martedì 30 novembre 2010

Napoli, cricca degli avvocati pagati due volte dalle Asl: truffa milionaria


NAPOLI (30 novembre) - Pagamenti doppi. Versata due volte la stessa cifra, staccati due assegni per lo stesso decreto ingiuntivo. Potrebbe essere accaduto anche questo all’ombra dell’Asl Napoli uno, almeno secondo quanto sta venendo fuori dall’inchiesta sulla vendita dei crediti vantati da operatori sanitari.

Giovedì scorso il blitz, le perquisizioni, studi legali e uffici privati passati al setaccio dalla Guardia di Finanza nel corso di un’inchiesta che punta decisamente in alto: associazione per delinquere, usura, truffa, in un complicato meccanismo di compravendita tra creditori e società di mediazione.

Secondo la Procura di Napoli, la storia è più o meno questa: di fronte al dissesto delle casse della sanità campana - Asl Napoli uno in particolare - centinaia di operatori (farmacisti, laboratori) hannno venduto i crediti vantati a società di factoring, alla «Ipc consulting srl», che a sua volta si è rivolta a staff legali per ottenere dai giudici altrettanti decreti ingiuntivi. Turismo giudiziario, shopping del foro, per dirla con le parole del gip Luigi Giordano che ha autorizzato i decreti, fino ad ottenere ordini di pagamento che in alcuni casi risulterebbero doppi.

È quanto emerso dal racconto di alcuni potenziali testi d’accusa, ascoltati in queste ore dagli inquirenti. E dal primo screening emergono anche cifre tonde: negli ultimi mesi, sarebbero stati autorizzati versamenti doppi per ventotto milioni di euro. Detto più chiaramente, c’è chi ha ottenuto con un solo decreto ingiuntivo un secondo versamento. E invece di versare quattordici milioni di euro, le casse della Asl Napoli uno hanno versato esattamente il doppio. Testimoni a confronto, atti passati al setaccio, anche per accertare quanto c’è di vero nel racconto delle fonti della Procura, delle rivelazioni finora messe agli atti.

Inchiesta condotta dal pool mani pulite della Procura, sezione guidata dal procuratore aggiunto Francesco Greco, fascicolo affidato al pm Graziella Arlomede. Verifiche in corso, inchiesta al bivio: c’è dolo o colpa dietro il doppio pagamento degli stessi decreti ingiuntivi? O meglio: ci sono speculazioni dietro eventuali omissioni di controllo? Difficile dirlo allo stato degli atti di una vicenda investigativa ancora in corso, che punta a rifare conteggi, a rileggere il flusso di denaro erogato negli anni del grande dissesto. Ma non è tutto.

Inchiesta della Guardia di Finanza, in campo gli uomini del nucleo di polizia tributaria, vicenda coordinata dal comandante provinciale Giuseppe Grassi. C’è un altro aspetto degno di attenzione: c’è la possibilità che qualcosa sia scomparso dagli archivi dell’ufficio sanitario. Una scomparsa, una falla, qualcosa di anomalo che ha attirato le attenzioni degli investigatori.

Le date prima di tutto. È il 30 settembre quando il commissario Coppola lancia l’allarme, firmando due ordinanze che sollevano il caso dell’ipotesi di pagamento seriale e di shopping del forum. Pochi giorni dopo qualcosa si muove, qualche carta non si trova. Quanto basta ad andare giù a fondo, a cominciare dai computer acquisiti e dalle nuove testimonianze destinate a finire nel fascicolo.


di Leandro Del Gaudio

'Ndrangheta, ingente sequestro di beni tra il Piemonte e la Calabria

I beni riconducibili a Vincenzo Verterano con precedenti per traffico di stupefacenti, tentato omicidio e porto abusivo di armi

30/11/2010 Beni per un valore di 8 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia a un presunto affiliato alla 'Ndrangheta, Vincenzo Verterano, 46 anni, nato a Torino, ma appartenente a una famiglia di origine calabrese. Il sequestro è stato disposto in esecuzione di un decreto emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. La relativa proposta era stata fatta dal direttore della Dia, generale Antonio Girone.


I beni sequestrati consistono in due aziende del settore autodemolizione con sede a Torino; dieci unità immobiliari, tra cui appartamenti, autorimesse e fabbricati destinati a negozi e case ubicati a Torino, Borgaro Torinese, Villa Deati (Alessandria) e Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria).

Verterano, che secondo gli inquirenti può vantare un curriculum criminale risalente ai primi anni '80, con precedenti per tentato omicidio, porto e detenzione di arma da fuoco e traffico di stupefacenti, è stato coinvolto nelle indagini sfociate nel 2003 nell’ambito dell’operazione «Murcia II», messa a segno dal R.O.S. Carabinieri di Brescia nei confronti di un ramificata e potente organizzazione dedita al traffico internazionale di stupefacenti. Da ultimo, è risultato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria nel giugno del 2005, nell’ambito dell’operazione «Nostromo», condotta dal R.O.S. Carabinieri di Reggio Calabria. Verterano, secondo l’accusa, fungeva, dal settembre 2002, da referente, per il traffico di sostanze stupefacenti in Piemonte, della potente cosca Aquino, attiva nella fascia jonica calabrese, con a capo i fratelli Giuseppe e Salvatore Coluccio. Avrebbe inoltre favorito la latitanza di quest’ultimo.

Si dichiara povero, ma va in giro in Ferrari a Siracusa

L'Agenzia delle Entrate ha inviato un avviso di accertamento di circa 780mila euro ad un ristoratore. L'uomo non aveva nemmeno registrato la sua attività commerciale alla Camera di Commercio



SIRACUSA. Dalla sua dichiarazione dei redditi non superava i 7mila euro, eppure andava in giro a bordo di una Ferrari. Un ristoratore sircusano ha attirato l'attenzione dell'Agenzia delle Entrate che, dopo un'attenta attività di verifica, ha inviato un avviso di accertamento di circa 780mila euro.

Le indagini erano partite a seguito di una segnalazione da parte dei vigili urbani, che avevano verificato l'irregolarità della ricevuta all'Ufficio Entrate di Siracusa. I successivi controlli sulla situazione fiscale ed economica del contribuente, supportata dalle informazioni dell'anagrafe tributaria, hanno portato alla luce un "menù completo" di violazioni. L'uomo, infatti, svolgeva un'ulteriore attività di ristorazione come ente commerciale, senza nessuna iscrizione alla Camera di Commercio, con dipendenti rigorosamente in nero e nessun acquisto di pesce contabilizzato. Aveva anche una notevole disponibilità di beni immobili e mobili.

L'elevato importo dell'evasione ha indotto gli ispettori del Fisco a coinvolgere nell'indagine anche l'ACI locale. Dai controlli dell'Automobile Club è emerso che il titolare del ristorante era anche proprietario di una Ferrari del valore di 128mila euro.

Oltre a contestare l'omessa contabilizzazione di ricavi per circa 900mila euro, l'Agenzia delle Entrate ha quindi richiesto l'applicazione della multa che ammonta a 780 mila euro.

Mafia ed estorsioni, 23 arresti a Partinico

Operazione dei carabinieri nel comune del Palermitano. Azzerata la cosca locale


PALERMO. I carabinieri del Gruppo di Monreale stanno eseguendo a Partinico, paese in provincia di Palermo, 23 ordinanze di custodia cautelare in carcere, disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo nei confronti di presunti uomini d'onore della cosca locale accusati, a vario titolo, di mafia ed estorsione.

L'operazione, denominata "The End", nasce da un'attività investigativa che ha azzerato il mandamento mafioso di Partinico, importante crocevia tra le province di Palermo e Trapani, negli ultimi anni al centro di una vera e propria faida tra famiglie mafiose rivali. Il blitz vede impegnati 200 carabinieri del Gruppo, unità cinofile ed un elicottero del 9° Elinucleo di Palermo Boccadifalco.

Operazione The End,
torna in carcere il figlio del boss VitaleGiovanni, 28 anni, era stato scarcerato a marzo ma stanotte
è tornato in cella

 Era stato scarcerato a marzo scorso, ma è finito in cella stanotte, di nuovo, con l'accusa di associazione mafiosa, Giovanni Vitale, 28 anni, figlio dello storico capomafia di Partinico, Vito. Il raqazzo è tra i 23 arrestati del blitz dei carabinieri denominato "the end", che ha azzerato la cosca del palermitano. Una nuova ordinanza di custodia cautelare è stata notificata anche al fratello Leonardo che è però detenuto. Secondo gli investigatori Leonardo e Giovanni Vitale avrebbero sostituito il padre alla guida del mandamento mafioso. Dall'indagine è emerso che i due fratelli avevano il controllo capillare delle estorsioni, e delle attività illecite della cosca. Il taglieggiamento, nei confronti degli imprenditori edili, veniva realizzato attraverso l'imposizione della fornitura del cemento da parte di un'impresa compiacente: la Edil Village srl. I costruttori venivano costretti a rifornirsi da ditte compiacenti come la Edil Village di cemento e di materiale edile.

