venerdì 28 settembre 2012

Castrovillari, se i soldi non bastano il pizzo ai clan si paga in natura


I particolari che emergono dall'inchiesta condotta dai carabinieri di Castrovillari parlano di un giro di estorsioni e usura che non conosce crisi anche perché se i commercianti allo strenuo delle forze economiche non hanno denaro per pagare allo il pizzo lo si può saldare anche in natura


CASTROVILLARI – Avevano imposto il racket delle estorsioni ai commercianti della zona, e quando le povere vittime già esasperate dalla crisi non avevano contante da consegnare, i malviventi si facevano pagare in natura: pretendevano carne dai macellai e taralli da fornai. In questo scenario da “grande depressione” i carabinieri della compagnia di Castrovillari, con l’operazione denominata “Flash list” hanno arrestato nove persone con l’accusa di estorsione aggravata in concorso e furto aggravato in concorso. Si tratta di soggetti per lo più già’ gravati da specifici precedenti penali: Massimo Luca Giordano Miceli, pluripregiudicato quarantaseienne (emessa custodia cautelare in carcere); Maurizio Tancredi, trentatreeenne pluripregiudicato al quale la misura della custodia cautelare in carcere gli è stata notificata nella sua cella del penitenziario di Castrovillari dove è già detenuto per un recente episodio di violenza a pubblico ufficiale per aver aggredito il piantone della caserma dei carabinieri che avevano contestato una sanzione al codice della strada a un suo parente; Riccardo Miceli, trentanovenne già noto alle forze dell’ordine; Silvio Carmine Mario Miceli, ventunenne pregiudicato; per entrambi è stata emessa la misura della custodia cautelare in carcere; Massimo Emiliano Groccia, trentanovenne posto agli arresti domiciliari; Leonardo Madio, quarantasette anni, pregiudicato (agli arresti domiciliari); Pasquale Martire, quarantanove anni, pregiudicato; Luciano Anzillotta, quarantacinque anni, pregiudicato e Assunta Greco, quarantanove anni, senza precedenti di rilievo. Per gli ultimi tre è scattato solo l’obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria.


I carabinieri della compagnia comandata dal tenente Vincenzo Pappalardo hanno eseguito le nove misure cautelari personali emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Castrovillari su richiesta del sostituto procuratore della repubblica Maria Grazia Anastasia, nei confronti di altrettante persone, accusate a vario titolo dei reati.

L’operazione è scattata a seguito della denuncia di un commerciante esasperato dalle continue richieste estorsive. Le indagini che ne sono scaturite, condotte secondo metodi tradizionali ed attraverso attività tecnica, hanno consentito di accertare numerosi episodi estorsivi perpetrati ai danni di alcuni commercianti del comune di Castrovillari. Tali richieste di denaro, talvolta di modica entità o di beni di consumo, sono state però frequentemente reiterate nel tempo tanto da costituire una sorta di stillicidio per le vittime, in alcuni casi già fiaccate da gravi difficoltà economiche e per tale motivo gravemente danneggiate dalle pretese estorsive.

Nella primavera scorsa, prima del periodo pasquale a un allevatore sono stati sottratti tutti gli agnelli che aveva allevato proprio per essere messi in vendita durante le festività. I carabinieri hanno riscontrato anche che come estorsione ai commercianti oltre al denaro, la banda chiedeva merce: dai macellai pretendevano chili e chili di carne, dai fornai taralli e frese, e dai pasticceri torte e dolci   di FRANCESCO MOLLO

Faida di Scampia, parente di due vittime arrestata oggi per spaccio di cocaina


  NAPOLI - Tiziana Attrice di 30 anni è stata arrestata dalla polizia a Napoli con l'accusa di spaccio di droga. La donna è stata trovata in possesso di 145 grammi di cocaina custoditi in una stufa alogena. Gli agenti del commissariato di Secondigliano hanno fatto scattare il blitz nell'appartamento della donna situato ad Arzano, comune a nord di Napoli.


La polizia ha sequestrato anche la somma di poco più di mille euro in contanti e assegni per duemila. Sequestrati anche telefonini, numerosi fogli dove erano riportati nomi, cifre e numeri di telefono. Attrice era stata scarcerata a marzo di quest'anno in quanto indagata per spaccio di droga commesso in concorso con un pregiudicato del rione dei Fiori.

Oggi è stata rinchiusa nel carcere di Pozzuoli. Tiziana Attrice era imparentata con Carmela Attrice uccisa nell'ambito della faida di Scampia tra il clan Di Lauro e la cosca degli scissionisti. I sicari citoforano a carmela Attrice e con una scusa la invitarono a scendere in cortile. Una volta giù la donna fu crivellata di proiettili. Tiziana Attrice era anche imparentata con Francesco Attrice ucciso in via Ghisleri.

Mafia, chiesti 148 anni di carcere per 13 persone


Operazione Kamarat: tutti sono chiamati a rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso. La sentenza è attesa per il 10 ottobre



AGRIGENTO. Un ergastolo e 148 anni di carcere sono stati chiesti dal pm della Dda di Palermo, Giuseppe Fici, al termine della requisitoria nel processo contro 13 imputati, arrestati nell'operazione antimafia "Kamarat".

Il carcere a vita è stato chiesto per Angelo Longo, 47 anni, di Cammarata; 30 anni di carcere, invece, per Salvatore Fragapane, 55 anni, di Santa Elisabetta; 20 anni per Vincenzo Di Piazza, 71 anni, di Casteltermini; 14 anni anni per Salvatore Costanza, 62 anni, di San Giovanni Gemini; 12 anni per Mariano Gentile, 58 anni, di Castronovo di Sicilia; per Vitale Salvatore Collura, 59 anni, di Castronovo di Sicilia; per Calogero Scozzaro, 53 anni, di Casteltermini; e Vincenzo Giovanni Scavetto, 70 anni, di Casteltermini; 10 anni sono stati chiesti per Francesco Baiamonte, 64 anni, di Casteltermini e per Giuseppe Di Piazza, 43 anni, di Casteltermini; 8 anni per Salvatore Giambrone, 43 anni, di San Giovanni Gemini; 6 anni per Giovanni Chianetta, 33 anni, di Favara; 2 anni per Giuseppe Salvatore Vaccaro, 42 anni, collaboratore di giustizia di Sant'Angelo Muxaro.

Tutti sono chiamati a rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso. La sentenza è attesa per il 10 ottobre.



mercoledì 26 settembre 2012

Scoperta casa a luci rosse nel centro di Cosenza



La gestivano tre ragazze dominicane in un appartamento di via Trieste: il proprietario era all'oscuro di tutto. I vicini di casa hanno notato i movimenti sospetti e hanno avvisato i carabinieri che hanno bussato alla porta fingendosi clienti


COSENZA – I carabinieri hanno scoperto a Cosenza una casa a luci rosse, gestita da tre ragazze dominicane. Si trovava sul centralissimo viale Trieste, in un appartamento regolarmente affittato con regolare contratto. Il proprietario, secondo le prime indagini, era all’oscuro di quanto accadesse all’interno. Ma i vicini di casa delle ragazze sudamericane si sono accorti dell’insolito via vai, che durava da qualche tempo, anche di notte.


I militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Cosenza e della stazione di Cosenza principale hanno bussato alla porta e si sono fatti aprire presentandosi come clienti. Una volta dentro, hanno trovato e sequestrato diverso materiale, come vari anticoncezionali e una quindicina di telefoni cellulari. Una delle ragazze aveva anche quattro grammi di marijuana. Le ragazze sono state identificate e segnalate perchè ricevano il foglio di via.

