domenica 25 settembre 2011

Inchiesta G8, 18 rinvii a giudizio

La decisione del Gup di Perugia sulla cosiddetta 'cricca'. Ci sarebbe stato uno scambio di favori e corruzioni tra imprenditori e pubblici ufficiali per l'assegnazione degli commesse per i Grandi Eventi

ROMA - Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Perugia Claudia Matteini ha rinviato a giudizio 18 dei 19 imputati dell'inchiesta G8 relativa ad appalti e corruzione. Tra le persone che saranno processato il 23 aprile del prossimo anno vi sono l'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, l'ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici Angelo Balducci e l'imprenditore Diego Anemone.


Secondo l'accusa ci sarebbe stato uno scambio di favori e corruzioni tra imprenditori e pubblici ufficiali per l'assegnazione degli appalti per i Grandi Eventi. Fra i reati contestati, a vario titolo, l'associazione per delinquere e la corruzione. L'unico degli indagati ad essere stato prosciolto è stato Francesco Alberto Covello. Nessuno degli indagati era presente in aula al momento della lettura del dispositivo.

I nomi. Il 23 aprile del 2012 si aprirà il processo per Diego Anemone (imprenditore), Angelo Balducci (ex presidente del consiglio superiore dei Lavori Pubblici), Mauro Della Giovampaola (funzionario pubblico incaricato della gestione dei Grandi Eventi), Fabio De Santis (ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana), Simone Rossetti (collaboratore di Anemone), Guido Bertolaso (ex capo della Protezione Civile), Emmanuel Giuseppe Messina e Edgardo Azzopardi (accusati di aver rivelato, con l'ex magistrato Achille Toro, notizie riservate sulle indagini), Daniele Anemone (collaboratore dell'imprenditore Diego), Stefano Gazzani (collaboratore di Diego Anemone), Claudio Rinaldi (funzionario pubblico incaricato della gestione dei Grandi Eventi), Pierfrancesco Murino (imprenditore), Enzo Maria Gruttadauria (imprenditore), Regina de Fatima Profeta (accusata di aver reclutato donne per serate a sfondo sessuale), Marco Piunti (sottoufficiale guardia di Finanza), Maria Pia Forleo (funzionario pubblico incaricato della gestione dei Grandi Eventi), Alida Lucci (collaboratrice di Anemone) e infine Bruno Ciolfi (imprenditore).

Il gup: "Sufficienti elementi di reità". Nel dispositivo di rinvio a giudizio, il gup di Perugia Claudia Matteini scrive: l"Lo scopo dell'udienza preliminare è quello di evitare dibattimenti inutili e non quello di accertare la colpevolezza o l'innocenza dell' imputato. Nel caso di specie emergono sicuramente sufficienti elementi di reità a carico degli imputati in ordine ai reati di cui in rubrica".

Bertolaso: "Giustizia negata". "Dovrò attendere anni per avere quella giustizia che oggi mi è stata negata". Queste le parole di Guido Bertolaso dopo il rinvio a giudizio. L'ex capo della Protezione Civile ha ricordato che la

prima udienza del processo "sarà a fine aprile del 2012, cioè fra sette mesi" e alle "prove documentali fornite anche nei giorni scorsi a Perugia". "Noto al contrario - ha sostenuto ancora Bertolaso, "che il processo in corso a L'Aquila per la Commissione grandi rischi si sta svolgendo con sorprendente velocità, tanto che sono state fissate udienze con cadenza settimanale. Sembra quasi che la velocità dei due processi sia legata alla diversa capacità e soprattutto volontà di dimostrare accuse che comunque sono assolutamente tutte da provare. E che nel mio caso non hanno assolutamente ragione d'essere".

Le tappe dell'indagine. Una "cricca di banditi" che operava in un sistema "gelatinoso". Scrisse così, riferendo i termini adoperati dagli stessi indagati nelle telefonate intercettate, il gip di Firenze Rosario Lupo, nell'ordinanza di custodia cautelare firmata il 10 febbraio 2010 che fece deflagrare il caso dell'inchiesta sugli appalti del G8 e i 'Grandi eventi'. E che portò in carcere il costruttore Diego Anemone e i funzionari pubblici Angelo Balducci, Mauro della Giovampaola e Fabio De Santis.

