domenica 24 ottobre 2010

Finisce dopo undici anni la fuga del boss della mafia agrigentina



Preso nella campagne di Favara dopo il blitz con bombe accecanti

AGRIGENTO

Gerlandino Messina, catturato oggi pomeriggio a Favara, in provincia di Agrigento, ricercato dal 1999, dopo l’arresto di Giuseppe Falsone, il 25 giugno scorso, a soli 38 anni era diventato il nuovo capo provinciale di Cosa nostra ad Agrigento. Era inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità del ministero dell’Interno che continua velocemente a sfoltirsi. È ritenuto uno spietato killer: le sentenze lo descrivono sempre armato, anche di mitra, e guardato a vista da una scorta armata. E deve scontare l’ergastolo per associazione mafiosa e vari omicidi. Dal 2001 era ricercato anche in campo internazionale.

L'erede di Falsone

Appartiene alla famiglia dei Messina di Porto Empedocle, un nucleo di antica tradizione mafiosa. Il padre Giuseppe venne ammazzato nel 1986 durante la guerra di mafia contro gli stiddari e anche lo zio Antonino fece la stessa fine. Fu Falsone, a volerlo quale suo vice, nonostante la resistenza feroce dei clan rivali.

La guerra per il territorio

Il territorio di Porto Empedocle, infatti, per anni è stato dominio incontrastato del boss Luigi Putrone capo della famiglia locale e i Messina, da sempre in lotta con lui, dovettero andare via. Ma con gli arresti dell’inchiesta Akragas del 1998 e 1999, che aveva decapitato i vertici locali e provinciali di Cosa Nostra, diversi boss furono costretti a darsi alla latitanza. Tra questi anche Luigi Putrone. Così mentre questi scappava dall’Italia nel marzo del 1998, Gerlandino Messina e suo zio Giuseppe ritornavano a Porto Empedocle entrambi da latitanti.

Inchiodato dal pentito

Era stato il pentito Maurizio Di Gati a confermare che dal 2004 rappresentava il numero 2 di Cosa nostra, immediatamente dietro Falsone, dal 2004: «Nel settembre o ottobre 2003 si era fatta una grossa riunione nella zona di Canicattì e Campobello di Licata nella campagna a disposizione di Gerlando»: una riunione che aveva definito i nuovi equilibri benedetti da Bernardo Provenzano. Verrebbe da dire: altri tempi. Oggi, infatti, Provenzano, Falsone e Messina sono stati tutti catturati.

L'operazione dei carabinieri

Al blitz hanno partecipato una ventina di carabinieri. I militari hanno sfondato una porta e contemporaneamente sono entrati da una finestra. Messina abitava in un appartamento di via Stati Uniti. Gli altri due piani superiori non sono terminati e sono grezzi. Messina aveva un pantolone di color marrone e una blusa di colore beige. «Non ha avuto il tempo di opporre alcuna resistenza - ha detto il colonnello Mario Di Iulio, comandante provinciale dei carabinieri -. Avevamo avuto la quasi certezza che Messina fosse lì dentro ieri sera e oggi abbiamo deciso di dare il via al blitz». Destinazione del boss adesso la caserma del reparto operativo di Villaseta e da lì il carcere di contrada Petrusa di Agrigento. Con lui non vi era altre persone e secondo quanto si è appreso non ci sono altre persone fermate oltre al latitante. Messina aveva con sè due pistole che sono state sequestrate. L’appartamento è al civico 79 di via Stati Uniti, alla periferia Nord di Favara. I carabinieri stanno cercando di risalire ai proprietari.

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