Tentarono di impedire l'arresto del boss, fermate 4 persone



Lo scorso 7 agosto, al momento dell'arresto del boss Celestino Abbruzzese, erano scesi in strada per cercare di impedirne l'arresto, oggi i carabinieri di Corigliano calabro hanno proceduot all'arresto di 4 persone con l'accusa di resistenza e lesioni aggravate


CASSANO ALLO JONIO - Quattro persone sono state arrestate dai carabinieri della Compagnia di Corigliano Calabro per avere cercato di impedire l’arresto del boss latitante della 'ndrangheta Celestino Abbruzzese, di 65 anni, avvenuto il 6 agosto scorso in località «Timpone rosso» a Cassano allo Ionio. Per favorire la fuga del boss, i quattro, accusati di resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale, avrebbero aggredito i militari provocando lesioni ad alcuni di loro. Gli arresti sono stati fatti in esecuzione di un’ordinanza del gip di Castrovillari su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Maria Sofia Cozza, nel corso di un servizio del Comando provinciale carabinieri di Cosenza.

Le persone finite in manette sono Leonardo e Marco Abruzzese di 27 e 31 anni; Salvatore Manieri (37) e Antonio Pavone (27). A portare gli investigatori ai quattro, sono state le indagini svolte dopo l'operazione che aveva portato alla cattura di Abbruzzese, detto «asso di bastone», ritenuto a capo dell’omonima consorteria di 'ndrangheta. L’uomo era evaso il 31 marzo 2012 dall’ospedale di Catanzaro dove si trovava agli arresti domiciliari per associazione mafiosa e omicidio. Abbruzzese era stato poi rintracciato dai carabinieri nei pressi dell’abitazione di alcuni congiunti e fiancheggiatori in località Timpone rosso, roccaforte degli Abbruzzese. Celestino Abbruzzese era stato arrestato nel 2009 per omicidio e altro con l’aggravante del metodo mafioso e sottoposto al regime detentivo del 41 bis. Il 13 marzo era stato portato in ospedale, agli arresti domiciliari, per problemi di salute ed era evaso 17 giorni dopo.

Positano, evasione da 14 milioni per favorire società del Nord


SALERNO - Una evasione fiscale per oltre 14 milioni di euro è stata scoperta a Positano, in Costiera Amalfitana, dalla Guardia di Finanza del comando provinciale di Salerno.


I militari della brigata di Positano nel corso di una attività di contrasto all'evasione fiscale hanno scoperto una società operante nel settore del commercio all'ingrosso di materie plastiche che aveva, attraverso una frode carosello, evaso al fisco l'ingente somma di denaro.

Dall'attività investigativa è emerso che l'amministratore unico e responsabile legale dell'azienda aveva distrutto e occultato le scritture contabili, della società creata appositamente per interporla in maniera fittizia nei rapporti commerciali con clienti e fornitori.

Dagli accertamenti effettuati è stato possibile risalire al coinvolgimento della società in una vasta e complessa frode attuata al di fuori dei confini regionali con il ruolo di «missing trader», interponendosi tra società regolari e reali beneficiari non solo della merce ma anche della condotta fiscalmente vietata.

La società, infatti, da un lato riceveva fatture false da «società di fatto esistenti» e, dall'altro, emetteva fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei clienti finali. Le società beneficiarie sono state individuate in varie regioni d'Italia, tra cui Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Campania, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Due le persone che sono state denunciate all'autorità giudiziaria.

Arrestato figlio dell'ex ministro Vitalone E' accusato di violenza sessuale


In manette Alexandro, 33 anni. La presunta violenza sarebbe avenuta a Campo de' Fiori ai danni di una sedicenne
ROMA - Il figlio dell'ex ministro Claudio Vitalone, Alexandro, è stato arrestato a Roma con l'accusa di violenza sessuale. L'ordinanza è stata emessa dal gip del Tribunale di Roma. La violenza risale al maggio scorso e si sarebbe consumata in un dei luoghi della movida romana, Campo de' Fiori. Vittima una ragazza di sedici anni che poi ha denunciato l'abuso subito. Alexandro Vitalone ha 33 anni ed è stato arrestato stamattina dalla squadra mobile di Roma.


La ragazza ha raccontato agli investigatori della squadra mobile di Roma di aver conosciuto Vitalone la stessa sera del presunto stupro. I due, ha raccontato ancora la giovane, avevano passato la serata insieme bevendo una notevole quantità di alcol. Poi l'abuso. Alexandro Vitalone sarà ascoltato domani.

Si allunga la scia di sangue nel vibonese Uomo ucciso davanti l'abitazione a Sorianello


La vittima si chiamava Domenico Ciconte ed è stato ammazzato in località Fago Savini. Secondo gli inquirenti apparteneva all'omonimo gruppo contrapposto a quello dei Vallelunga di Serra San Bruno. Indagini avviate dalla polizia di Stato

SORIANELLO (VV) - Un uomo, Domenico Ciconte, è stato ucciso questa mattina in località Fago Savini nel comune di Sorianello. L'uomo era considerato appartenente all'omonimo gruppo contrapposto a quello dei Vallelunga di Serra San Bruno, nel passato è stato implicato nelle indagini sulla faida dei boschi. Sul posto gli agenti del commissariato di Serra e della Squadra Mobile di Vibo Valentia.


Secondo quanto è stato possibile apprendere Ciconte, è stato ucciso proprio il giorno del suo compleanno a colpi di fucile caricato a pallettoni che lo hanno raggiunto al torace e alla tesa. Verso le 8 di questa mattina l'uomo è stato chiamato da un operaio con il quale avrebbe dovuto recarsi presso la vicina segheria, di sua proprietà, ma non ha fatto in tempo quasi ad uscire dal portone della propria abitazione che è stato investito dalla scarica di piombo. I killer, che lo avevano seguito, si erano appostati dietro un recinto a poca distanza e, alla vista del suo obiettivo, hanno aperto il fuoco. Inutili i soccorsi del 118. La morte, infatti, è stata pressoché istantanea.

L'omicidio del 63enne, già indagato nell'inchiesta “Mangusta 2”, si inquadra con tutta probabilità nella faida che si sta verificando in questi ultimi tempi nel territorio tra Gerocarne, Soriano e Serra e che ha visto l'omicidio del 31enne Antonino Zupo e del 26enne Nicola Rimedio, nonché il tentato omicidio del 19enne Giovanni Emmanuele. Tutte persone, queste, legate al gruppo che fa capo ai fratelli Bruno e Gaetano Emanuele che aveva iniziato ad espandersi nel territorio e al quale era contrapposto quello dei Ciconte, avversari, tra l'altro dei Vallelunga di Serra, questi ultimi quasi decimati durante l'ultima Faida dei boschi.

di GIANLUCA PRESTIA






domenica 23 settembre 2012

Mafia, Iblis: 24 condanne, assolto il deputato Cristaudo


Il politico, ex Pdl poi passato a Grande Sud, era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Condannati invece gli ex consiglieri della Provincia di Catania, Antonino Sangiorgi (10 anni) e del Comune di Ramacca, Francesco Ilardi (8 anni). Nel processo erano coinvolti anche Raffaele Lombardo e suo fratello



CATANIA. Ventiquattro condanne e tre assoluzioni, compresa quella del deputato regionale Giovanni Cristaudo, ex Pdl poi passato a Grande sud, che era accusato di concorso esterno all'associazione mafiosa. Condannati invece gli ex consiglieri della Provincia di Catania, Antonino Sangiorgi (10 anni) e del Comune di Ramacca, Francesco Ilardi (8 anni). È la sentenza sentenza del processo Iblis, su presunti rapporti tra mafia, imprenditoria e amministratori, emessa dal Gup Santino Mirabella nel procedimento che si è celebrato col rito abbreviato. Il giudice, sostanzialmente, ha accolto le richieste avanzate a conclusione della requisitoria dai pm Antonino Fanara e Agata Santonocito. Tra i condannati anche il geologo Giovanni Barbagallo (9 anni e 4 mesi) e l'imprenditore Mariano Incarbone (8 anni), ritenuti dall'accusa i collegamenti tra esponenti di Cosa nostra di Catania e il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo, deputato nazionale del Movimento per le autonomie. Assolti, invece il presunto boss Maurizio Zuccaro e un'altro imputato, Agatino Verdone.