E’ stata l’operazione The end, la fine. Si’, perche’ le sirene delle Gazzelle dei Carabinieri di Monreale sono state i titoli di coda del film ‘’ La nuova mafia di Partinico ‘’. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, avrebbero azzerato la presunta metastasi criminale del crocevia mafioso tra le province di Palermo e Trapani, gia’ regno dei fratelli Vitale e di Mimmo Raccuglia. 23 ordinanze di custodia cautelare in carcere. Mafia ed estorsione tra i capi di imputazione. A lavoro 200 Carabinieri, unita’ cinofile ed un elicottero. In manette anche due figli del boss Vito Vitale, inteso Fardazza, ex capo del mandamento di Partinico : Leonardo Vitale, 24 anni, gia’ in carcere nel febbraio scorso per rapina, e Giovanni Vitale, 28 anni, arrestato, poi scarcerato a marzo e sottoposto alla sorveglianza speciale. Giovanni Vitale, nonostante la giovane eta’, sarebbe il capo cosca. E cosi’ conferma il colonnello Pietro Salsano, comandante del gruppo Monreale, secondo cui : ‘’ malgrado gli arresti i Vitale hanno mantenuto il controllo del territorio ". Ed infatti. L’ inchiesta svela che i due fratelli Giovanni e Leonardo Vitale avrebbero impugnato il racket delle estorsioni e delle attivita’ illecite nel territorio. Un controllo capillare. Gli imprenditori della zona, a lavoro e per lavorare, sarebbero stati martellati e taglieggiati tramite l’ imposizione della fornitura del cemento e di materiale edile da parte di imprese compiacenti, come la Edil Village srl, gestita da Alessandro Arcabascio e Alfonso Bommarito, arrestati oggi. Sullo sfondo di tutto cio’ si solleva la nube della escalation di attentati che ha tormentato Partinico e dintorni nel corso degli ultimi mesi, fino alla marcia antimafia organizzata lo scorso 16 novembre. Le intercettazioni rivelano il vocabolario aggiornato della mafia. Ad esempio, la famiglia e’ ‘’ officina ‘’, ordinare un omicidio e’ ‘’ mettilo in ferie ‘’, compiere una estorsione e’ ‘’ tingere ‘’. Dunque, gli arrestati, oltre Leonardo e Giovanni Vitale, sono Francesco Alfano, Alessandro Arcabascio, Alfonso Bommarito, Gianfranco Brolo, Carmelo Culcasi, Francesco Paolo Di Giuseppe, Antonio Giambrone, Gioacchino Guida, Salvatore Lamberti, Antonio Lo Biundo, Lorenzo Lupo, Pietro Orlando, Elviro Paradiso, Roberto Rizzo, Santo Salvaggio, Alfonso Scalici, Francesco Tagliavia, Giovanni Battista Tagliavia, Ambrogio Corrao, e Roberto Pitarresi. Poi in carcere anche un insospettabile architetto di Palermo, Antonino Lu Vito, presunto ambasciatore dei boss tra il mandamento di Partinico e le famiglie di Palermo.

COLPO ALLA CAMORRA

Camorra, 21 arresti a Napoli

Presi appartenenti al clan Misso

Ventuno persone affiliate al clan camorristico dei Misso, attivo nel quartiere Sanità di Napoli ma ritenuto ormai in estinzione, sono state arrestate dai carabinieri. Gli arrestati sono accusati di omicidi, tentativi di omicidio e di detenzione e porto illegali di armi da fuoco aggravati dal metodo mafioso: il clan, tra il 1999 ed il 2006, h dato vita a una delle più sanguinose guerre di camorra, scoppiata con l'Alleanza di Secondigliano.

Gli affiliati del can sono stati arrestati dal Nucleo Investigativo del comando provinciale di Napoli in relazione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.


Nel corso delle indagini sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza a carico delle persone arrestate. Secondo le accuse, tra il 1999 ed il 2006, diedero vita a una delle più sanguinose guerre di camorra scoppiate a Napoli. In un primo momento il clan Misso si oppose al cartello camorristico della Alleanza di Secondigliano, ma poi fu protagonista di una sanguinosa lotta intestina contro la frangia scissionista creata da Salvatore Torino.

Money transfer illegale, 19 denunce

Sequestrate quattro agenzie in Toscana


Trasferivano illecitamente verso la Cina enormi quantità di denaro (oltre 125 milioni di euro in sei mesi) da quattro agenzie di money transfer a Firenze e Prato: 19 persone sono state denunciate dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Firenze, che ha perquisito le agenzie e sequestrato denaro contante (3,8 milioni di euro), computer, archivi informatici e documentazione contabile.

Le perquisizioni erano state disposte dalla Procura della Repubblica di Firenze nell'ambito di indagini in corso per riciclaggio ed illecito trasferimento di valori. I militari delle Fiamme gialle hanno scoperto così che elevatissime disponibilità finanziarie sono state trasferite in Cina attraverso un illecito frazionamento delle somme. Migliaia di operazioni sono state intestate fittiziamente a soggetti cinesi, inesistenti o ignari, eludendo la normativa sui money transfer che prevede un limite di 2.000 euro per ogni trasferimento di denaro.


Durante l'operazione "Muraglia" presso le sedi dei money trasfer sono stati sequestrati 3,8 milioni di euro in contanti, destinati ad essere trasferiti in Cina (sono somme riferite a versamenti di vari clienti realizzati nei soli due giorni precedenti all'intervento), nonché vari computer ed i dati l'Archivio Unico Informatico (tenuto ai fini della normativa antiriciclaggio) riferito alle agenzie. Tredici soggetti che si apprestavano ad inviare denaro (tra 20mila e 100mila euro) oltre i limiti consentiti dalla normativa vigente sono stati denunciati. A loro si aggiungono i sei rappresentanti delle agenzie. Da giugno ad ottobre con questa tecnica sono stati trasferiti in Cina somme per 125 milioni di euro.

lunedì 29 novembre 2010

Pizzo, sequestrato villaggio turistico da 10mln di euro

La truffa legata al percepimento indebito di fondi e contributi della Regione
29/11/2010 Un complesso turistico per un valore di oltre 10 milioni di euro è stato sequestrato dalla Guardia di Finanza di Vibo Valentia a Pizzo Calabro, cittadina turistica sulla costa vibonese, in località Marinella-Prangi.
Il sequestro è da mettere in relazione al settore dei finanziamenti ottenuti in maniera illecita. Sette le persone indagate per la truffa che ha consentito l’erogazione di contributi pubblici regionali per la realizzazione di una struttura turistica a Pizzo che stamani è stata sequestrata dalla guardia di finanza di Vibo Valentia. Oltre al titolare della struttura, l’hotel Esperia, della società Piedigrotta, sono indagate sei persone che avrebbero fatto fatture false o gonfiate allo scopo di aumentare i costi e consentire di ottenere un finanziamento maggiore del dovuto. Tra loro vi è anche il titolare di una società fatta sequestrare tempo fa dalla Dda di Catanzaro nell’ambito di un’inchiesta contro le cosche del vibonese ed attualmente agli arresti domiciliari per quella vicenda. Le accuse contestate ai sette, a vario titolo, sono di truffa aggravata per indebite erogazioni pubbliche e falso.

Il procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, commentando l'operazione, ha espresso la sua soddisfazione «per la professionalità dimostrata dalla guardia di finanza nel ricostruire i gravi illeciti perpetrati da persone fisiche e strutture imprenditoriali anche riconducibili a pericolosissime organizzazioni criminali del vibonese». «Con quei soldi avremmo potuto ultimare il palazzo di giustizia» ha dichiarato Spagnuolo. «E' stata – ha aggiunto – un’operazione di aggressione al malaffare. Gli imprenditori vibonesi sono onesti e l'associazione degli industriali è in linea con le indicazioni di Confindustria per non pagare il pizzo. Tuttavia ci sono alcune mele marce che saranno perseguite dalla Procura in maniera severa. Creano danni all’economia».



LE INDAGINI

La società Piedigrotta 2000, proprietaria dell’hotel, il cui amministratore, Rocco Villella, di 67 anni, è tra i denunciati, avrebbe percepito indebitamente finanziamenti, nell’ambito del Por Calabria 2000/2006 per 1,8 milioni di euro, e usufruito, anche, di un rimborso Iva non dovuto di 846.838.

Inoltre, dalle indagini che hanno portato al sequestro preventivo dell’albergo, dell’area su cui sorge, pari a 43 mila metri quadrati, con annessi impianti sportivi, è emerso che alla Regione sono stati presentati dei falsi stati di avanzamento dei lavori basati su numerose fatture fasulle per un importo superiore ai due milioni di euro. La società appaltatrice dei lavori, inoltre, ha, a sua volta, utilizzato documenti fittizi per circa 1,9 milioni di euro emessi da una società consorella, anch’essa reggina. Infine è stato accertato un simulato aumento di capitale da parte dei soci per oltre due milioni, necessario per poter usufruire dei contributi pubblici.

Oltre a Villella, sono indagati Vincenzo Gioffrè (39), di Gioia Tauro (Reggio Calabria); Pasquale Zappia (34), di Santa Cristina d’Aspromonte (Reggio Calabria); Antonio Verri (71), di Lamezia Terme (Catanzaro); Francesco Barba (48), di Vibo Valentia; Saverio Altieri (51), di Cessaniti; Francesco Pentella (65), di Briatico. A Barba, la Dda di Catanzaro, al termine di un’indagine condotta dal Gico della guardia di finanza, aveva sequestrato un’azienda, diversa da quella coinvolta nell’inchiesta odierna, nell’ambito di un’inchiesta su collusioni con le cosche del vibonese. Per salvaguardare i posti di lavoro, l’attività imprenditoriale non è stata sospesa. Infatti, su disposizione della Procura, l’hotel è stato affidato a custodi giudiziali, appositamente nominati dal Tribunale, con l’obbligo di rendicontazione mensile.