La procura fiorentina era arrivata al gruppo indagando sulla costruzione della nuova Scuola Marescialli. Ma dalle intercettazioni emerse fin da subito, per l'accusa, come la "cricca" avesse influenzato alcuni dei maggiori appalti degli ultimi anni, dai Mondiali di nuoto a Roma del 2009 al G8 della Maddalena, fino alle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia.

Secondo il gip, Anemone anche tramite persone e società a lui riferibili o collegate, riuscì a corrompere diversi funzionari pubblici, facendo compiere loro atti contrari ai doveri d'ufficio connessi all'affidamento e alla gestione degli appalti per i 'Grandi eventi'. L'opera di convincimento, sempre secondo le carte dell'inchiesta, avveniva grazie alle "utilità", che comprendevano l'uso di cellulari e di auto, arredi per la casa ma anche il pagamento di prestazioni sessuali.

La prima svolta nell'inchiesta avvenne quando emerse il coinvolgimento, tra gli altri, dell'ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, a causa del quale il fascicolo passò per competenza alla procura di Perugia. Una volta nel capoluogo umbro, i pm chiesero e ottennero una nuova misura cautelare per Anemone, Balducci, De Santis e Della Giovampaola: il provvedimento, disposto dal gip il 27 febbraio, confermò quanto sancito a Firenze.

Il centro intorno a cui, per chi indaga, ruotava il "sistema gelatinoso" è il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, la struttura cosiddetta "della Ferratella" (di cui facevano parte Balducci, De Santis e Della Giovanpaola). I magistrati ritengono che le prove dell'illecita aggiudicazione degli appalti alle imprese di Anemone siano nelle numerose intercettazioni eseguite, nei file trovati all'interno dei computer sequestrati e nei tanti documenti acquisiti.

Il coinvolgimento di Bertolaso. Nelle settimane successive arrivano le richieste di arresto (respinte dal gip) anche per l'ex commissario dei mondiali di nuoto a Roma, Claudio Rinaldi, per il commercialista Stefano Gazzani e per l'architetto Angelo Zampolini. Non mancano nomi eccellenti toccati dall'inchiesta.

E' il caso dell'ex numero uno della protezione civile, Guido Bertolaso, che per gli inquirenti avrebbe favorito Anemone in alcuni appalti in cambio di dazino di denaro e favori sessuali, goduti al Salaria sport village.

Ma il caso più eclatante è quello che porta, il 4 maggio 2010, alle dimissioni da ministro di Claudio Scajola (peraltro non indagato) per via dell'ormai celebre casa di via del Fagutale, a due passi dal Colosseo, che sarebbe stata - secondo chi indaga - in parte pagata da Anemone. Sugli atti raccolti a Perugia sta ora indagando la procura di Roma.

Tra i presunti beneficiari dei lavori di Anemone spuntano intanto altri nomi illustri, come quelli dell'ex ministro Pietro Lunardi e del cardinale Crescenzio Sepe, fino al 2006 alla guida di Propaganda Fide. I due vengono indagati per corruzione ma il filone che li riguarda viene separato dall'inchiesta in attesa delle decisioni in merito alla richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento per l'ex ministro.

Il 26 gennaio 2011 l'inchiesta principale viene chiusa dai magistrati perugini per 22 indagati, a 15 dei quali viene contestata l'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Il 5 maggio la procura deposita la richiesta di rinvio a giudizio per 19 indagati e 11 società. Non ci sono tre indagati che hanno chiesto di patteggiare: il 19 maggio il primo è l'architetto Zampolini (11 mesi con pena sospesa per il reato riqualificato da riciclaggio in favoreggiamento). Il 12 luglio davanti al gup di Perugia tocca ad Achille Toro e al figlio Camillo, che patteggiano rispettivamente 8 e 6 mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di rivelazione di segreto d'ufficio.

Nei giorni scorsi, i pm Sottani e Tavarnesi hanno riconfermato il quadro accusatorio ribadendo le richieste di processo per i 19 indagati, parlando di "compravendita illecita della discrezionalità amministrativa" da parte di funzionari pubblici in favore di Anemone, definito il "golden boy" dell'imprenditoria. Dal canto loro, tutti gli indagati si sono sempre proclamati innocenti ed estranei alle accuse. Tra di loro, Bertolaso, che si è definito vittima di una "macelleria mediatica" sottolineando di aver "lavorato sempre a servizio dello Stato".

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