Sindacato prostitute contro studentesse: Fanno crollare i prezzi



Milano, 22 set. (LaPresse) - Il sindacato delle prostitute scende in campo contro studentesse e casalinghe. Il motivo? Decine di migliaia di ragazze giovani, ma anche di casalinghe esercitano il più antico mestiere del mondo sottraendo mercato alle professioniste e facendo crollare i prezzi. La denuncia è stata lanciata da Carla Corso, presidente del Comitato per i diritti civili delle prostitute in una intervista rilasciata al programma KlausCondicio condotto da Klaus Davi su YouTube http://www.youtube.com/user/klauscondicio. Il fenomeno della prostituzione nel nostro Paese è un business stimato in 5 miliardi di euro l'anno che coinvolge circa otto milioni di italiani. Ma negli ultimi due anni c'è stato un vero e proprio crollo dei prezzi. Secondo Carla Corso, infatti, "si passa da una media di 50 euro a rapporto completo a chi arriva a vendersi anche solo per 5 euro".


Il tracollo dei prezzi è determinato soprattutto, spiega la presidente del Comitato, "dalle prestazioni dalle ragazze di colore, in primis nigeriane, che pur di non perder la loro fetta di mercato popolare sono disponibili ad avere rapporti sessuali a prezzi stracciati". Non tutto il mercato della prostituzione è soggetto, però, agli effetti della spending review. "Il settore dei trans e dei travestiti - spiega Corso - continua ad essere florido perché la tipologia del cliente che ricorre a questa prostituzione non è disposta a rinunciare a un certo tipo di prestazione". Nel corso della puntata la presidente del Comitato per i diritti civili delle prostitute ha segnalato anche un altro fenomeno, quello della concorrenza massiccia di casalinghe e studentesse che ormai esercitano anonimamente il mestiere più antico del mondo nel privato delle proprie case.

Secondo Corso, infatti, questa fetta di mercato ormai raggiunge il 30% e coinvolge studentesse e casalinghe assolutamente insospettabili, che per arrivare a fine mese esercitano la prostituzione anche via web. Le modalità usate, infatti, vanno dalla prostituzione via webcam, agli incontri in casa o a domicilio del cliente o, ancora, in alberghi di periferia. L'inchiesta ha rivelato, inoltre, che la prostituzione in Italia occupa circa 80mila persone tra donne, trans e uomini e a queste si deve aggiungere una cifra simile composta da studentesse e casalinghe ma anche studenti, che stanno aggredendo una fetta di mercato una volta intoccabile.

Spunta la ex, il matrimonio finisce in rissa

La cerimonia a Villa Trabia è saltata. A causare il disastro, proprio la sorella dell’ormai prossimo marito, che aveva fatto l’invito che ha mandato su tutte le furie la sposa. Proprio la cognata è stata aggredita con diversi colpi di bouquet sferrati dalla sposina



PALERMO. Alla cerimonia del matrimonio civile si presenta la ex dello sposo e il matrimonio finisce in rissa e non si celebra. È successo mercoledì pomeriggio a Villa Trabia, sede di tanti matrimoni civili, dove c’erano anche gli studenti che si recano in biblioteca, gli impiegati comunali del cerimoniere e i custodi. Nei pressi del cancello d’ingresso della villa dove c’è un grande ficus si sono consumate scene non proprio edificanti, che hanno suscitato imbarazzo, ma anche una certa ilarità, tra quanti si trovava nel giardino in quel momento.

Motivo della lite furiosa è stata la presenza, tra gli invitati, dell’ex fidanzata del futuro sposo. A causare il disastro, proprio la sorella dell’ormai prossimo marito, che aveva fatto l’invito che ha mandato su tutte le furie la sposa. Proprio la cognata è stata aggredita con diversi colpi di bouquet sferrati dalla sposina, che in verità di «ina» non aveva molto, in quanto piuttosto corpulenta. Gli involontari spettatori hanno visto la sposa che infieriva colpi a più non posso ai poveri malcapitati che aveva a tiro con il mazzo di fiori ormai distrutto.

Spintonate, urla, schiaffi, occhiali che volavano. Lo sposo, intuendo che la situazione stava precipitando ed il dramma stava consumandosi, proprio nel giorno che doveva essere il più felice, dopo essersi allontanato dalla baruffa per qualche istante, è tornato alla carica trafelato. Senza giacca e con la camicia sbottonata, quasi a petto nudo, ha iniziato ad urlare, tra l’imbarazzo , ma anche un pizzico di ilarità da parte dei casuali spettatori di quello che di lì a poco per i due sposini si stava trasformando in un dramma.

Il matrimonio, infatti, alla fine non si è celebrato. Tutti gli invitati, giunti agghindati per l’occasione, non appena hanno intuito ciò che stava accadendo, hanno fatto subito dietrofront e si sono dileguati. «Ero dentro la mia abitazione – racconta Giuseppina Di Stefano che vive proprio all’ingresso di Villa Trabia – Ho sentito urla provenire nella zona del cancello. Mi sono affacciata e ho visto un parapiglia. Gente che si spintonava e la sposa in preda ad una crisi. Mi hanno raccontato che ha iniziato a colpire con il mazzo di fiori un’altra donna che era stata invitata. Mi hanno poi detto che era la cognata. Poi parlando con alcuni parenti abbiamo saputo che la presenza dell’ex fidanzata ha scatenato la reazione della sposa». Anche i dipendenti della biblioteca sono stati richiamati dalle urla.

«Abbiamo sentito tutti il parapiglia che c’era davanti al cancello – racconta una di loro –. Abbiamo visto che invitati e gli sposi non sono arrivati fino alla zona dove si doveva celebrare il matrimonio, ma sono rimasti fuori al cancello. Dopo un po’ non c’era più nessuno. Poi abbiamo saputo quello che era successo».

di IGNAZIO MARCHESE

venerdì 21 settembre 2012

Kate Middleton nuda: ecco le foto senza slip


La rivista danese Se og Hoer sfida la famiglia reale britannica e pubblica in uno speciale di 16 pagine le immagini della duchessa di Cambridge mentre si cambia il costume


 
Il caso Closer, condannato a consegnare tutti gli scatti di Kate Middleton alla famiglia reale britannica, non hanno spaventato il direttore della rivista danese Se og Hoer, che va oltre: il magazine ha pubblicato oggi uno speciale di 16 pagine in cui, oltre all'ormai famoso topless, la duchessa di Cambridge è mostrata mostra senza slip, intenta a cambiarsi il costume sulla terrazza del castello della Provenza in cui era in vacanza con il principe William.

Le copie del magazine scandalistico sono andate a ruba nelle 6mila edicole e negozi in tutta la Danimarca in cui è stato distribuito.