Droga, confiscati beni nel Catanzarese per 4mln di euro

La confisca, disposta dal Tribunale di Catanzaro, riguarda beni immobili, diversi autoveicoli, rapporti bancari e un’azienda agricola

29/11/2010 Beni per un valore di circa 4 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro a Marcello Amelio, di 40 anni, ritenuto dagli investigatori legato a organizzazioni criminali dedite al traffico di droga. Con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha disposto per Amelio la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di ps per cinque anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Amelio è stato arrestato in passato per associazione mafiosa e usura e, nel luglio dello scorso anno, è stato arrestato nel corso dell’operazione «Sissi» fatta dalla polizia contro una banda che trafficava droga tra la Calabria e la Lombardia. La confisca, disposta dal Tribunale di Catanzaro, riguarda beni immobili, diversi autoveicoli, rapporti bancari e un’azienda agricola. Dalle indagini condotte dalla Dia è emersa la sproporzione tra i redditi dichiarati da Amelio ed i beni riconducibili a lui secondo gli investigatori. La proposta di confisca è stata fatta dal direttore della Dia, il generale dei carabinieri Antonio Girone.

Lo Bello: Catania capitale della mafia imprenditrice

Il grido d’allarme del presidente di Confindustria Sicilia: qui i boss non sparano più, hanno monopolizzato una fetta di settori come i trasporti, il calcestruzzo, il movimento terra e alcuni servizi alle imprese


ROMA. "Oggi la capitale della mafia imprenditrice non è Palermo ma a Catania". A lanciare il grido d'allarme dalle colonne del Corriere della Sera è il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello.

Secondo l'imprenditore è a Catania che si sarebbe "pienamente affermata una mafia che lascia alle cosche minori, spesso esterne a Cosa Nostra, i vecchi affari illeciti per dedicarsi ad attività apparentemente pulite" e dove "i mafiosi di rango e consolidata tradizione non sparano più e non chiedono nemmeno il 'pizzo' ma sono imprenditori che hanno monopolizzato una fetta di settori come i trasporti, il calcestruzzo, il movimento terra e alcuni servizi alle imprese".

"La prima conseguenza di una mafia con queste caratteristiche - spiega - è che chiunque venga in Sicilia spesso non può fare a meno di soggiacere al ricatto dei subappalti gestiti da imprese mafiose". "C'é un nemico interno al mondo imprenditoriale - prosegue - che quotidianamente distrugge i valori reali dell'impresa che sono il mercato, le regole, la trasparenza. Sono aziende mafiose o infiltrate dalla mafia che scelgono la via della collusione per avere un vantaggio su chi invece rispetta le regole". Si tratta, per l'imprenditore, di "un fenomeno insidioso perché non genera allarme sociale": questa, sottolinea, "é una mafia silenziosa che non spara ed anzi offre apparentemente occasioni di sviluppo. Ma è solo un'illusione, perché alla lunga distrugge ricchezza danneggiando l'economia sana".

Arrestato il “mostro di Cassibile”

Blitz dei carabinieri di Siracusa. Il serial killer sarebbe Giuseppe Raeli, un pensionato incensurato di 69 anni. Gli vengono addebitati una decina tra omicidi e tentati omicidi



SIRACUSA. I carabinieri di Siracusa hanno arrestato un uomo di 69 anni ritenuto il "mostro di Cassibile", il serial killer al quale vengono addebitati una decina tra omicidi e tentati omicidi compiuti dal 1996 al 2009 nella piccola frazione a una ventina di chilometri dal capoluogo. Si chiama Giuseppe Raeli ed è un pensionato incensurato.

L'uomo ha già lasciato sotto scorta e nel massimo riserbo la caserma del comando provinciale dei carabinieri di Siracusa per essere condotto nel carcere siracusano di contrada Cavadonna dove verrà rinchiuso in isolamento. Le accuse a suo carico sono di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione di arma in relazione ai diversi episodi che gli vengono contestati. Gli investigatori attendono adesso di valutare quel che emergerà dalle perquisizioni in corso sia nella sua abitazione che in alcuni fondi nella sua disponibilità per verificare se possono essere ricondotti o meno al pensionato anche altri episodi sui quali le indagini sono ancora aperte.

Il blitz che ha portato all'arresto del presunto serial killer di Cassibile e stato condotto con il supporto di una trentina di carabinieri. Sono in corso, anche da parte dei tecnici Ris di Messina, le perquisizioni sia nell'abitazione del pensionato arrestato che in alcuni fondi nella sua disponibilità che si trovano in prossimità della sua abitazione. Tutte operazioni queste che si protrarranno ancora a lungo.

Quanto agli episodi che vengono contestati al pensionato sembra, sempre secondo le primissime indiscrezioni, che possano fare riferimento ad un arco temporale più ristretto rispetto a quello compreso tra il 1996 ed il 2009 sul quale gli investigatori hanno indagato per le diverse vicende che a vario titolo sono state ricondotte alle azioni del cosidetto "mostro di Cassibile".


Cassibile, nel ’97 il primo delitto



La catena di sangue avrebbe avuto inizio con la morte di un anziano, mentre l’ultimo episodio, secondo gli inquirenti, risale al 18 agosto del 2004, con l’uccisione di un ambulante



SIRACUSA. Potrebbe essere finito l'incubo di un serial killer che tra il 1997 e il 2004, ad intervalli regolari, ha ucciso uomini e donne con un fucile calibro 12 seminando il terrore a Cassibile, una cittadina del siracusano nota in precedenza solo perché qui venne firmato nel '43 l'armistizio con gli americani subito dopo lo sbarco delle truppe alleate.

L' ultimo episodio che potrebbe essere collegato alla catena di delitti (otto negli ultimi sette anni) risale al 18 agosto del 2004: un venditore ambulante di frutta e verdura, Giuseppe Spada, di 47 anni, viene assassinato davanti al furgoncino con la sua merce, in uno slargo in prossimità dello svincolo di Cassibile dell' autostrada Siracusa-Gela. E proprio l' arma utilizzata per compiere l'agguato - un fucile calibro 12 caricato a pallettoni - costituisce il 'filo rosso' che collega tutti gli omicidi, anche se gli investigatori sottolineano che la vittima, a differenza degli altri delitti, aveva precedenti penali ed era in qualche modo sospettato di collegamenti con ambienti della criminalità organizzata e dello spaccio di droga. Il fucile, insomma, potrebbe essere stato scelto dall' assassino proprio per depistare le indagini.

La catena di sangue legata ai delitti attribuiti al serial killer di Cassibile inizia il 24 maggio 1997, quando con una fucilata ad un fianco viene assassinato Gioacchino Franzone, 74 anni. Un paio di anni fa l' inchiesta su questo omicidio è stata archiviata come incidente: l'uomo sarebbe rimasto vittima di una sorta di "trappola" che lui stesso avrebbe costruito, anche se questa tesi non ha mai convinto del tutto gli inquirenti. Non basta: sei mesi fa una delle figlie dell' uomo, Aurora Franzone, un’impiegata di 48 anni, diventa bersaglio di un atto intimidatorio, con alcuni colpi di fucile sparati contro il balcone di casa. Sempre nel 1997, la sera del 13 agosto, viene ucciso Rosario Basile, 42 anni, ragioniere commercialista, freddato mentre cena in veranda nell' abitazione dei genitori. Dieci mesi dopo, il 29 maggio 1998, a finire sotto i colpi di fucile del misterioso sicario è una ex guardia giurata, Stefano Arcidicono, di 46 anni, assassinato davanti casa. Trascorrono quasi due anni prima che, il 25 aprile del 2000, il serial killer torni a colpire. La vittima questa volta è Giovanni Ficarra, di 68 anni, anche lui, come Basile, mentre cena in veranda con alcuni amici e familiari. Il 21 dicembre dello stesso anno viene assassinata davanti casa anche una donna, Maria Callari, di 29 anni, bracciante agricola. Una settimana prima del delitto la sua auto era stata incendiata. "So chi è stato - aveva dichiarato subito dopo l'attentato - ma le mie cose sono in grado di gestirle da sola".

Il 31 luglio 2003, infine, due anziani coniugi, Sebastiano Tiné 65 anni e la moglie Giuseppa Spadaro di 58 anni, vengono uccisi a fucilate in un agguato mentre prendono il fresco nella loro villa di Fontane Bianche, sul litorale siracusano. Otto "missioni di morte", dunque, messe a segno con la stessa tecnica e la stessa arma, anche se apparentemente senza alcun collegamento tra le vittime. Il "caso" dei misteriosi omicidi di Cassibile è stato esaminato anche dagli investigatori dell' Uacv, l'Unità di polizia contro i crimini violenti, e dai carabinieri del Ris, il Reparto investigazioni speciali, che hanno compiuto una serie di perizie balistiche su cinque fucili sequestrati dagli investigatori. Una di queste armi era stata sequestrata a una donna, una giovane bracciante agricola che nel marzo del 2004 era stata iscritta dalla Procura di Siracusa nel registro degli indagati. Ma anche questa pista non si sarebbe rivelata decisiva. Sulle indagini, del resto, la Procura di Siracusa ha sempre mantenuto uno stretto riserbo, evitando perfino di confermare l'esistenza di un indagato. Un mistero che è andato avanti per oltre 13 anni, fino a questo notte, quando i carabinieri hanno arrestato con un blitz il presunto "mostro".

