mercoledì 17 novembre 2010

La droga nelle mani dei clan balcanici rompe il monopolio della 'Ndrangheta

In manette oltre cento persone. Grasso: "Scoperto nuovo filone,
strutturati come un esercito e più aggressivi dei concorrenti"

MILANO
Non esiste più l’esclusività della ’Ndrangheta sui grandi traffici di cocaina che dal Sud America arrivano nel Nord Italia e poi si ramificano in tutto il Paese. L’ultima operazione della Polizia di Stato, infatti, ha fatto emergere una nuova realtà criminale, proveniente dall’ Est, che si è «affiancata» al dominio delle cosche.

Secondo quanto emerso, la "piazza" di Milano, tradizionale snodo del traffico e dello smercio di stupefacenti in Lombardia e in tutto il Paese, non è più una «esclusività della ’Ndrangheta» ma all’organizzazione di stampo mafioso si è affiancata, in una sorta di libero mercato che riesce ad assorbire senza problemi anche nuovi soggetti, un’organizzazione internazionale balcanica «la cui forza era la concorrenzialità dei prezzi e della logistica» cioè la capacità di portare in Italia imponenti quantitativi di cocaina a costi contenuti e assumendosi l’onere dei trasporti.

La variazione del panorama criminale è stata illustrata oggi, a Milano, nell’ambito di una conferenza stampa sulle operazioni Short message e Loptice, in cui sono state sgominate due reti di narcotrafficanti, e alla quale hanno partecipato, oltre agli investigatori della Squadra Mobile di Milano, il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il Procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, il Procuratore speciale serbo, Miljco Radisavljevic, i due pm dell’inchiesta, Mario Venditti e Claudio Gittardi (il gip è Nicola Clivio), i rappresentanti della Dcsa (Direzione centrale per i servizi antidroga), dello Sco (Servizio centrale operativo) e dell’Interpol. L’operazione ha visto l’emissione di 105 ordinanze di custodia cautelare, di cui al momento ne sono state eseguite 79, 22 dei quali all’estero, in ben cinque paesi: Serbia, Slovenia, Montenegro, Ungheria e Svizzera.

Rimane latitante l’uomo considerato il cervello dell’organizzazione, Darko Saric, ricercato da anni in tutto il mondo, mentre in Montenegro è stato arrestato suo fratello Dusko. Il Questore di Milano, Alessandro Marangoni, ha sottolineato il coordinamento internazionale tra le varie forze di polizia e tra queste e ben quattro autorità giudiziarie: serba, slovena, bulgara e italiana, oltre alle collaborazioni con la Dea Usa e con i magistrati argentini e uruguaiani. Nel corso delle indagini, iniziate nel 2007 da un mancato attentato a due membri dell’organizzazione in Svizzera, e fino al gennaio del 2009, sono stati sequestrati, in Italia, circa 700 chili di cocaina. Ma complessivamente, nella rete delle polizie, che hanno incrociato varie inchieste, sono finite oltre tre tonnellate e mezzo di polvere bianca.

La droga, importata dai serbo-montenegrini, organizzati in una struttura quasi di stampo militare, arrivava via nave nei porti del Nord e veniva stoccata ad Arenzano e Marina di Pisa prima di giungere a Milano ed essere venduta ai trafficanti locali, legati ai tradizionali clan ’ndranghetistici come i Barbaro-Papalia o le cosche di Limbadi. Gente che poteva comprare 250 chili di cocaina al mese (altrimenti non veniva nemmeno presa in considerazione) dalla banda, che a Milano aveva una ’cellulà di sette uomini che nascondeva la droga in appartamenti e garage affittati da connazionali prestanome, come nel caso di un appartamento di via Washington dove, il 26 febbraio del 2008 la Mobile ha sequestrato 90 chili di cocaina. Il capoluogo lombardo, quindi, ancora una volta, si conferma uno dei principali crocevia della droga e al contempo una piazza ad altissimo assorbimento di stupefacenti. Una città dove «ce n'è per tutti - commenta un agente - e non ci si fa la guerra perchè, in definitiva, business is business».

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