Del resto Kim Henningsen, direttore di Se og Hoer, aveva detto che anche lui avrebbe pubblicato le foto: "Kate sa come comportarsi da membro della famiglia reale. Impossibile trovarla in foto di quel tipo".


A tradire la duchessa sarebbe stato un paparazzo inglese che vive abitualmente in Francia, come rivela Pascal Rostain, noto fotografo dei vip francese. "Per il suo lavoro non ha certo guadagnato molto. Avrebbe potuto venderle per 10mila euro. Ma gli hanno pagato soltanto la normale tariffa", dice.

Faida di Vibo, blitz tra Calabria e Lombardia Sette arresti per chiudere la scia di sangue


Le persone coinvolte avrebbero nascosto armi e segni delle forze di polizia utilizzate in azioni contro i rivali. L'operazione dei carabinieri ha interessato anche l'area in provincia di Monza e Brianza e coinvolge le 'ndrine in guerra tra Stefanaconi e Piscopio. In manette anche due giovani donne

VIBO VALENTIA - Sette persone sono state arrestate dai carabinieri di Vibo Valentia tra il vibonese e Besana in Brianza, in provincia di Monza e Brianza, nell’ambito delle indagini sulla faida tra le famiglie di 'ndrangheta di Stefanaconi e della frazione Piscopio di Vibo. I sette, di cui tre già detenuti, sono accusati di porto e detenzione di armi e possesso di segni distintivi contraffatti. Gli indagati avrebbero nascosto armi e segni delle forze di polizia utilizzate in azioni contro i rivali.

Si tratta della feroce lotta tra cosche che da settembre dell'anno scorso ha portato 9 tra morti e feriti. L'ultimo episodio è stato quello che si è registrato il 6 luglio scorso, quando i sicari si presentarono in spiaggia, tra i bagnanti, per uccidere Davide Fortuna davanti alla moglie e al figlio sul tratto di costa di Vibo Marina. Ora è partita la controffensiva delle forze dlel'ordine per arginare la violenza.

Gerocarne. I NOMI. Sette le persone raggiunte, a vario titolo, dall'ordinanza: Antonio Caglioti, 55 anni, di Gerocarne; Cosimo Francesco Caglioti, 24, di Gerocarne; Damiano Caglioti, 23, di Gerocarne; Caterina Caglioti, 30, di Stefanaconi; Alessia Cirillo, 20, di Acquaro; Nazzareno Patania, 39, di Stefanaconi; Daniele Bono, 26, di Gerocarne.

L'INCHIESTA. Le persone arrestate sono considerate gli armieri del gruppo dei Patania di Stefanaconi, da tempo impegnati in un scontro con il gruppo dei Fiorillo-Struglio-Battaglia operanti nella frazione Piscopio di Vibo. «Si è trattato – ha sostenuto il procuratore di Vibo Valentia Mario Spagnuolo – di investigazione pura ed i risultati sono estremamente importanti. Il lavoro comunque non finisce qui. Eravamo sicuri di aver messo le mani su degli armieri. Si è sviluppata un’attività di intelligence importante che ha consentito di ricostruire tutta una ulteriore serie di fatti legati alla detenzione delle armi insieme ad altri oggetti che formano un corredo logico quali contrassegni, distintivi, lampeggianti come quelli in dotazione alle forze dell’ordine. Quello di oggi è il contributo che la Procura ordinaria dà in questo momento alla Dda di Catanzaro che sta sviluppando un’attività di indagine per episodi collegati alla presenza di queste persone e che speriamo che presto possa arrivare a conclusione. Abbiamo fatto un buon lavoro, dando un contributo alle indagini della Dda con cui c'è una collaborazione costante, forte e positiva con un continuo scambio di idee».

Il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, Daniele Scardecchia, ha sottolineato come «non si sia trattato di un servizio occasionale, ma mirato. Abbiamo anche definito il ruolo delle donne. Sono loro ad occultare le armi ed a portare all’esterno le disposizioni ricevute nei colloqui in carcere con i detenuti». «L'attività – ha sostenuto il comandante della Compagnia di Serra San Bruno, Stefano Esposito Vangone – scaturisce da una conoscenza capillare del territorio».

La mappa dello spaccio a Caltanissetta: quattrordici arresti


Blitz di polizia e guardia di finanza nella notte. Tutti nisseni i coinvolti. Le indagini abbracciano un periodo che va dal 2006 ad oggi e si sono avvalse delle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia

CALTANISSETTA. Si chiama 'giro di vite' l'operazione antidroga eseguita nella notte a Caltanissetta dagli agenti della Squadra mobile e dai militari del Gico della Guardia di finanza, in esecuzione di 14 ordinanze di misure cautelari (quattro in carcere, 10 agli arresti domiciliari), nei confronti di altrettante persone indagate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti e ricettazione.

I provvedimenti, emessi dal gip nisseno Alessandra Giunta su richiesta della Dda, concludono due filoni d'inchiesta che hanno permesso di sgominare una banda di narcotrafficanti che monopolizzava il mercato in città, spiava i movimenti delle forze dell'ordine, ricettava per otto euro al grammo l'oro proveniente da furti e scippi, disponeva di armi e si affidava a elementi esterni all'organizzazione, che sapevano come recuperare i soldi dei 'clienti'.

Gli indagati, tutti di Caltanisetta, sono: i fratelli Vincenzo (detto Mangibù, esponente di Cosa nostra), Fabio e Ivan Ferrara, rispettivamente di 44, 39 e 37 anni; Carlo Salvatore Sanfilippo, di 33 anni; Davide Oliva, di 40 anni; Fabio Celestri, di 42 anni; Elia Giardina, di 33 anni; Gianluca Bellomo, di 30 anni; Marco Bellomo, di 42 anni, detto 'Squalo'; Guido Rizza, di 26 anni; Danilo Villa, di 30 anni; Davide Palermo, di 39 anni, e la sua convivente Luana Scarlata, di 26 anni; Giovanni Di Girolamo, di 43 anni, soprannominato 'Castrense'.

Le indagini abbracciano un periodo che va dal 2006 ad oggi e si sono avvalse delle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia. Gli agenti della Squadra mobile, coordinati dal vice questore Giovanni Giudice, avrebbero accertato che i fratelli Ferrara imponevano il loro monopolio di hashish e cocaina. Caltanissetta sarebbe stata divisa in zone affidate a gruppi di pusher, sotto il rigido controllo e il peso criminale dei fratelli Ferrara. "Le indagini tecniche e le dichiarazioni dei collaboratori - scrivono gli inquirenti - hanno confermato come l'associazione avesse la disponibilità di armi comuni da sparo clandestine, sia lunghe che corte e come di esse venisse fatto commercio".

Omicidio a Vittoria: cadavere trovato nei campi

Il corpo di Ivano Inglese, 32 anni, è stato trovato in un campo, intorno a mezzanotte; la vittima è stata freddata con alcuni colpi di arma da fuoco. Alcune persone della zona hanno avvertito la polizia della presenza di una vettura, una Volkswagen Golf, lasciata sul ciglio della strada



VITTORIA. Un uomo di 32 anni, Ivano Inglese, è stato ucciso ieri sera nella zona di contrada Pozzo Ribaudo, nelle campagne di Vittoria, vicino Gela. Il corpo è stato trovato in un campo, intorno a mezzanotte; la vittima è stata freddata con alcuni colpi di arma da fuoco, probabilmente un'arma corta. Alcune persone della zona hanno avvertito la polizia della presenza di una vettura, una Volkswagen Golf, lasciata sul ciglio della strada. Nel

frattempo, i familiari si erano recati in commissariato per segnalare il mancato rientro a casa del congiunto. L'uomo non aveva precedenti, nè risultano finora sue frequentazioni sospette. Le indagini sono condotte dal commissariato di Vittoria, guidato dal vicequestore Rosario Amarù.