Sindaco ucciso, svolta nelle indagini "Il killer a Medellin"

Acciaroli, droga e speculazioni dietro l'omicidio



GUIDO RUOTOLO

INVIATO AD ACCIAROLI
Sulla parete della torre del porto quel bel ritratto di Angelo Vassallo non c'è più. E' cupa Acciaroli, battuta dal vento, dalla pioggia, segnata dal cielo plumbeo e il mare increspato e minaccioso. Quasi tre mesi fa, il 5 settembre, erano da poco passate le nove e trenta di sera, il sindaco Angelo Vassallo rientrava a casa. Fu bloccato da un killer che gli esplose contro nove colpi con una Calibro 9. Il sindaco della legalità, della difesa dell'ambiente, una speranza per il riscatto del Mezzogiorno, morì sul colpo. Acciaroli, tre mesi dopo. E il batticuore ti assale. Altro che perla del Cilento, oasi incontaminata e protetta dal sindaco intransigente che multava persino chi gettava le cicche di sigarette per terra. O che si sostituiva alle forze dell'ordine nell'andare in giro a controllare che non ci fossero i pusher. In queste ultime settimane si alternano molotov e minacce contro chi sa e potrebbe parlare. In questa parte del Cilento è attiva una «cricca» di affaristi, di speculatori immobiliari che trasforma soldi sporchi in investimenti redditizi, che avrebbe assoldato l'intera famiglia del killer, un misto di guappi, killer e mazzieri. Pronti a qualsiasi evenienza.

A metà novembre, sul quotidiano «Il Mattino» si parla di una cena della «cricca», (dodici) affaristi, che si sarebbe tenuta a Vallo della Lucania il 17 agosto. Si discuteva di una speculazione immobiliare di un centinaio di appartamenti a San Nicola a Mare. A quella cena passò anche Angelo Vassallo che avvertì puzza di bruciato e abbandonò la tavolata di magistrati, avvocati e faccendieri. Con la pubblicazione dell'articolo, la tensione è salita alle stelle ed è partita la caccia ai possibili «traditori». Se la sono presa con gli innocenti. Raccontano trafelati e impauriti i due (falsi) bersagli delle minacce: «(Omissis) ha mimato il battito delle ali e poi ha detto: "Farai il volo dell'angelo". Andrai al Creatore, insomma». L'altro: «A mia moglie ha detto che diventerà vedova presto». Ma non è finita qui, Acciaroli sembra una città stretta nella morsa della mafia delle estorsione. Undici giorni dopo l'omicidio Vassallo e nella notte tra il 22 e il 23 ottobre vengono esplose bottiglie incendiarie (con aggiunta di chiodi) contro l'Hotel Girasole. Giovanni Vassallo (solo omonimo del sindaco), il titolare, nega qualsiasi minaccia estorsiva.

Ma si racconta di strani rapporti tra la famiglia Vassallo e ambienti criminali. Acciaroli è come una pentola a pressione. Rischia di saltare il coperchio. Rischia di dover piangere un altro morto. Il clima è teso, e per la Procura di Salerno è una corsa contro il tempo. Affiorano storie che sembravano sepolte. Con cittadini coraggiosi che denunciavano possibili speculazioni e per questo venivano sequestrati e torturati. Qui si sono saldati interessi criminali e affaristici: droga e speculazioni immobiliari continuano a rappresentare il possibile movente dietro l'omicidio «politico mafioso» del sindaco Vassallo. Agli atti della inchiesta del procuratore di Salerno, Franco Roberti, e della pm Rosa Volpe, c'è una testimonianza che svela l'identità del possibile killer dell'agguato. E' una novità clamorosa: un testimone mette a verbale di aver avuto una confidenza. Ecco cosa gli ha detto la sua fonte: «Il giorno dopo la morte di Angelo Vassallo, intorno alle 17,30 dal cellulare di (omissis), ... fece una telefonata. Disse testualmente: "Ma che c... di pistola mi avete dato...". La persona poi ha restituito il cellulare ed è andato via».

La fonte ha rivelato ai magistrati il nome del presunto killer, che oggi si troverebbe a Medellin, in Colombia, riparato presso l'abitazione di un salernitano, F.B.. Una fuga misteriosa. Convinto di essere braccato dagli stessi affaristi che gli avevano commissionato l'omicidio del sindaco, o dagli inquirenti che l'avevano già individuato? Il killer avrebbe poco meno di trent'anni. Figlio d'arte. Lui, il padre e il fratello avrebbero precedenti penali per associazione a delinquere finalizzata all'estorsione. E proprio per evitare grane con la giustizia, il killer si sarebbe rifugiato da tempo in un paese dell'America Latina. Quest'estate, però, sarebbe tornato a Salerno, nel Cilento e ad Acciaroli avrebbe addirittura rapinato un paio di volte un pusher e, durante una rissa, sarebbe stato accoltellato all'uscita da una discoteca di Palinuro.

domenica 28 novembre 2010

Wikileaks, ecco il riassunto dei documenti sul New York Times

Traduciamo dal giornale online americano perchè il sito di Julian Assange è sotto attacco "DoS" (denial of service) da parte di hacker non meglio identificati



traduzione a braccio di ANNA MASERA


WASHINGTON
Duecentocinquanta milioni di documenti confidenziali della diplomazia americana, per lo più degli ultimi tre anni, forniscono una visione senza precendenti alle negoziazioni dietro le quinte tra le ambasciate di tutto il mondo, con i punti di vista candidi e brutali dei leader stranieri e valutazioni franche delle minacce nucleari e terroristiche.

Alcuni dei documenti, resi disponibili al New York Times, Der Spiegel, Le Monde, El Pais, The Guardian, sono stati scritti fino alla fine dello scorso febbraio, e rivelano gli scambi di messaggi dell'amministrazione Obama sulle crisi e i conflitti nel mondo. Il materiale è stato ottenuto originariamente da WikiLeaks, un'organizzazione che si è prefissata lo scopo di rivelare documenti segreti. WikiLeaks intende pubblicare l'archivio sul proprio sito un po' per volta, a partire da oggi, Domenica 28 novembre.



Difficile prevederne gli effetti sugli affari internazionali: il mondo diplomatico trema.

Il segretario di Stato Hillary Rodham Clinton e gli ambasciatori americani nel mondo hanno contattato i funzionari esteri recentemente per avvertirli della pubblicazione. Sabato il consigliere legale del dipartimento di Stato, Harold Hongju Koh, ha scritto a un avvocato di WikiLeaks informando l'organizzazione che la distribuzione dei documenti era illegale e poteva mettere in pericolo vite, mettendo a repentaglio operazioni militari e di controterrorismo e minando la cooperazione contro la proliferazione nucleare e altre minacce.


I documenti, un quantitativo gigantesco del traffico quotidiano fra il dipartimento di Stato Usa e circa 270 ambasciate e consolati, sono un resoconto segreto delle relazioni Usa con il mondo in un'era di guerra e terrore. Tra le loro rivelazioni, il Times nei prossimi giorni pubblicherà dettagli su quanto segue:

 Una diatriba pericolosa con il Pakistan su carburanti nucleari: dal 2007, gli Stati Uniti hanno fatto uno sforzo molto segreto, senza successo, per rimuovere da un reattore per la ricerca pachistano l'uranio arricchito che i funzionari americani temono possa venire utilizzato in un apparecchio nucleare illecito. Nel maggio 2009, l'ambasciatrice Anne W. Patterson ha riportato che il Pakistan si rifiutava di fissare una visita da parte di esperti tecnici americani perchè, come ha detto un funzionario pachistano, "se i media locali fossero venuti a conoscenza della rimozione del carburante, sicuramente avrebbero dipinto gli Stati Uniti come quelli che si prendevano le armi nucleari pachistane".

 Un tentativo di districarsi da un eventuale collasso della Nord Corea: funzionari americani e sudcoreani hanno discusso la prospettiva di unificare la Corea, nel caso nel Nord i problemi economici e la transizione politica facessero implodere lo stato. I sudcoreani hanno persino considerato di rivolgersi commercialmente alla Cina, secondo l'ambasciatrice americana a Seoul, che avrebbe detto a Washington in febbraio che secondo funzionari sudcoreani gli affari giusti avrebbero "aiutato a salvare" la coesistenza della Cina con una Corea riunificata e cioè un'alleanza benigna con gli Stati Uniti.

 Una trattativa per svuotare la prigione di Guantánamo Bay: quando diplomatici americani hanno pressato altri paesi per ricollocare i prigionieri, sono diventati delle pedine riluttanti in una versione del Dipartimento di Stato di “Il Prezzo è Giusto.” Alla Slovenia è stato detto di prendere un prigioniero se voleva incontrare il Presidente Obama, mentre l'isola nazione di Kiribati ha ricevuto incentivi del valore di milioni di dollari per incamerare un gruppo di prigionieri, raccontano documenti diplomatici. Gli americani, nel frattempo, suggeriscono che accettaer più prigionieri sarebbe stato "un modo a basso costo perchè il Belgio riuscisse a ottenere rilevanza in Europa”.

