venerdì 13 aprile 2012

Sanità, chiesto rinvio a giudizio per Tedesco e altre 40 persone


BARI – L'ex assessore alla sanità della Regione Puglia, il senatore Alberto Tedesco, per la procura di Bari, ha capeggiato un’associazione per delinquere finalizzata ad appropriarsi dell’assessorato regionale con il controllo di tutte le delibere, delle nomine dei manager delle Asl, dei primari e degli appalti. E l’ufficio del suo plenipotenziario, Mario Malcangi, altro non era che il luogo di incontro tra dirigenti e imprenditori con i quali Tedesco concordava non solo forniture e appalti ma anche appoggi elettorali. È pesante il ritratto della 'rete Tedescò che la procura di Bari fa nella richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei confronti dell’ex assessore e di un’altra quarantina di imputati. Si tratta della prima delle tre inchieste a carico di Tedesco che portò alla richiesta di arresto (respinta dal Senato) per l’ex assessore della giunta guidata da Vendola.

A carico del senatore (che era Pd e ora è nel gruppo misto) sono in piedi altre due inchieste a Bari: una sugli accreditamenti delle strutture sanitarie private presso il Servizio sanitario regionale (nell’ambito della quale ieri è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini a 47 persone) e una relativa alla transazione da 45 milioni di euro tra Regione Puglia e ospedale ecclesiastico 'Miullì di Acquaviva delle Fonti (Bari) nella quale è anche indagato anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.

Nell’indagine appena conclusa, oltre che per Tedesco, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di altri indagati: tra questi l’ex direttore generale della Asl Bari Lea Cosentino, soprannominata dai giornalisti 'Lady Asl', imprenditori, dirigenti di alcune Asl e di ospedali pubblici pugliesi, di tre esponenti locali del Pd e dell’ex braccio destro dell’allora assessore alla sanità, Mario Malcangi.

A Tedesco vengono contestati i reati di associazione per delinquere, illecito finanziamento pubblico ai partiti, concussione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio, corruzione e falso. In particolare, ha capeggiato una «struttura» che – secondo la procura – era in grado di pilotare le nomine di dirigenti generali di Asl pugliesi fatte dalla giunta regionale verso persone di propria fiducia; attraverso i dg ha controllato la nomina dei direttori amministrativi e sanitari in modo da «dirottare» le gare di appalto e le forniture verso imprenditori legati a Tedesco (il genero Elio Rubino e l’imprenditore Paolo Emilio Balestrazzi) o da interessi economici ed elettorali (come gli imprenditori Carlo Dante Columella e Francesco Petronella). Tedesco, inoltre, è intervenuto «attivamente sui direttori generali e sui dirigenti amministrativi e sanitari per nominare quali primari persone di sua fiducia, nonchè influendo sui vertici amministrativi per destituire dal loro incarico persone che non obbedivano ai suoi ordini».

Secondo le indagini, il senatore ha imposto le nomine di due dirigenti e di due medici; ha 'alterato di fattò l’esito di un concorso da primario; ha fatto assumere una bibliotecaria, due direttori amministrativi e un direttore sanitario; ha fatto vincere alla 'Virì di Michele Columella un appalto da 1,6 milioni per la raccolta dei rifiuti sanitari; si è adoperato per far vincere ad una società rappresentata dal genero, Elio Rubino (imputato), la gara per il 'lotto duè relativo alla costruzione dell’istituto oncologico di Bari; e ha consegnato in anticipo le tracce di un concorso bandito dall’Arpa Puglia per far assumere (senza riuscirci) una persona vicina al capogruppo regionale del Pd Antonio Decaro (imputato). Altri appalti contestati agli indagati riguardano altri due lotti per la ristrutturazione dell’istituto oncologico, l’appalto per l'archiviazione dati della Asl Bari, l’acquisto di un apparecchio sanitario, il contratto di assistenza per degli ecografi e l’appalto da 11 milioni di euro per i lavori di pulizia nella Asl di Lecce.

Al senatore Tedesco viene contestato anche il finanziamento illecito ai partiti. Non si tratta però di soldi dati alla politica ma del modo in cui – secondo i pm – erano gestite dalla 'rete Tedescò le Asl, ritenute serbatoi di voti.

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