Inglese lavorava come postino ed era incensurato. Quasi certamente si è recato nella zona dove è stato poi ucciso, un luogo appartato in aperta campagna, per un «chiarimento» con i suoi assassini. Il padre, allarmato per il mancato rientro del figlio, ha chiamato la Polizia che ha individuato prima la Volkswagen Golf della vittima parcheggiata sul ciglio din una strada interpoderale e qualche metro più avanti il corpo senza vita del postino, crivellato da almeno una decina di colpi di arma da fuoco.

Al bar durante le ore di lavoro: denunciate 13 persone


Sono dipendenti dell'Ufficio del Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, pizzicati dagli uomini della guardia di finanza tramite appostamenti e telecamere nascoste. C'è chi passava intere giornate tra cornetti e cappuccini, con pause pranzo anche di 2 ore

PALERMO. Tredici dipendenti dell'Ufficio del «Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti» sono stati denunciati per assenteismo dalla Guardia di finanza. i militari del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di polizia tributaria, grazie a telecamere nascoste attraverso appostamenti, pedinamenti e servizi di osservazione, hanno monitorato per oltre un mese alcuni dipendenti che, durante l’orario di servizio, erano soliti assentarsi dal proprio posto di lavoro per recarsi, spesso in gruppo, andando al bar e un altri esercizi commerciali a Palermo, anche per diverse ore nell’arco della stessa giornata. Alcuni dei dipendenti non si presentavano affatto in ufficio pur risultando presenti, altri impiegavano anche 2 ore per la pausa pranzo (a fronte dei 30 minuti previsti) o addirittura non rientravano affatto in ufficio. I finanzieri hanno perquisito l’Ufficio del Garante rinvenendo e sequestrando i “fogli di presenza” giornalieri compilati e sottoscritti dai dipendenti che erano risultati assentarsi ripetutamente dal proprio posto di lavoro, rilevando così le irregolarità. Il danno subito dall’Erario a causa delle ore di servizio retribuite ma non prestate è stimabile, orientativamente, in 250 mila euro.



giovedì 20 settembre 2012



NAPOLI - L'assedio a Scampia da parte delle forze dell'ordine è scattato all'inizio del mese. Il giorno cinque si registrano i primi segnali della presenza delle forze dell'ordine con il famoso blitz durante il quale viene trovata la droga dentro la statua di Padre Pio.


Da quel giorno non è passato un momento in cui le forze dell'ordine, tutte assieme concentrate sul territorio di Scampia si sono fermate nella caccia ad armi e droga.

Dopo quindici giorni di operazioni, sulla base delle notizie di stampa, abbiamo realizzato un elenco di sequestri che, probabilmente, sarà incompleto, ci scuseranno lettori e forze dell'ordine. Ma è stato solo vedendo in fila, uno dopo l'altro, quel che hanno trovato le forze dell'ordine, che si è materializzato il poderoso lavoro svolto su quel territorio.

Il ministro Cancellieri ha promesso (e mantenuto) interventi per contrastare la nascente nuova faida. Il procuratore Colangelo dice, con forza, che la battaglia sarà vinta. Eppure è solo leggendo quell'elenco che si riesce a capire quanto è vasto e articolato "il sistema".

Le forze dell'ordine hanno scovato di tutto: telecamere di sorveglianza, scanner per captare le conversazioni, macchinette contasoldi, giubbotti antiproiettile. Gli uomini in divisa hanno sequestrato un vero e proprio arsenale fatto di kalashnikov, pistole, fucili a canne mozze. Sono stati intercettati spacciatori piccoli e grandi (un tir con 32 chili di coca).

Guardate l'elenco per capire. E pensare che tutti, dalle forze dell'ordine alle autorità spiegano che la battaglia è solo all'inizio.

Sequestrati 108 immobili a uomini dei clan



Serviranno a pagare le spese dei processi

I beni si trovano in Piemonte e Calabria e il loro valore, stimato in 3 milioni di euro, verrà usato per finanziare intercettazioni telefoniche e indagini tecniche effettuate per 4 anni dalla Dda con l'obiettivo di arrivare all'arresto di esponenti delle cosche di Careri e Mammola nell'operazione Minotauro

ROMA – Centootto immobili appartenenti a 38 imputati di associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito dell'operazione «Minotauro» del giugno 2011, sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Torino in Piemonte e in Calabria. I beni – 41 abitazioni, 40 terreni e 27 autorimesse – serviranno a garantire il pagamento delle spese già sostenute e di quelle ancora da sostenere in tutte le fasi del procedimento per un prevedibile ammontare di 3 milioni: costo delle intercettazioni telefoniche e delle indagini tecniche effettuate per 4 anni dalla Dda, spese per la detenzione in carcere, oneri connessi alla gestione dei beni già sequestrati e spese processuali.


Alla vigilia della prima udienza del processo, fissata per il prossimo 18 ottobre, è stato posto - spiegano gli investigatori – un «importante punto fermo: se al termine i condannati dovessero risultare insolventi, il patrimonio sequestrato potrà essere definitivamente confiscato e posto in vendita. Il ricavato servirà a coprire le spese di giustizia sostenute, evitando così 'ricadutè negative sul bilancio dello Stato e, quindi, sulla collettività». Gli immobili si trovano nelle province di Torino, Vercelli, Reggio Calabria, Crotone e Vibo Valentia. I provvedimenti di sequestro conservativo sono stati emessi a poco più di un anno di distanza dal blitz che mise in luce le infiltrazioni della 'ndrangheta nel nord ovest del paese e portò all’arresto di ben 169 persone per le quali successivamente è stato richiesto il rinvio a giudizio, per lo più per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Tra i soggetti colpiti dai provvedimenti di sequestro spiccano i nomi di Paolo Cufari, indicato nelle carte processuali quale capo della «locale» di Natile di Careri (Reggio Calabria) a Torino e Rodolfo Scali, rappresentante e referente della «locale» di Mammola (Reggio Calabria) a Cuorgnè (Torino): al primo sono stati sequestrati un magazzino a Volpiano (Torino) e un terreno a Careri; al secondo, quattro terreni a Mammola. Sei appezzamenti di terreno compresi nel comune di Platì sono stati sottratti, alla disponibilità di Pasquale Barbaro, considerato rappresentante e referente della «locale» di Platì a Volpiano mentre al capo della «locale» di Moncalieri (Torino), Rocco Raghiele, è stata sequestrata un’abitazione nello stesso Comune. I sequestri conservativi si differenziano da quelli «per sproporzione», effettuati sempre dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria Torino contestualmente agli arresti eseguiti nell’ambito dell’operazione «Minotauro». Allora, infatti, le oltre 180 unità immobiliari, i 200 rapporti finanziari e i 10 complessi aziendali furono «congelati» sulla presunzione, in gran parte non smentita che, costituendo un patrimonio eccessivo rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati, fossero stati accumulati illecitamente. I provvedimenti in questione riguardano invece beni di provenienza lecita, talvolta acquisiti per eredità, che comunque saranno utilizzati per garantire le spese di giustizia in caso di condanna.

