giovedì 22 settembre 2011

Tbc, sette indagati per "epidemia colposa"

L'infermiera da cui partì il contagio in neonatologia "mai visitata in sei anni". Collegamento tra il suo ceppo infettivo e quello riscontrato sull'unica bimba ammalata, nata nello scorso luglio al policlinico. Anche le lesioni personali colpose sono i reati ipotizzati. Sott'accusa il medico di base che non diagnosticò i sintomi della malattia


Sei persone, tra medici e amministrativi in servizio al Policlinico Gemelli, e il medico di base che visitò l'infermiera, poi ammalata di tubercolosi, sono state iscritte sul registro degli indagati della procura di Roma per i casi di Tbc che hanno coinvolto più di cento bambini venuti alla luce quest'anno. Epidemia colposa e lesioni personali colpose sono i reati ipotizzati dal procuratore aggiunto Leonardo Frisani e dal pm Alberto Pioletti.


Secondo gli inquirenti una intera struttura di controllo del Policlinico Gemelli non ha funzionato. L'infermiera, ritenuta origine della diffusione della infezione da Tbc, nel 2005 era risultata positiva. Ma da allora nessuno si è preoccupato di richiamarla. Per questo sono accusati, dal pubblico ministero, il "datore di lavoro", un dirigente dell'ospedale e le due figure da lui delegate per i controlli sul personale: il capo di neonatologia e un funzionario amministrativo. Inoltre due "medici competenti" che avrebbero dovuto visitare

la donna; il loro coordinatore e il medico curante della donna, che non si accorse, per un lungo periodo dello stato in cui era la sua assistita.

Secondo quanto si è appreso, le prime risultanze della consulenza disposta dalla Procura di Roma indicherebbero il collegamento tra il ceppo infettivo che ha colpito l'infermiera e quello riscontrato sull'unica bimba ammalata di tbc, nata nello scorso luglio al Gemelli. Questo era uno dei quesiti posti ai consulenti. Nella perizia inoltre si chiede se "la positività alla Tbc equivalga alla malattia", se sono "state adottate idonee terapie a scongiurare il contagio", "se sono stati effettuati controlli idonei" e "se la signora si è ammalata per il contatto con il marito (anche egli affetto da Tbc) o con altri soggetti". Intanto è stato accertato che l'infermiera, Tbc che potrebbe aver contagiato più di cento bambini nati quest'anno al policlinico, non era stata più sottoposta a visita medica dal 2005. Sei anni fa la donna era risultata positiva: scagionato il marito (anche lui infermiere presso un'altra struttura) colpito da una forma non contagiosa, e l'infermiera, che all'epoca lavorava presso il reparto di fisiopatologia polmonare, che era probabilmente entrata in contatto con un malato. Dal febbraio 2010, l'infermiera era poi passata a neonatologia e tutto era andato per il verso giusto fino a questa estate quando la malattia ha presentato i primi sintomi che il medico di base, secondo chi indaga, non è stato in grado di individuare.

Benchè le disposizioni interne all'ospedale prevedano che il personale affetto da Tbc sia sottoposto a controllo medico obbligatorio ogni due anni, alla signora fu detto di presentarsi per un nuovo accertamento nel 2006, dunque un anno dopo. Ma quel controllo non avvenne mai. La donna, alla quale probabilmente fu detto che la positività poteva dipendere dal vaccino, non pensò più a farsi controllare. E, in ogni caso, non fu mai chiamata per le rituali visite.

"Assolutamente insufficiente la documentazione depositata dalla Regione al Tar del Lazio dopo che il Tribunale, accogliendo il ricorso del Codacons, aveva ordinato all'ente di produrre le carte utili sulla vicenda della Tbc al Gemelli''. Al Tar infatti, denuncia il Codacons, ''la Regione si è limitata a depositare un verbale del tavolo di coordinamento del 2 settembre 2011, uno stralcio del Sistema informativo delle malattie infettive (Simi) approvato dalla giunta regionale nel 1993 e due delle 54 pagine di una pubblicazione recante Guidelines for the Investigations of Contacts of Persons with Infectious Tubercolosis del Department of Health and Human Serrvices del 2005. Alcune pagine dei documenti prodotti, inoltre, risultano stranamente mancanti. Non vi è alcuna traccia - sottolinea l'associazione - degli atti relativi all'istituzione del tavolo di coordinamento; dei verbali delle sedute operative; del verbale di sopralluogo nei locali del reparto di neonatologia dell'1 agosto 2011; dei verbali delle sedute del Tavolo e della Commissione durante le quali si è deciso di non estendere il periodo dei controlli, ecc. La parziale e assolutamente carente produzione di atti, rende difficoltosa la difesa delle famiglie dei bambini coinvolti nel caso, e rischia di gettare ombre su una eventuale volontà della Regione di nascondere l'operato dell'amministrazione". Per questi motivi il Codacond annuncia: "Siamo costretti a rivolgerci alla Procura, ritenendo grave sia nei confronti dei cittadini che dello stesso Tar, il comportamento dell'amministrazione regionale''.

Il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, rinnova la sua richiesta alla presidente della Regione Lazio, Renata Polverini: "E' urgente sapere quali sono i protocolli di screening per la prevenzione della Tbc adottati negli ospedali del Lazio. Servono trasparenza e chiarezza non tanto per una caccia all'untore, ma perché se i protocolli non esistessero, o non venissero applicati, sarebbe molto utile saperlo per correre al più presto ai ripari. Del resto - continua Marino - le indagini della Procura stanno portando alla luce una serie di carenze nei sistemi di screening e sorveglianza infettivologica, che invece sono affrontate dal disegno di legge che ho depositato in Senato insieme a tutto il Pd''. Secondo il senatore Pd serve soprattutto un moderno sistema di monitoraggio e di comunicazione. E conclude: ''Le modifiche che propongo con il disegno di legge servono per adattare le norme sanitarie alle attuali conoscenze scientifiche''.

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