lunedì 6 febbraio 2012

Ecco le foto in posa per immortalare la “pax” di camorra


NAPOLI - Siglare la pace e diffondere immagini rassicuranti. Stemperare gli animi, sgomberare il campo da equivoci, eliminare i dubbi. Quindi: nulla di meglio di un raduno alla luce del sole, con qualcuno che scatta foto di baci e abbracci, che riprende sorrisi d’intesa, per poi diffondere scene di pace e amicizia.

In che modo? Prima gli scatti con il cellulare, poi un galoppino che si mette in sella a uno scooter e attraversa una fetta di città per portare ai propri amici quelle foto. È la dimostrazione, la prova provata che si può stare tranquilli, che è finita la guerra. Abbracci e pacche sulla spalla, qualche bacio sulle labbra, intesa cordiale, ma non basta: bisogna fare in modo che il figlio del boss si metta in posa mentre sta accanto all’esponente di spicco dell’altro gruppo, proprio come farebbero due capitani di squadre che stanno per disputare un incontro.

Protocollo rigido, diplomazia e comunicazione ai tempi della camorra. La messa in posa, la foto ricordo, il galoppino che gira con quelle immagini sul display, che le mostra a chi di dovere e che evita ovviamente di mandare «mms», in una zona dove abbondano cimici e intercettazioni telefoniche.

Accade a Sant’Erasmo, un’area strategica controllata da decenni da Carmine Montescuro, il boss della pace e dei contatti con gli imprenditori che contano. Accade alla luce del sole, un giorno di luglio di un paio di anni fa, quando il clan Sarno di Ponticelli è ancora saldamente al comando dello scacchiere camorristico cittadino, anche se minato dalla collaborazione con la giustizia di uno dei suoi vertici. La storia è facile da ricostruire: Giuseppe Sarno si è pentito e nel cartello criminale di Ponticelli ci sono segnali di nervosismo.

Da rione De Gasperi parte l’ordine di chiudere tutti i negozi riconducibili alla sfera di influenza di Carmine Montescuro, prove tecniche di guerra. Questa volta però non ci sono morti, anche perché le diplomazie sono entrate in azione e occorre ripristinare il clima di tregua, di pace tra i rispettivi gruppi precedentemente allertati. Ed ecco che entrano in azione i cellulari, le foto, i galoppini.

Tutto rigorosamente ricostruito dalla Dia del primo dirigente Maurizio Vallone, che aveva piazzato telecamere all’esterno del bar dove è stata siglata la pace. È così che mentre i Sarno e i Montescuro si mettono in posa per farsi immortalare dai propri affiliati, in tempo reale c’erano uomini della Dia che riprendevano tutta la scena. Baci e abbracci, proprio mentre i vertici della camorra della periferia orientale si occupano di racket sugli appalti e di possibili tangenti sui manifesti elettorali alle provinciali del 2009.

Chiara la sequenza di immagini: a mettersi in posa si vedono Nino Argano, un presunto esponente del gruppo Montescuro, che si intrattiene a parlare con Salvatore Sarno, figlio di Giuseppe. In posa davanti ai rispettivi amici, sorrisi offerti a destra e a sinistra, mentre qualcuno fa entrare in azione il proprio cellulare. Nulla viene lasciato al caso e anche la posizione all’esterno del bar, nel corso di una sorta di summit chiarificatore, sembra essere affidata a un protocollo preciso. Tanto che dopo qualche secondo entra in scena anche Antonio Sarno, figlio di Ciro, quello fino a qualche anno fa conosciuto come il sindaco di Ponticelli.

Anche qui, inutile dirlo, gesti e posture sono dettati da un canovaccio imposto dalla diplomazia, fino a quando il carosello di scooter decide di lasciare la piazza di Sant’Erasmo e di fare ritorno nelle proprie abitazioni di rione De Gasperi. Qualche mese dopo, sarà lo stesso Ciro Sarno - l’ex «sindaco» ormai pentito - ad aggiungere particolari sugli improvvisi raduni di ragazzi in scooter: «Sembrano azioni improvvisate, invece rispondono a strategie concordate a tavolino per veicolare determinati messaggi a nemici e amici del clan». Come a dire: marketing e comunicazione firmato camorra.

Leandro Del Gaudio

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