Strage di San Lorenzo del Vallo: presi i due killer



Famiglia distrutta per vendicare il figlio del boss Presta

Arrestati un ventiseienne e un trentenne: sono accusati di essere gli autori della mattanza in casa De Marco, in cui persero la vita madre e figlia e un altro figlio rimase ferito. Il capofamiglia, scampato per caso, venne freddato pochi mesi dopo. Il giovane superstite ha permesso di individuare i sicari


COSENZA - L'immagine agghiacciante della ventiseienne Barbara De Marco ormai esanime che penzolava dal balcone dopo l'inutile tentativo di fuga, aveva fatto il giro d'Italia. Era il fotogramma più agghiacciante di una strage feroce, nella quale perse la vita anche la mamma di Barbara, Rosellina Indrieri, 45 anni, mentre rimase ferito il fratello della giovane, Silas, che ebbe la prontezza di farsi credere morto e riuscì a scampare. Proprio grazie alla sua testimonianza, sono caduti oggi nella rete delle forze dell'ordine gli esecutori materiali di quella mattanza: si tratta di Domenico Scarola, di 26 anni di Cosenza, e Salvatore Francesco Scorza detto Vincenzo, 30 anni di Tarsia. Quest'ultimo è figlio di Costantino Scorza implicato nell'operazione Twister contro le cosche locali.


Le indagini che hanno portato ai due fermi sono state condotte dai carabinieri della Compagnia di San Marco Argentano e dagli agenti della Squadra mobile della Questura di Cosenza, coordinati dal pm della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto. Il loro obiettivo, in quella notte del 16 febbraio 2011 era sterminare l’intera famiglia De Marco. Oltre a Silas, 24 anni, scampò però anche il capofamiglia, Gaetano, che era ubriaco e si addormentato per terra in un'altra stanza. Proprio Gaetano era il fratello di Aldo De Marco, un commerciante che il 17 gennaio precedente, a Spezzano Albanese, aveva ucciso a colpi di pistola Domenico Presta, di 22 anni, figlio del boss latitante Franco, al termine di un diverbio a causa di un parcheggio.

Aldo De Marco si costituì subito ai carabinieri di Spezzano Albanese spiegando che non voleva uccidere il ragazzo ma solo spaventarlo: qualche mesi fa è stato condannato a 24 anni di reclusione per il delitto. L’omicidio del figlio del boss ha però scatenato una faida di tipo mafioso. E a farne le spese è stata proprio la famiglia del fratello di Aldo. Per Silas è stato disposto un programma di protezione mentre Gaetano De Marco rimase a San Lorenzo e la mattina del 7 aprile mentre si trovava nella sua auto si vide piovere addosso l’intero caricatore di una pistola. I killer avevano aggiunto un altro tassello alla loro scia di sangue. E' toccato all'unico superstite, Silas, farli finire in manette.

Nel frattempo, il 12 aprile scorso, anche un altro protagonista della vicenda, il capocosca Franco Presta era finito in manette dopo una lunga latitanza. Scarola e Scorza, secondo gli investigatori, sono legati alla cosca che fa capo a lui ed è collegata ai Lanzino di Cosenza. Ed in particolare, i due killer erano vicini proprio a Domenico, il giovane ucciso da Aldo De Marco in quel giorno del gennaio 2011 che rovinò per sempre due famiglie.

di ANDREA GUALTIERI



San Lorenzo del Vallo, Silas racconta la strage «Mi fissava negli occhi, poi mi sparò»

Le parole con cui il giovane De Marco ha ricostruito la serata in cui è scampato alla morte ma ha visto uccidere sua madre Rosellina e sua sorella Barbara per una vendetta dopo l'omicidio del figlio del boss: la tv accesa, il portone sfondato. E poi la mattanza crudele


COSENZA - «Mi ritrovavo davanti questa persona, preciso a distanza di meno di un metro, mi fissava negli occhi, aveva un'espressione che quasi lasciava trasparire che era obbligato ad uccidermi sebbene io non c'entrassi nulla; lo riconoscevo dallo sguardo che, ribadisco potevo vedere in quanto non coperto dalla calza di nylon e in quanto questa persona, ribadisco da distanza molto ravvicinata, mi fissava negli occhi». E' uno dei passaggi più drammatici della testimonianza con la quale Silas De Marco, il giovane ferito ma scampato alla strage di San Lorenzo del Vallo dopo essersi fatto credere morto, ha raccontato l'irruzione dei due killer nella sua casa e l'omicidio brutale di sua madre Rosellina Indrieri e di sua sorella Barbara, quest'ultima colpita mentre cercava di fuggire sul balcone. Riferì che uno gli sparò contro con una pistola e che poi insieme al complice rincorsero la madre e la sorella, per ucciderle.


Il padre di Silas, Gaetano, quella sera del 16 febbraio 2011 è sopravvissuto solo perché era a terra ubriaco in un'altra stanza e i sicari non lo hanno visto. Ma la sua sentenza di morte è stata eseguita due mesi dopo, quando gli hanno scaricato addosso il caricatore di una pistola mentre era in auto. Proprio il fratello di Gaetano, Aldo, uccidendo il figlio del boss Franco Presta per una lite legata a motivi di parcheggio, aveva scatenato la vendetta.

Silas ha deciso di testimoniare. E il suo racconto - riportato in un lungo servizio a firma di Roberto Grandinetti sull'edizione cartacea di Cosenza del Quotidiano - ha permesso di inchiodare Domenico Scarola e Salvatore Francesco Scorza, da ieri in stato di fermo. Silas li ha indicati a forze dell'ordine e magistrati. E ha raccontato tutti i dettagli di quella sera: »Ho guardato l'orologio, erano circa le 20.00, stava per iniziare un telefilm della serie “Texas Rangers” su Rete 4, io ero seduto sul divano di fronte la porta d'ingresso, mia madre era seduta sulla mia destra su un altro divanetto, mia sorella guardava dalla finestra fuori... Poi ho sentito quattro colpi di arma da fuoco, sparati contro il portone d'ingresso...». Per la sua famiglia è stato l'inizio della fine.

Cosenza, falsi provini hard per rimorchiare




Un filmato smaschera la truffa

Aveva pubblicato un annuncio a nome di società di casting ignare di tutto. La collaboratrice del Quotidiano Aurelia Zucaro ha risposto all'annuncio spacciandosi per un'aspirante attrice. Poi si è presentata all'appuntamento con una telecamera nascosta. E per un trentaseienne cosentino è scattata la denuncia a piede libero


COSENZA - Un trentaseienne cosentino, S. A., finto agente di casting, è stato denunciato ieri a Cosenza. Si spacciava come intermediario di due reali agenzie, la “Casting Italia” (da ventotto anni nel mondo dei casting televisivi, lavora abitualmente con Sky, Mediaset e Rai) e la “Cento per Cento Produzioni”, una piccola casa di produzione di film hard amatoriali, rivenduti sul web nel circuito nazionale. I titolari delle due agenzie non hanno idea di chi sia l’uomo, né hanno mai avuto collaboratori in Calabria. Lui, però, aveva pubblicato un annuncio di lavoro su svariati siti, lo scorso 12 settembre. La collaboratrice del Quotidiano Aurelia Zucaro lo ha intercettato e smascherato con un filmato.


Il testo dell'annuncio pubblicato su internet parlava chiaro: «La "Casting Italia", azienda inserita nel settore della produzione di film hard amatoriali e non, seleziona gratuitamente ragazze e signore dai 19 ai 50 anni per provini simulati, in Cosenza, per la realizzazione di film genere soft porno. Si richiede presenza gradevole e massima serietà. I casting, in completa discrezione, si svolgono in Cosenza città e sono totalmente gratuiti: se ingaggiate, previsti compensi economici molto alti e remunerati con contratti a norma di legge».