 Sospetti di corruzione nel governo afghanno: qundo il vice-presidente afghano ha visitato gli Emirati Arabi Uniti l'anno scorso, le autorità locali che lavoravano con la Drug Enforcement Administration hanno scoperto che stava portando 52 milioni di dollari in contanti. Utilizzando un tono basso e stringato, un documento dall'Ambasciata americana a Kabul definisce il denaro "un quantitativo significativo" che il funzionario, Ahmed Zia Massoud, “ha potuto alla fine tenersi senza rivelare le sue origni nè la sua destinazione" (il signor Massoud nega di aver mai portato fuori soldi dall'Afghanistan).

 Un tentativo di hackeraggio informatico globale: il Politburo cinese ha diretto l'intrusione nei sistemi informatici di Google in Cina, ha dichiarato un contatto cinese all'Ambasciata americana a Pechino in gennaio, emerge da un documento. L'hackeraggio di Google è stato parte di una campagna coordinata di sabotaggio informatico portata a termine da operativi del governo, esperti di sicurezza informatica privati e hacker fuorilegge assoldati dal governo cinese. Hanno irrotto nei computer del governo americano e in quelli degli alleati occidentali, del Dalai Lama e delle aziende americane fin dal 2002, riportano i documenti pubblicati da Wikileaks.

 Segnali contradditori contro il terrorismo: donatori sauditi restano i finanziatori principali di gruppi militanti sunniti come Al Qaeda, e il Qatar (piccolo stato del Golfo Persico), ospite generoso per anni nei confronti dei militari americani, è stato "il peggiore nella regione" per quanto riguarda gli sforzi anti-terrorismo, secondo un documento del dipartimento di Stato dello scorso dicembre. I servizi di sicurezza del Qatar hanno "esitato ad agire contro noti terroristi per paura di sembrare allineati agli Usa e di provocare rappresaglie".


Un'alleanza intrigante: diplomatici americani a Roma hanno raccontato nel 2009 di quello che i loro contatti italiani hanno descritto come una relazione straordinariamente stretta tra Vladimir V. Putin, il primo ministro russo, e Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano e magnate d'affari, inclusi “regali costosissimi”, lucrativi contratti per l'energia e un poco limpido intermediario italiano che parla russo. Secondo i loro rapporti scritti, Berlusconi “appare sempre più come il portavoce di Putin" in Europa. I diplomatici hanno anche sottolineato come mentre Putin ha la supremazia su tutte le altre figure pubbliche in Russia, è minacciato da una burocrazia ingestibile che spesso ignora i suoi editti.

 Consegna di armi ai terroristi: i documenti pubblicati da Wikileaks descrivono la lotta fallimentare degli Stati Uniti per fermare la fornitura di armi da parte della Siria agli Hezbollah in Libano, che ha accumulato un enorme deposito dai tempi della guerra del 2006 contro Israele. Una settimana dopo la promessa del presidente Bashar al-Assad a un alto funzionario del dipartimento di Stato secondo cui non avrebbe spedito "nuove" armi agli Hezbollah, gli Stati Uniti si sono lamentati di aver avuto informazioni secondo cui la Siria stava fornendo armi sempre più sofisticate al gruppo terrorista.

 Scontri con l'Europa sui diritti umani: funzionari americani hanno avvertito duramente la Germania nel 2007 di non emettere mandati di cattura per i funzionari della Cia (Central Intelligence Agency) coinvolti in un'operazione contorta in cui un cittadino tedesco innocente con lo stesso nome di un sospetto terrorista è stato rapito per errore e detenuto per mesi in Afghanistan. Un diplomatico americano anziano ha dichiarato a un funzionario tedesco "che la nostra intenzione non era di minacciare la Germania, ma piuttosto di incitare il governo tedesco a valutare attentamente ogni passo per le implicazioni nelle relazioni con gli Usa".


I 251.287 documenti, acquisiti per primi da WikiLeaks, sono stati forniti al New York Times da un intermediario in cambio dell'anonimato. Molti sono non classificati e nessuno riporta la dicitura "top secret" , lo status per le comunicazioni più sicure del Dipartimento di Stato. Ma circa 11.000 sono classificati come “segreti”, 9.000 come “noforn”, abbreviazione per il materiale considerato troppo delicato per essere condiviso con i governi stranieri, e 4.000 sono classificati come sia "secret" che "noforn".

Molti altri documenti citano fonti diplomatiche confidenziali, dai legislatori stranieri e funzionari militari agli attivisti dei diritti umani e giornalisti, spesso con un'avvertenza a Washington: “per piacere proteggete” o “Da proteggere assolutamente”.

Il New York Times non ha pubblicato negli articoli e ha rimosso dai documenti che sta pubblicando online i nomi di persone che hanno parlato in privato ai diplomatici e potrebbero rischiare se venissero identificati pubblicamente. Il New York Times non ha pubblicato anche dviersi passaggi o interi documenti la cui pubblicazione potrebbe compromettere gli sforzi di intelligence americani.



L'articolo del New York Times con i dati di Wikileaks

Vieste, imprenditori scomparsi trovati i due corpi carbonizzati

Forse i fratelli sapevano troppo: tra le ipotesi più accreditate, quella di un'azione punitiva da parte della lupara bianca

VIESTE
I corpi senza vita di Giovanni e Martino Piscopo, 51 e 45 anni, i due imprenditori turistici di Vieste (Foggia) scomparsi il 18 novembre scorso, questa mattina sono stati trovati carbonizzati all'interno di un'Alfa Romeo. L'automobile era abbandonata in località Posta Telegrafo, nelle campagne di Peschici.

Scartata l'ipotesi di un allontanamento volontario, giudicato poco credibile, gli investigatori stanno indagando a 360 gradi: misteriosamente svaniti nel nulla, tra le ipotesi emerse fin dai primi giorni, anche quella di un rapimento per fini estorsivi e un'azione della criminalità organizzata.

I due fratelli sono usciti da casa intorno alle 8 del mattino per andare a raccogliere le olive in un fondo in località Montincello, ma non hanno più fatto ritorno nella loro abitazione. Le loro tracce si sono perse tra le 8.30 e le 8.50 sulla strada che collega Vieste a Peschici. A denunciarne la scomparsa ai carabinieri è stata la famiglia.

Il motocarro dei fratelli Piscopo è stato ritrovato nello stesso uliveto con i finestrini aperti e un fanalino di segnalazione in frantumi. A pochi chilometri di distanza dal fondo agricolo, sulla litoranea, i segni di una brusca frenata e tracce di plastica della freccia rotta del motocarro. Il mezzo potrebbe essere stato speronato per costringere l'autista a interrompere la marcia.

I due fratelli non hanno mai avuto problemi con la giustizia. Dalle indagini è emerso che Martino Piscopo qualche anno fa avrebbe denunciato lo sbarco imminente di immigrati clandestini sulla costa garganica che in effetti vennero rintracciati qualche giorno dopo dalla Guardia di Finanza nel tratto tra Vignanotica e Baia delle Zagare. In quella occasione vennero arrestati due scafisti, uno sloveno e un croato che tuttora sono detenuti come fanno notare gli investigatori. Non si potrebbe quindi trattare, nel caso, di una vendetta diretta.

venerdì 26 novembre 2010

Fisco, Gdf Rimini scopre evasione di quasi 300 milioni

La Guardia di finanza di Rimini ha sgominato un'organizzazione criminale accusata di aver evaso al fisco quasi 300 milioni di euro attraverso una "frode carosello", in un'indagine che conta 17 indagati e una trentina di società coinvolte. Continua a leggere questa notizia


Una nota delle Fiamme gialle precisa che i reati ipotizzati sono quelli di associazione per delinquere, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione dei redditi, occultamento e distruzione di documenti contabili.

Nell'indagine -- nell'ambito della quale sono state effettuate una cinquantina di perquisizioni in tutta Italia -- sono coinvolti anche un commercialista e un consulente fiscale indagati per favoreggiamento personale "poiché per poter garantire profitti illeciti all'organizzazione stessa, hanno sempre rappresentato - in modo del tutto falso e costruito - un quadro finanziario delle aziende coinvolte nel carosello assolutamente impeccabile, ostacolando così le indagini in corso".

Tra le oltre trenta società coinvolte, 12 sono sammarinesi e l'evasione fiscale ammonta a 296 milioni di euro.

L'organizzazione -- ideata e guidata da un calabrese -- aveva basi logistiche nel territorio riminese, a Palmi e a San Marino ed "effettuava importanti scambi commerciali prevalentemente nel settore della telefonia acquistando partite di merce da società sammarinesi da rivendere su tutto il territorio nazionale movimentando, nel contempo, enormi quantità di denaro in violazione alla normativa antiriciclaggio".

Secondo la Guardia di finanza di Rimini, analizzando le movimentazioni di decine di conti correnti bancari, è stato possibile ricostruire i vari passaggi di denaro e scoprire come dietro le aziende sanmarinesi in realtà si nascondessero soggetti implicati a vario titolo nel sistema di frode.

"Per questi motivi, le istituzioni sanmarinesi hanno immediatamente revocato le licenze commerciali di alcune società coinvolte nell'ambito degli scambi commerciali oggetto di indagine", si legge nella nota.

