sabato 18 giugno 2011

Reggio, indagato Cisterna. Il pentito Lo Giudice: «Vacanze e viaggi per il magistrato»

Nino Lo Giudice parla delle regalie del fratello al vice del procuratore Grasso. Gli investigatori avrebbero trovato riscontri su voli all’estero

I biglietti aerei da parte di Luciano Lo Giudice a favore dell’attuale numero due della Direzione distrettuale antimafia, Alberto Cisterna, effettivamente risultano. Cisterna è dunque indagato dalla Procura di Reggio Calabria per corruzione in atti giudiziari in merito alla vicenda della presunta scarcerazione di Maurizio Lo Giudice, fratello del boss pentito, dietro un corrispettivo in danaro. Un atto dovuto di cui è stato informato nei giorni scorsi il Consiglio superiore della magistratura e il procuratore generale della Cassazione per procedere agli accertamenti del caso.


Non sarebbe solo una storia quella raccontata dal collaboratore di giustizia dei soldi regalati per la scarcerazione di Maurizio Lo Giudice, fratello del boss pentito. Dopo le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice, il collaboratore di giustizia che si è autoaccusato dell’escalation di attentati dinamitardi ai danni della procura generale e dei magistrati di Reggio Calabria, gli investigatori avrebbero trovato riscontri nella documentazione acquisita e oggetto di una dettagliata relazione. Luciano Lo Giudice, l’uomo che i magistrati descrivono come la mente imprenditoriale del sodalizio malavitoso del quartiere Santa Caterina e che il pentito Carlo Mesiano etichettò come “’Ndrangheta spa”, elargiva regalie a volontà e aveva stretti rapporti con le istituzioni. E Cisterna sarebbe stato oggetto di attenzione da parte di Luciano. Quest’ultimo dal carcere di Tolmezzo aveva inviato telegrammi al magistrato dalla Dna per chiedere aiuto ma anche per accusare altri togati e forze dell’ordine. Cisterna si è preoccupato delle condizioni di salute del fratello di Luciano, Maurizio, e del figlio di Lo Giudice.

«Chissà Antonino Lo Giudice quali ricordi sovrapposti, confusi o indotti ha sull'argomento - affermò il magistrato - Luciano Lo Giudice mi disse di questo ragazzo gravemente malato ed essendo un collaboratore sotto protezione segnalai la cosa ai magistrati che se ne occupavano e quel ragazzo, che arrivò a pesare 45 chili, venne salvato grazie all’intervento del collega Macrì». Tutte accuse che con fermezza Cisterna aveva respinto e aveva annunciato querela nei confronti del “Nano”. Oggi, però, spunta l’ennesima grana.

Viaggi e vacanze “donati” da Luciano, che sarebbero stati accertati nel quadro investigativo da una serie di voli, in particolare verso l’estero, da parte di Cisterna. Si tratterebbe di viaggi di piacere verso mete ambite per le vacanze. E in alcune circostanze con lui c’era anche Luciano Lo Giudice. A rivelarlo è stato il boss pentito nel corso di un interrogatorio. Altre dichiarazioni, che al momento non sembrano avere rilievo penale sono sottoposte ad una attenta verifica da parte dei detective e riguardano anche i soldi per scarcerare il fratello Maurizio; per la sua scarcerazione, Luciano avrebbe dunque pagato il pubblico ministero antimafia: «Una grossa somma», dice, ma senza specificare l’entità, perché Luciano non lo fece con lui. Nino riferisce che Luciano era un tipo «espansivo», nel senso che faceva molti regali e li spediva a casa delle persone, ma quella volta gli parlò di soldi. Anzi, «mi fece intendere» come precisa il pentito. E si tratterebbe, per Lo Giudice, di una cospicua somma di danaro.

«Per quanto riguarda la scarcerazione di Maurizio che si trovava in un carcere per collaboratori di giustizia a Paliano - ha detto Nino Lo Giudice - perchè era andato definitivo, mi sembra Luciano ne parlò con Alberto Cisterna. Che poi, dopo che ha avuto buon esito, Luciano mi disse che gli aveva fatto un regalo e mi fece intendere soldi, molti soldi». Una accusa vaga che ha comunque portato il magistrato antimafia ad essere iscritto nel registro degli indagati.

Intanto Cisterna è stato sentito ieri, a Roma, dai magistrati della Procura di Reggio Calabria. L’interrogatorio, durato circa due ore, si è svolto nell’ufficio del magistrato alla Dna, in via Giulia. A sentirlo, il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e il pm della Dda reggina Beatrice Ronchi.

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