martedì 5 giugno 2012

Malasanità, dopo nove anni di processo medici scagionati per prescrizione

La Corte d'appello di Catanzaro ha chiuso il caso di una donna di Siderno deceduta nel 2003 all'ospedale "Pugliese". In primo grado gli imputati, nove medici in servizio all'epoca dei fatti, erano stati condannati ad otto mesi di reclusione ciascuno


CATANZARO - La Corte d’appello di Catanzaro ha scagionato nove medici del reparto di Pneumatologia dell’ospedale «Pugliese» di Catanzaro, protagonisti di un presunto caso di malasanità risalente al 2003, quando la signora Teresa Arena spirò, nel giorno dell’Epifania, a nove giorni di distanza dal ricovero, dopo aver dichiarato estinto per prescrizione il reato di omicidio colposo contestato loro. Gli imputati erano stati condannati ad otto mesi di reclusione ciascuno – con concessione della sospensione condizionale della pena e non menzione nel casellario giudiziale – al termine del giudizio di primo grado, il 21 luglio del 2010, dal giudice monocratico di Catanzaro, Adriana Pezzo, cui il pubblico ministero, Simona Rossi, aveva chiesto condanne a un anno ed quattro mesi di reclusione ciascuno.
Svanisce così l’incubo della condanna per i medici che effettuarono turni di servizio al reparto di Pneumologia nel periodo di ricovero di Teresa Arena, e cioè: Antonio Caracciolo, Francesco De Francesca, Mirella Domenica Giampà, Francesco Maiocco, Luigi Mancuso, Francesco Palermo, Raffaele Pasceri, Bruno Scarfone, Mario Sorgenti (i difensori impegnati erano l’avvocato Nicola Cantafora per Caracciolo e l’avvocato Enzo Galeota per gli altri). La vicenda ebbe inizio il 28 dicembre del 2002, quando la signora Teresa, all’epoca 66enne, di Siderno, venne ricoverata all’ospedale civile catanzarese a causa di un «versamento pleurico destro». Di lì in poi quasi dieci giorni di sofferenza finchè, purtroppo, la donna si spense il 6 gennaio. «Edema polmonare acuto e successivo choc cardiogeno intrattabile» fu la causa della morte, stando all’esito dell’autopsia. Presunte negligenze ritennero, invece, i familiari della donna, i quali diedero impulso all’inchiesta giudiziaria.

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