La frode carosello è normalmente attuata tramite società fittiziamente interposte negli scambi commerciali fra imprese italiane e sammarinesi operanti principalmente nei settori dell'elettronica, telefonia mobile, elettrodomestici, abbigliamento, calzature, cartoleria e prodotti detersivi

Carabiniere arrestato a a Genova era la "talpa" di un clan di Rosarno

Sarebbe stato la «talpa» di un clan di Rosarno ed è finito in manette per associazione per delinquere di stampo mafioso

26/11/2010 Un carabiniere del 'Battaglione Liguria' è stato arrestato a Genova dagli stessi colleghi in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare del gip su richiesta della procura di Reggio Calabria. Su di lui pende un’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Sarebbe stato la «talpa» di un clan mafioso di Rosarno. L'arresto è stato effettuato nell’ambito dell’indagine «Crimine», partita dalla procura reggina, che a maggio aveva portato in cella centinaia di affiliati della 'ndrangheta in tutta Italia. In manette è finito il maresciallo scelto Carmelo Luciano: 46 anni, originario di Palmi, residente a Genova da tempo, prestava servizio nella caserma di via Brigata Salerno, a Genova Sturla.

Reggio, tre arresti per aver favorito la latitanza di Pietro Criaco

Sono accusati di aver favorito la latitanza del presunto killer della cosca Cordì

26/11/2010 Tre persone sono state arrestate dalla polizia per aver favorito la latitanza di Pietro Criaco, presunto killer della cosca Cordì, catturato ad Africo della stessa polizia il 28 dicembre 2008.


Il provvedimento restrittivo del Gip del tribunale di Reggio Calabria, Adriana Trapani, è stato eseguito dalla Squadra Mobile della questura di Reggio Calabria e dagli agenti dei commissariati di Siderno e Bovalino a carico di Antonio Iulis, 39 anni, di Africo; di Giuseppe Romeo (34) alias «u boviciano» di Bianco; e di Valerio Farcomeni (46) di Bianco.

L’attività investigativa che ha portato all’arresto nel 2008 del latitante Pietro Criaco è stata condotta per due anni, durante i quali attraverso una serie di accertamenti, anche con l’ausilio di supporti informatici e audiovisivi, documentando così il favoreggiamento da parte di diversi soggetti. Nell’occasione della cattura di Criaco erano stati tratti in arresto Giovanni, Pietro e Salvatore Mollica i quali avrebbero, secondo gli investigatori, aiutato il latitante nei mesi precedenti la cattura.

«Dalle indagini, però, erano anche emersi i nomi di coloro che avevano svolto l’attività di favoreggiatori nella prima fase delle investigazioni, accompagnandolo in diversi covi individuati tra i comuni di Bianco e Locri, utilizzando per ogni movimento un’autovettura di staffetta che controllava il tragitto prima e durante gli spostamenti del latitante».

Gli odierni indagati, nel corso di questo cambio di location utilizzavano radio ricetrasmittenti, sia per non essere segnalati sia per comunicare l’eventuale presenza di posti di blocco della forze di polizia. La polizia evidenzia che il 14 settembre scorso, perquisendo un appartamento, in contrada Petrilli a Bianco, nella disponibilità di Giuseppe Romeo all’interno di una cabina armadio (adiacente la camera da letto di Nadia Romeo, moglie di Pietro Criaco) hanno scoperto un bunker, ricavato sotto il pavimento, al quale si accedeva proprio dall’armadio.

Il 21 ottobre successivo, nel corso di una perquisizione nell’abitazione del padre di Giuseppe Romeo, dove l’intero nucleo familiare abitava prima del trasferimento di località Petrilli, è stato scoperto un altro bunker dal quale si accedeva dalla cucina. La polizia rende altresì noto che gli arrestati, nel settembre del 2006, erano stati filmati mentre effettuavano una «bonifica» nell’azienda zootecnica di Valerio Farcomeni. Le indagini della polizia sono state coordinate dalla DDA di Reggio Calabria con il procuratore aggiunto Nicola Gratteri.

Perquisizioni all'Enav, indagati i vertici Berlusconi: suicida colpire Finmeccanica

L'indagine riguarda anche la moglie di Guarguaglini

Corruzione e frode fiscale le ipotesi di reato

ROMA (26 novembre) - Una serie di perquisizioni riguardanti l'Enav, la società pubblica che controlla il traffico aereo sui cieli italiani, e aziende legate a Finmeccanica sono in corso a Roma nell'ambito di una inchiesta condotta dal procuratore aggiunto della capitale Giancarlo Capaldo. I reati ipotizzati sono corruzione e frode fiscale. Le perquisizioni sono in corso nelle sedi dell'Enav e nelle società che hanno ricevuto appalti da parte dell'ente. L'operazione è svolta dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza.


«Sì sono preoccupato, perché Finmeccanica è un'asset straordinario ha firmato un contratto con la Russia, mi auguro queste indagini portino a nulla come sono convinto. Considero suicida che il Paese proceda contro chi costituisce con la propria capacità operativa la forza del Paese», ha affermato il premier Silvio Berlusconi rispondendo a chi gli chiede se sia preoccupato per le indagini su Finmeccanica.

Nell'ambito dell'inchiesta sono indagati il presidente dell'Enav Luigi Martini, l'amministratore delegato dell'ente Guido Pugliesi e la responsabile della Selex sistemi integrati, Marina Grossi, moglie del presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini.

I pm della procura di Roma ritengono che nell'ambito di una serie di appalti affidati dall'Enav siano state messe in atto «delle sovrafatturazioni» tese alla creazioni di fondi neri. In totale sarebbero una decina le persone indagate e in particolare i rappresentanti legali delle società Print Sistemi Srl, Arc Trade srl, Technosky, Aicom srl, Simav sistemi manutenzione avanzati spa, Renco spa e Auxilium-trade srl.

L'Enav in una nota ha comunicato che «sta fornendo la massima collaborazione all'Autorità giudiziaria per consentire la più rapida e completa raccolta della documentazione richiesta e utile alla definizione dell'indagine, peraltro in parte già spontaneamente consegnata nei giorni scorsi, confidando pienamente nell'operato della Magistratura». Enav assicura poi la piena operatività dell'azienda e dei suoi servizi.

L'inchiesta sull'Enav si intreccia anche con quella su Finmeccanica, indagine questa che verte su una presunta attività di riciclaggio che ruota attorno all'acquisizione della società Digint da parte di Gennaro Mokbel. In particolare su Enav la Procura di Roma ha aperto due fascicoli ed entrambi configurano l'ipotesi di falso in bilancio. Un fascicolo è al vaglio del pm Emanuele Di Salvo e sarebbe stato aperto dopo le dichiarazioni di un ex dipendente dell'Ente: l'attività degli inquirenti si sarebbe concentrata sull'acquisizione da parte dell'Enav del ramo di azienda Vitrociset, gruppo specializzato in sistemi elettronici e informatici civili e militari. Il secondo fascicolo è affidato al pm Paolo Ielo e configura anche l'ipotesi di violazione di norme tributarie.

I magistrati della procura di Roma indagano in particolare da tempo sulla Digint, società milanese di informatica per la sicurezza delle aziende, di cui Finmeccanica detiene il 49% e ha il controllo operativo. Società che, secondo ricostruzioni giornalistiche, sarebbe una scatola vuota finalizzata anche a costituire fondi neri. L'inchiesta riguarderebbe anche rapporti tra Selex Sistemi Integrati, società di apparati per la sicurezza controllata di Finmeccanica di cui la moglie del numero uno del gruppo di armamenti Guarguaglini è amministratore delegato, e l'Enav. Tirata in ballo, l'Enav ha ribadito anche ieri «la piena legittimità e correttezza del proprio operato». A fornire dettagli ai magistrati con dossier di ricostruzioni e con interrogatori è l'ex consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola, in carcere dal luglio scorso.

Ieri Guarguaglini è stato ricevuto a Palazzo Chigi. A quanto si apprende, avrebbe incontrato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Si tratta - si apprende dall'azienda - di uno dei consueti incontri. Finmeccanica è detenuta infatti per il 30,2% dal Tesoro.

«Destituite di ogni fondamento». Con un laconico comunicato Finmeccanica ieri aveva poi spazzato via le «indiscrezioni di stampa in merito a possibili dimissioni» di Guarguaglini, il cui mandato scade in aprile. L'inchiesta giudiziaria su presunti fondi neri che stanno coinvolgendo la holding sta infatti da giorni alimentando voci su un abbandono anticipato. Il top manager non è indagato e ha più volte ribadito, da sette mesi, che «non c'è nessun fondo nero e nessuna società a questo scopo» e di «essere sereno».

Abuso d'ufficio e favori al boss: sospeso il comandante dei vigili di Castelvolturno

CASERTA (26 novembre) - Il comandante deI vigili urbani di Castelvolturno. Vincenzo Cassandra, di 51 anni, è stato sospeso per due mesi dall'incarico. Pochi giorni fa l'indagine che aveva coinvolto il sindaco e l'ex primo cittadino.


L'ordinanza di sospensione, emessa dal Tribunale di Napoli su richiesta della Dda di Napoli, con i pm Conzo, Sirignano, Falcone e Milita, è stata notificata a Cassandra questa mattina dalla Squadra Mobile di Caserta.

L'ufficiale è accusato di abuso d'ufficio, omissione di atti d'ufficio e favoreggiamento personale, reati aggravati dall'avere agito al fine di agevolare la fazione dei casalesi ritenuta guidata da Francesco Bidognetti, detto «Cicciotte e mezzanotte».