Gli eventi hanno fatto emergere un imbroglio, perverso e un po’ arrangiato. Aurelia Zucaro si è spacciata per aspirante attrice e al telefono l'uomo le ha spiegato: «Ci vediamo nel mio studio a Via Veneto. No, non c’è un attore. Siamo solo io e te e una telecamera non professionale. Si deve stare nudi, ovviamente. Ma solo alcune scene sono reali, il resto sono posizioni simulate. Io poi invio il video alla “Cento per Cento” e se piaci ti contattano loro. Puoi guadagnare anche 1800 euro a film».

Poi lei ha avvisato i carabinieri e si è presentata all'appuntamento con una telecamera nascosta. E per l'uomo è scattata la denuncia a piede libero.

IL SERVIZIO COMPLETO CON IL RESOCONTO DELLA VICENDA A FIRMA DI AURELIA ZUCARO SULL'EDIZIONE CARTACEA DEL QUOTIDIANO



Donna uccisa: “Il marito pestato in carcere”

L’omicidio di Maria Anastasi lo scorso 4 luglio. A dare notizia dell’aggressione ai danni di Salvatore Savalli, accusato di averla assassinata con la complicità dell’amante, è stata la criminologa sua consulente



TRAPANI. Salvatore Savalli - l'uomo accusato di aver ucciso (con la complicità dell'amante Giovanna Purpura) lo scorso 4 luglio nelle campagne di Trapani la moglie Maria Anastasi, incinta - è stato pestato in carcere dopo che l'ex comandante del Ris di Parma, Luciano Garofano, ha rivelato nel corso della trasmissione "Quarto Grado", andata in onda su Retequattro, che sono state rinvenute delle impronte sul bidone della benzina, utilizzato dal presunto omicida per dare alle fiamme il corpo della donna. Lo ha detto la criminologa Roberta Bruzzone, consulente dell'indagato, incontrando i cronisti a Trapani, dopo aver avuto un colloquio in carcere con Savalli.

"Il reperto è andato distrutto con le fiamme - dice la Bruzzone - e pertanto non è possibile rilevare alcunché. Garofano ha riferito fatti fantasiosi". La criminologa ha puntualizzato, inoltre, che, "trattandosi di attività investigativa coperta da segreto istruttorio, Garofano non può avere alcuna informazione sul caso e non credo proprio che né i Ris di Messina, né la Procura di Trapani abbiano potuto svelare qualcosa".





Giro di prostituzione: sfruttata anche una sedicenne

La squadra mobile ha arrestato cinque persone e notificato quattro avvisi di garanzia. Per mesi la ragazzina sarebbe stata obbligata a prestazioni sessuali



ENNA. Un giro di prostituzione che ruotava attorno a una minorenne è stato scoperto dalla Squadra mobile di Enna, che nel corso di una operazione denominata 'Pandemia' ha arrestato cinque persone implicate in un giro di prostituzione minorile e notificato quattro informazioni di garanzia.

Le indagini, dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, hanno accertato che una ragazzina di 16 anni veniva sfruttata dalla zia. Nove gli indagati, tra cui la donna, che è stata arrestata, mentre per gli altri quattro uomini la procura ha stabilito gli arresti domiciliari. Sarebbe stata la donna a indurre la ragazzina alla prostituzione, mentre gli uomini avrebbero pagato per le prestazioni sessuali. La vicenda sarebbe andata avanti per mesi: almeno dal dicembre 2011 fino al giugno di quest'anno.

Da qualche tempo gli investigatori avevano notato che la donna, in orari in cui la ragazza avrebbe dovuto frequentare la scuola, accompagnava la giovane nei suoi numerosi spostamenti in città. Una serie di intercettazioni e pedinamenti hanno confermato che la donna, pare una zia della giovane, faceva prostituire la ragazza, in cambio di denaro, a casa dei 'clienti', le cui abitazioni sono state perquisite. Le indagini proseguono per scoprire se ci siano altre persone coinvolte nel giro.





lunedì 17 settembre 2012

Faida Scampia, colpi al volto mentre guida. Ucciso ventenne

Il giovane ucciso era vicino agli Abete-Abbinante Lungo la strada segni di 5 colpi di pistola
 
  NAPOLI - Si chiamava Roberto Ursillo e aveva solo venti anni l'ultima vittima della faida di Scampia. Il ragazzo transitava per via dei Ciliegi a bordo della sua Fiat Palio quando è stato raggiunto dai killer arrivati presumibilmente in moto, che lo hanno colpito più volte al viso attraverso il finestrino aperto, uccidendolo all'istante. L'auto ha continuato la sua marcia ed è finita nel fossato alla sua destra. I killer hanno trovato un'immediata via di fuga: di fronte avevano l'imbocco dell'asse mediano.

Ursillo non aveva precedenti penali, ma da tempo gli inquirenti lo tenevano d'occhio: il fratello Salvatore era stato arrestato nel marzo del 2009 e aveva tentato la fuga lanciandosi dal balcone. La famiglia graviterebbe nell'orbita del clan Abete - Abinante. Il fratello di Arcangelo Abete, Raffale era stato ucciso il 9 settembre davanti al bar Il fauno di Scampia.

In un primo momento gli automobilisti di passaggio, notando l'auto nella scarpata, avevano segnalato un incidente. Sul posto sono arrivati i carabinieri che hanno trovato il corpo del ragazzo straziato dai proiettili. Ma per procedere all'identificazione è stato necessario sollevare con una gru il veicolo dalla scarpata e le operazioni sono andate avanti per ora: il traffico nella zona a ridosso della stazione di Chiaiano del metrò, è andato in tilt e gli automibilisti sono rimasti a lungo incolonnati.

di Daniela De Crescenzo

Omicidio Lignano, confessa giovane cubana:



«Non volevo assolutamente che andasse così» Lisandra Aguila Rico, 21 anni, era stata fermata in Campania Ricercato anche il fratello. L'ipotesi della rapina finita male


Lisandra Aguila Rico, 21enne di origini cubane, confessa l'omicidio dei coniugi Rosetta Sostero, 65 anni, e Paolo Burgato, 67, avvenuto un mese fa a Lignano Sabbiadoro. «Non volevo assolutamente che le cose finissero in questo modo», ha detto la donna agli investigatori.


Nell'ambito dell'inchiesta è ricercato anche il fratellastro, Laborde Reiver Rico, 24 anni. Quest'ultimo sarebbe riuscito a fuggire all'estero, forse a Cuba. Per arrestarlo servirebbe un mandato di cattura internazionale. L'avvocato della giovane precisa comunque che al momento Lisandra è accusata di duplice omicidio volontario in concorso con ignoti.

L'ipotesi più accreditata è quella di una rapina finita male.

IL FERMO - La ragazza, 21 anni, era stata fermata domenica notte in Campania, bloccata mentre tentava di allontanarsi per far perdere le proprie tracce. Poi, dopo un lungo interrogatorio, ha confessato. Immediato l'arresto, quindi il trasferimento nel carcere femminile di Trieste.

LE INDAGINI - A favorire la svolta sarebbero stati gli esiti degli esami del Ris dei Carabinieri: subito dopo il duplice omicidio, infatti, erano stati effettuati su numerose persone tamponi per identificare il Dna. Le analisi sui reperti raccolti sul luogo del delitto avevano portato a individuare un uomo e una donna come autori del massacro dei due pensionati, uccisi a coltellate dopo aver subito torture nel garage-lavanderia della loro villa.

