venerdì 7 gennaio 2011

IL BOMBITO EMPIO DI SPATUZZA

IL BOMBITO EMPIO DI SPATUZZA

Spatuzza avrebbe smesso di fare il mafioso nel 2000 dissociandosi da Cosa nostra,
dopo la condanna definitiva di don Pino Puglisi, e solo nel 2008 incominciò a collaborare con la giustizia. Nel frattempo alcuni mafiosi l'avrebbero cercato per conoscere altri mafiosi, secondo quello che ha detto Mariano Agate, capomafia di Mazara del Vallo.

Le confessioni così come il pentimento pare interciso da troppe ambiguità, cose poco chiare che fanno subodorare l'inganno. Tendenzialmente la regia sopraffina, la mente organizzatrice, criminale nonché decisionale lascia la fama agli altri, perciò il signor
Spatuzza non ci ha ancora detto chi è il suggeritore discreto e nascosto di ogni impresa da lui compiuta assieme al suo gruppo di fuoco.

Ma occorre salvare le apparenze e Spatuzza rimane il mafioso di carta di Cosa nostra,
l'inventore di un pezzo di storia italiana. La verità di tutta la tonnina fatta nemmeno
lui la conosce ma solo quattro persone la possiedono, rispettivamente Riina, Matteo
Messina Denaro e i fratelli Graviano, quest'ultimi di fatto non hanno mai collaborato,
mai parlato. E Sinacori? Dove lo mettiamo?, era legatissimo a Matteo Messina
Denaro, dunque sa perché sa non perché crede di sapere a differenza di Spatuzza.

Quando la falsità sembra essere estremamente evidente, la possibilità più probabile
subito dopo questa è che non ci sia nulla di falso; disinformare, inventare, raccontare
fandonie è indispensabile all'equilibrio della coscienza umana e allo sviluppo
dell'uomo nella società.

Nel processo del 4 dicembre 2010 si mette in luce l'omicidio di Giuseppe Di Matteo,
progettato per l'appunto da Giuseppe Graviano (colui che si occupava delle attività
violente, mentre il fratello gestiva l'aspetto economico) ma organizzato da Spatuzza edal boss Cristoforo Cannella, i quali lo rapirono e lo consegnarono ai mafiosi solo per
indurre il padre, un pentito, a ritrattare le sue accuse. Per questo si muore, per essere
innocente, per essere il figlio di un mafioso pentito e pentirsi costa caro, qualcuno
deve sempre pagare i debiti, non importa chi, ciò che conta è pagare il conto e per
questo la Sicilia ha quasi sempre anticipato l'Italia, altri hanno osservato e per
imitazione hanno imparato.

Così dopo averlo legato come un cane, lasciato nel cassone di un Fiorino e dopo tre
anni strangolato e sciolto nell'acido, Spatuzza dichiara serafico al processo: "chiedo
perdono alla famiglia del piccolo Giuseppe Di Matteo poiché sono moralmente
responsabile dell'omicidio, anche se non l'ho ucciso io". Ma come? Va bene che Padre
Pietro ti ha generosamente iscritto al corso di teologia, ma la Chiesa è una finzione
così come sono finte le tue lacrime e le tue accuse, dovresti ammuffire nel
confessionale; detto in poche parole, la merda è sempre la stessa, cambiano solo gli
stronzi.

A pensarci bene effettivamente Cosa nostra era per natura democristiana, il reggente
di ieri era zio Giulio (Andreotti s'intende) e i contatti con la Chiesa nonché lo stato
del Vaticano cioè lo Ior di de Bonis non mancavano di certo. Bene o male il Vaticano
era e resta l'unico canale politico attraverso il quale tutti gli altri stati possono
intavolare trattative di ogni genere e tipo, coprire e scoprire. Poi il nuovo accordo
politico che ci sarebbe stato (il condizionale è d'obbligo) tra Silvio Berlusconi e
Dell'Utri con il boss di Brancaccio; deduzioni di Spatuzza percepite dai rapporti che
intercorrevano fra Mangano e Dell'Utri. Dunque solo deduzioni, inferenze non
certezze dove in sospeso resta una penosa contabilità: i morti assassinati
.
Spatuzza abbia la compiacenza di spiegarsi chiaramente, una volta tanto! Ha invece
l'abilità di dire e non dire, la prende molto alla larga; un impasto di pagliacceria e di
ferocia, ricco di trovate paradossali. Come le due fedi, quella mafiosa che ti ha fornito
regolarmente di uno stipendio in terra e quella cattolica (scoperta da poco, per
necessità) che ti fornirebbero i primi posti all'aldilà, possano convivere senza attrito
nella stessa anima è uno di quei misteri gaudiosi che attendono ancora di essere
spiegati.

Monica Vaccari

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