Dalle indagini della Squadra Mobile di Caserta sulle infiltrazioni camorristiche nell'amministrazione comunale di Castelvolturno, che nei giorni scorsi hanno già portato all'arresto di esponenti del clan dei casalesi ed alla denuncia per concorso esterno di numerosi amministratori e funzionari, è emerso che Cassandra ed altri appartenenti al Corpo della Polizia Municipale del comune del litorale casertano, avrebbero omesso di denunciare il proprietario di un albergo, consentendo la prosecuzione dell'attività nonostante gli fossero state sospese le licenze per gravi violazioni della normativa antincendi.

In un'altra circostanza, lo stesso comandante dei Vigili urbani di Castel Volturno ed altri appartenenti alla polizia municipale, intervenuti per un incidente stradale in cui era coinvolto un latitante del clan dei casalesi che tentava di sfuggire ad un posto di controllo, secondo l'accusa, avrebbero omesso di procedere ai rilievi per consentirgli la fuga. Nell'ambito delle stesse indagini risultano indagate 16 persone, tra amministratori, funzionari e dipendenti comunali.

Perquisizioni carabinieri,Gdf in sede Enav,altre società

Carabinieri e Guardia di Finanza stanno eseguendo perquisizioni nella sede dell'Enav e in altre società. Lo ha detto una fonte giudiziaria. Continua a leggere questa notizia

L'operazione è stata disposta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e riguarda un'indagine su corruzione e frode fiscale, aggiunge la fonte.

Capaldo è anche il titolare dell'inchiesta -- un filone di indagine del procedimento originario che ha coinvolto gli ex vertici di Fastweb e Telecom Italia Sparkle -- su una presunta operazione di riciclaggio che ha riguardato l'ex consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola e l'imprenditore Gennaro Mokbel. Quest'ultimo è accusato di avere investito 8 milioni di euro, di provenienza illecita, per acquistare una quota di Digint, società di cui è socia Finmeccanica.

Nelle ultime settimane i mezzi di informazione hanno dato conto dell'evoluzione dell'inchiesta verso l'accertamento di presunti fondi neri di Finmeccanica, ipotesi smentita dalla società.

Wikileaks, il sito specializzato nella diffusione di documenti ufficiali riservati

Imminente nuova fuga di documenti Saranno diffuse 2,7 milioni di e-mail
 
ROMA - Wikileaks, il sito specializzato nella diffusione di documenti ufficiali riservati, si appresta a mettere in rete 2,7 milioni di e-mail che il Dipartimento di stato americano ha scambiato con varie rappresentanze diplomatiche nel mondo, secondo l'emittente 'all news' britannica SkyNews. Come già anticipato da altri media, le mail conterrebbero tra l'altro imbarazzanti commenti su diplomatici e leader mondiali tra cui figurerebbero, tra gli altri, il presidente afghano Hamid Karzai, il premier russo Vladimir Putin e il presidente del Pakistan Asif Ali Zardari. Non è dato a sapere quando i documenti verranno messo online ma potrebbe essere nella giornata di oggi, secondo vari media.


USA CONTATTANO E INFORMANO ALLEATI - Gli Stati Uniti hanno contattato alcuni dei loro alleati - Gran Bretagna, Australia, Canada, Danimarca e Norvegia - per fornire loro informazioni in vista dell'imminente pubblicazione da parte del sito Wikileaks di documenti riservati del Dipartimento di Stato. Lo ha riferito lo stesso Wikileaks via twitter, citando fonti di stampa dei vari Paesi. I nuovi documenti che saranno pubblicati, circa 2,7 milioni di comunicazioni fra il Dipartimento di Stato e varie rappresentanze diplomatiche Usa nel mondo, includono rapporti con accuse di corruzione nei confronti di politici e governanti in Russia, Afghanistan e altre repubbliche dell'Asia centrale.

DA TURCHIA AIUTO AD AL QAIDA IN IRAQ - Dai documenti confidenziali che il sito Wikileaks si appresta a rendere pubblici emerge fra l'altro che la Turchia ha aiutato Al Qaida in Iraq, mentre gli Stati Uniti aiutarono i ribelli turchi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), che è sulla lista americana delle organizzazioni terroristiche. Lo riferiscono il Washington Posto, il Jerusalem Post e altri media on line, citando il quotidiano arabo Al Hayyat, pubblicato a Londra. Un rapporto militare Usa accusa la Turchia, secondo Al Hayyat che afferma di esserne stato informato da Wikileaks, di non aver tenuto sotto controllo i propri confini, perché cittadini iracheni residenti in territorio turco hanno fatto arrivare ai terroristi della rete di Osama bin Laden armi da fuoco, munizioni e materiali per fabbricare bombe. Altri documenti mostrano il sostegno fornito da Washington ai separatisti curdi del Pkk, inserito dal 1979 nella lista americana delle organizzazioni terroristiche. Nei documenti militari Usa i militanti del Pkk sono chiamati "guerrieri per la libertà e cittadini turchi" e i file mostrano che le forze Usa in Iraq hanno dato armi al Pkk e ignorato le operazioni del gruppo all'interno della Turchia.

IMMINENTE NUOVA FUGA DI DOCUMENTI


di Luciano Clerico


NEW YORK - Le ambasciate di mezzo mondo tremano. Sono in allarme per la possibile imminente diffusione da parte di Wikileaks di decine di migliaia di documenti diplomatici riservati scambiati negli anni con la diplomazia americana. Una mole di informazioni che - stando a quanto annunciato dallo stesso sito che diffonde documenti ufficiali riservati - sarebbe "sette volte superiore" a quella diffusa in ottobre sulla guerra in Iraq. E che secondo indiscrezioni potrebbe riguardare anche l'Italia. A confermare come imminente la pubblicazione dei documenti è stato il Dipartimento di Stato americano, che ha già allertato la sua rete consolare e diplomatica affinché avverta a sua volta le diplomazie e i governi con cui è in contatto nel mondo. Perché questa volta la fuga di notizie potrebbe creare qualcosa di più dell'imbarazzo, potrebbe creare "tensioni". Era stato lo stesso Wikileaks ad annunciare domenica scorsa con un messaggio su Twitter, di essere pronto alle nuove rivelazioni. Non aveva precisato la natura dei documenti, si era limitato a dire che la nuova fuga di documenti sarebbe stata di proporzioni sette volte superiori a quella dei 400mila file sull'Iraq pubblicati in ottobre. Ora è il Dipartimento di Stato Usa a precisarne la natura: il materiale dovrebbe riguardare telegrammi e dossier che la diplomazia americana ha scambiato nel mondo che i corpi diplomatici di altri Paesi.

Secondo la CNN, i nuovi documenti riguarderebbero un periodo compreso tra il 2006 e il 2009. Una mole immensa di messaggi, telegrammi e informazioni che le diplomazie del mondo si sono scambiate con i colleghi americani, e che possono riguardare i temi più svariati. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Philip Crowley, conversando con alcuni giornalisti ha ammesso che la loro diffusione è considerata imminente, e che potrebbe "creare tensioni" nelle relazioni diplomatiche. "Ci prepariamo allo scenario peggiore" ha detto. "Non sappiamo cosa sarà pubblicato, ma sappiamo fin dall'inizio che Wikileaks è in possesso di files del Dipartimento di Stato". Per questo dal ministero degli Esteri Usa sono già partite note interne per invitare il corpo diplomatico americano ad analizzare i telegrammi e i documenti relativi al periodo in questione. In caso di informazioni potenzialmente imbarazzanti, i diplomatici Usa del mondo devono mettersi in contatto con i governi locali, nel tentativo di arginare una fuga di notizia che, in teoria, può avere un impatto clamoroso. Secondo indiscrezioni di media americani e inglesi, starebbero per diventare pubbliche informazioni riservate riguardanti casi di corruzione, o relative a valutazioni diplomatiche su governi e politici. I Paesi coinvolti sarebbero a decine, dalla Russia all' Afghanistan, dalla Turchia ad Israele. Coinvolta anche l'Europa. Non è da escludere, dunque, che parte del materiale possa riguardare anche l'Italia. Il Pentagono ha definito la fuga come "un tentativo irresponsabile di destabilizzare la sicurezza globale".

Lamezia, pregiudicato di 29 anni ferito in un agguato

La persona ferita è un componente della famiglia Gualtieri, clan affiliato a quello dei Torcasio

26/11/2010 Nicola Gualtieri, di 29 anni, pregiudicato (nel riquadro), è stato ferito in un agguato compiuto ieri sera in una zona del centro di Lamezia Terme. Gualtieri, ritenuto dagli investigatori un elemento della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, nel momento dell’agguato era a piedi per strada quando è stato avvicinato da una persona che gli ha sparato alcuni colpi d’arma da fuoco che lo hanno raggiunto al torace ed alla gamba. Il ferito è stato ricoverato nell’ospedale di Lamezia Terme e, secondo i sanitari, le sue condizioni non destano preoccupazione. Sul luogo dell’agguato sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Lamezia Terme, che hanno avviato

giovedì 25 novembre 2010

Il Comune di Agrigento trema. Il presidente del consiglio comunale Callari e due funzionari denunciati per truffa e peculato

Cominciano a sortire i primi effetti le inchieste che la procura di Agrigento sta conducendo da qualche mese all'interno del Comune. Il presidente del Consiglio Comunale di Agrigento, Carmelo Callari, è stato raggiunto da un provvedimento cautelare emesso dal Gip di Agrigento Luca D'Addario che lo ha accusato di peculato, falso e truffa.

