di circa un milione di euro.

Le indagini dei militari dell'Arma sono state coordinate dal sostituto procuratore di Caltanissetta Edoardo De Santis che ha disposto il trasferimento in carcere dei tre arrestati.

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