Callari inoltre è stato sottoposto all’obbligo di dimora ad Agrigento, la procura aveva invece chiesto gli arresti domiciliari. Nell'inchiesta coordinata dal PM Manuela Francorsi e dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, sarebbe anche indagato il dirigente Domenico Sinaguglia ed un altro impiegato comunale.

Il consigliere comunale del Pdl, che risulta essere un impiegato del Corpo dei Vigili de Fuoco, avrebbe fatto apparire quali missioni istituzionali viaggi (che venivano rimborsati), ma che in realtà erano realizzati esclusivamente per fini propri e privati con il beneplacito dei due funzionari.

Nei prossimi giorni dovremo attendere altri arresti dopo il sequestro dei faldoni di incartamenti di qualche giorno fa negli uffici comunali?

Dopo le denunce a Callari e ai due funzionari comunali l'inchiesta della magistratura si allarga anche su presunte irregolarità perpetrate dall’Ufficio Urbanistico. La Procura della Repubblica ha dato il mandato nella serata di ieri, di perquisire i locali di un noto studio tecnico guidato dal conosciutissimo architetto P.V. che ha sede al Villaggio Mosè. Le forze dell'ordine hanno sequestrato del materiale (cartaceo e supporti informatici) ritenuti utili per il proseguimento delle indagini.

L'architetto ha progettato alcune opere ad Agrigento. L’inchiesta punta l’attenzione soprattutto su decine e decine di concessioni edilizie. Perquisita anche l'abitazione del capo dell’ufficio urbanistica del Comune, poi interrogato alla presenza del suo legale.

Si attendono ulteriori sviluppi nei prossimi giorni.

"Via i segreti di Stato"

ROMA - Un appello rivolto al presidente della Repubblica affinché, dopo il processo per Brescia che ha visto assolti gli imputati, la Stato si impegni effettivamente a far cadere ogni tipo di segreto, formale, informale e/o indiretto sui documenti riguardanti le stragi.


L'appello, sottoscritto da magistrati, presidenti delle associazioni vittime delle stragi, parlamentari, storici, giornalisti e scrittori, oltre al segretario della Cgil, Camusso, è rivolto anche al presidente del Copasir, Massimo D'Alema affinché la legge che stabilisce il limite massimo del segreto in 30 anni sia affettiva e non venga aggirata, di fatto, con una ulteriore reiterazione del "buio" per altri 30.

L'appello, sottoscritto anche da Roberto Saviano, afferma: "Un'intera stagione, quella dello stragismo che ha macchiato di sangue l'Italia, rischia di essere archiviata a seguito della recente sentenza sulla strage di piazza della Loggia, Brescia, che ha assolto per insufficienza di prove tutti gli imputati. Un'assoluzione sulla quale ha pesato non il ricorso a segreti di Stato, bensì silenzi e reticenze di comodo, anche da parte di uomini appartenenti alle istituzioni".

Due le principali proposte dell'appello: "chiediamo che vengano fatte decadere tutte le classificazioni di segretezza su tutti i documenti relativi all'evento - compreso i nominativi ivi contenuti - in possesso in particolare dei servizi segreti, della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, che i documenti vengano catalogati e resi pubblici senza distinguere tra documenti d'archivio e d'archivio corrente; chiediamo che in tal senso sia data piena attuazione alla legge del 3 agosto 2007, n° 124 che regola il segreto di Stato la quale prescrive che, passati al massimo trent'anni dalla data in cui è stato apposto il segreto sull'evento e sui relativi documenti o dalla data in cui sia stato opposto al magistrato che indagava, tutti i documenti che si riferiscono all'evento siano resi pubblici e consultabili".

"Non è più accettabile - prosegue l'appello - che a tutt'oggi manchino gli specifici decreti attuativi. In tal senso il Freedom of Information Act statunitense ci pare un modello a cui è possibile ispirarsi". Gli oltre 60 sottoscrittori chiedono alle istituzioni di "attivarsi il più decisamente possibile gli Stati che sono oggetto di richieste di rogatorie internazionali collaborino fattivamente e rapidamente".

"Auspichiamo una volontà politica reale volta all'accertamento di tutti i fatti criminali che hanno sconvolto l'Italia". L'appello, promosso da Paolo Brogi, raccoglie le firme di decine di storici (tra gli altri De Lutiis, Portelli, Franzinelli, Foa, Flamini, Tranfaglia), di giornalisti (Parlato, Gabanelli, De Gregorio), di molti presidenti di Associazioni di vittime di stragi (Arnoldi, Bazoli, Bonfietti, Celardo, Maggiani Chelli, Milani), di magistrati (tra gli altri Lupacchini, Imposimato, Priore, Salvini), parlamentari (Calipari, D'Antona, Rossa) e di diversi scrittori oltre a Saviano (Boatti, Lucarelli, Tobagi, ecc...).



A sostegno dell'iniziativa anche la "Rete archivi per non dimenticare".

Mafia e droga, otto condanne a Caltanissetta

Sentenza d’appello per imputati: avrebbero gestito, circa 20 anni fa, un vasto traffico di stupefacenti. Il processo è durato 14 anni



CALTANISSETTA. La corte d'appello di Caltanissetta ha condannato otto affiliati a Cosa nostra di Gela, imputati nel processo "Mucca drogata" e che avrebbero gestito, circa 20 anni fa, un vasto traffico di droga. Il processo - scaturito dalle maxi operazioni condotte dalla magistratura all'indomani della guerra di mafia a Gela e nel suo hinterland - è durato 14 anni: sull'attribuzione della competenza tra il tribunale di Gela e quello di Caltanissetta si rese necessaria la pronunzia della Cassazione. Il processo di primo grado davanti ai giudici nisseni giunse a sentenza nell'ottobre del 2008.

La corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado a 13 anni e 4 mesi ciascuno per Giovanni Passaro, Luigi La Cognata, Vincenzo Minardi, Ettore Daniele Pace e Salvatore Terlati. Per altri tre imputati invece ha riconosciuto la continuazione con precedenti sentenze di condanna che si erano visti infliggere per fatti analoghi dalle corti d'appello di Milano e Torino: si tratta di Rocco Mendolia e Antonio Passaro, per i quali la corte ha rideterminato la pena finale a 14 anni e 10 mesi; 17 anni e 10 mesi sono stati inflitti a Rocco Passaro.

Amantea, condanne dimezzate al processo Nepetia

Per i giudici di Catanzaro insussistente l’associazione finalizzata al narcotraffico. Sentenze della Corte d’Appello per gli abbreviati

25/11/2010 Dimezzate le condanne della Corte d’Assise di Appello nel processo Nepetia, a carico dei 20 imputati che erano stati giudicati con il rito abbreviato il 19 maggio del 2009. I giudici catanzaresi si sono pronunciati con 11 condanne e 9 assoluzioni. Le accuse erano di associazione a delinquere di stampo mafioso e di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nonché di singoli reati contro il patrimonio. Delitti contestati prettamente ad affiliati della cosca Gentile – Besaldo, che opera ad Amantea e nel comprensorio del basso Tirreno cosentino, nonché ad esponenti malavitosi della zona e provenienti anche da Napoli, Sapri e Reggio Calabria. Per la riduzione delle condanne è stata determinante la riconosciuta insussistenza del reato associativo per quanto concerne il narcotraffico, chiesta dalle difese ed accolta dalla procura generale, che per tale capo d’imputazione aveva così richiesto l’assoluzione per gli imputati interessati. Tra le condanne dimezzate più eclatanti quella del boss di Amantea, Tommaso Gentile (in foto), che dovrà scontare 10 anni e 8 mesi di reclusione a fronte dei 20 anni inflittigli in primo grado dal Gup, nonché la sentenza di assoluzione per il boss di Cetraro Francesco Muto, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.


Questo il quadro delle rimanenti sentenze: Guido Africano di Amantea, 6 anni e 6 mesi (15 anni); Massimo Africano di Amantea, 7 anni e 8 mesi (15 anni); Giacomino Guido di Amantea, 6 anni e 6 mesi (15 anni); Pasqualino Besaldo di Amantea, 9 anni (18 anni); Luca Azzinnaro di Amantea, 4 anni (9 anni e 8 mesi); Alessandro Marigliano di Amantea, 6 anni e 10 mesi (10 anni); Pier Mannarino di Amantea, 4 anni (10 anni e 10 mesi); Amedeo Mandarino di Amantea, 2 anni e 2 mesi (2 anni); Francesco Muto di Cetraro, assolto (4 anni); Gennaro di Mauro di Napoli, assolto (1 anno e 4 mesi); Salvatore Di Mauro di Napoli, assolto (1 anno e 4 mesi); Domenico De Luca di Amantea, assolto (1 anno); Carlo Samà di Amantea, 3 anni (3 anni); Saverio Cambareri di Reggio Calabria, assolto (2 anni); Domenico Santoro di Reggio Calabria, assolto (2 anni); Pietro Giannetti di Sapri, 1 anno (1 anno). Sono stati inoltre assolti i tre imputati già in primo grado con sentenza di assoluzione, per cui era stata la procura a presentare ricorso alla Corte d’Assise d’Appello: Giancarlo Gravina di Paola, Giovanni Bonadio di Reggio Calabria, Fabrizio Rametta di Amantea.