LA RICOSTRUZIONE - La giovane sudamericana, da molti anni a Lignano, avrebbe lavorato come commessa in una gelateria vicina alla coltelleria dei coniugi uccisi. E, in passato, avrebbe lavorato in uno dei negozi di famiglia dei coniugi.


Secondo gli investigatori, i due fratelli entrambi incensurati, sapevano che la coppia teneva dei soldi in casa e avrebbero così organizzato una rapina. I coniugi però li avrebbero riconosciuti e i due ladri, vistisi smascherati, li avrebbero uccisi.


CHI SONO - I due fratellastri sono figli di primo letto di una donna cubana. La signora ha anche altri due figli piccoli con un nuovo compagno italiano. A Lignano sono tutti molto noti tra i residenti e i commercianti. La donna, secondo il racconto di alcune persone che la conoscono, sarebbe venuta in Italia molti anni fa dove avrebbe conosciuto l'attuale compagno. I due figli maggiori erano rimasti a Cuba ma ogni estate raggiungevano la madre e spesso trovavano qualche lavoro stagionale. La donna viene descritta come una persona molto seria, perbene.

LE AUTORITA' - Un grazie al «lavoro esemplare agli inquirenti e ai Carabinieri» ma «per la nostra città è stato un altro risveglio tragico» commenta il sindaco di Lignano Sabbiadoro, Luca Fanotto. «Ci sentiamo, se possibile, ancora più feriti e increduli - aggiunge - di fronte al quadro sconcertante che sta emergendo».

Interviene anche il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, secondo il quale «è indispensabile una schedatura di tutti gli immigrati in modo da garantire la sicurezza per i nostri cittadini che adesso non devono vivere nell'incubo di nuove incursioni criminali». «È una svolta e devo dire che i carabinieri sono stati straordinari», dice il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri.

Paziente di psichiatria denuncia infermiere del Cervello per abusi

La donna ha prima confidato l'episodio alla madre e poi si è rivolta alla polizia. Secondo il racconto, l'uomo avrebbe cominciato a palpeggiare la ragazza mentre era sotto la doccia, per poi abbassarsi la cerniera dei pantaloni

PALERMO. Una paziente ricoverata nel reparto di psichiatria dell'ospedale Cervello, a Palermo, ha denunciato alla polizia di essere stata molestata da un infermiere che avrebbe cercato di violentarla nel bagno della struttura sanitaria. La donna prima s'é confidata con la madre e poi si è rivolta agli agenti che stanno conducendo le indagini per verificare il racconto.

Gli abusi sarebbero avvenuti sabato scorso. La donna si sarebbe sentita male ed essendosi sporcata avrebbe cercato l'assistenza di una infermiera. In reparto però ci sarebbe stato solo un infermiere, per cui alla polizia ha detto di essere andata da sola in bagno per lavarsi. Mentre era sotto la doccia sarebbe arrivato l'infermiere, che dopo averla palpeggiata in varie parti del corpo si sarebbe aperto la cerniere dei pantaloni; a quel punto la donna sarebbe riuscita a divincolarsi e a fuggire verso la sua stanza, dove sarebbe stata soccorsa da alcune persone. La direzione sanitaria ha aperto un'indagine. Il reparto di psichiatria del Cervello è gestito dall'Asp6 di Palermo.

Stato-mafia, il governo non sarà parte civile all'udienza preliminare


Di Pietro: "Rischio favoreggiamento"
In aula la mozione firmata Idv,l'esecutivo frena: «Non adesso»


roma
Il governo non si costituirà parte civile al processo sulla presunta trattativa tra Stato e Mafia, «pur non essendoci alcuna preclusione». L'esecutivo replica così alla mozione Idv sulla costituzione di parte civile dello Stato nel procedimento in corso a Palermo.

Il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Antonio Malaschini, motiva la scelta con «l'impossibilità di strutturare un atto di costituzione di parte civile dotato di requisiti anche minimi di ammissibilità sulla base di una semplice notizia giornalista relativa alla data di celebrazione dell'udienza preliminare» e ricorda che tale costituzione «può bene essere formalizzata anche successivamente, fino alla fase introduttiva del dibattito di primo grado».

Una spiegazione che non soddisfa l'Idv. «Se il governo non si costituirà parte civile nel processo sulla trattativa Stato- Mafia, questo potrebbe chiamarsi reato di favoreggiamento personale» attacca Di Pietro secondo cui «il governo ha mostrato reticenza e ignoranza tecnica, nonché di volersi lavare pilatescamente le mani».

Rapinato in casa Anziano muore per fazzoletto in bocca



OPPIDO LUCANO - A trovare il corpo sono stati una badante rumena insieme a un vicino di casa. I parenti che, subito dopo, sono entrati nell'abitazione di via Fuori Porta, a Oppido Lucano, hanno trovato tutto in disordine. Hanno provato a chiamare Rocco Massari, 74 anni, ma nessuno ha risposto. Il pensionato era ormai morto, ucciso al piano terra della sua abitazione: il volto tumefatto e il corpo ricoperto di ferite. I carabinieri non hanno dubbi su quanto è accaduto ieri pomeriggio: Massaro è stato ucciso al culmine di una brutale rapina. Forse la vittima conosceva anche il suo aggressore, perché sulla porta d'ingresso non è stato trovato alcun segno di effrazione dai carabinieri della compagnia di Acerenza. Il pensionato potrebbe aver aperto a una persona di cui si fidava. Quel gesto gli è stato fatale.

Il rapinatore è andato a colpo sicuro: sapeva probabilmente che Massaro conservava in casa i suoi risparmi. Ma non è riuscito a trovarli subito. Ecco perché - è l'ipotesi degli investigatori - si sarebbe accanito contro di lui: per conoscere il nascondiglio di quei soldi. Ma il pensionato ha resistito, fino alla morte. Quella era la cassaforte di un anziano come tanti a Oppido, che ogni mese ritirava la sua pensione nel vicino ufficio postale e poi la portava a casa.

Chi è entrato nella piccola abitazione racconta di una violenza inaudita nei confronti di un uomo inerme. Massaro sarebbe morto per asfissia: gli era stato stretto sulla bocca un fazzoletto. Sarà l'autopsia a offrire qualche spunto in più per decifrare questo giallo. In serata a Oppido sono arrivati anche gli investigatori del Reparto operativo di Potenza. Hanno passato al setaccio l'abitazione alla ricerca di tracce che potrebbero essere state lasciate dall'assassino. Si cercano impronte, ma non solo. Il pensionato avrebbe opposto resistenza, potrebbe anche aver ferito i suoi aggressori. Sembra che in camera da letto siano state trovate alcune tracce di sangue, che potrebbero anche appartenere a uno degli assassini. E allora, in quel caso, l'esame del Dna farebbe fare un balzo in avanti alle indagini.

Da qualche tempo Rocco Massaro non usciva più molto da casa. Ma ogni tanto si concedeva comunque una passeggiata sul corso principale, per incontrare gli amici. Forse una parola di troppo sul tesoretto nascosto in casa potrebbe aver attirato la curiosità di qualcuno. I carabinieri hanno già acquisito anche le riprese effettuate dalle telecamere piazzate nel paese, fra negozi e uffici: sperano così di individuare qualche movimento sospetto, o magari la targa dell'auto utilizzata dai rapinatori, che potrebbero aver atteso il momento più adatto per entrare in azione. Allo stato, però, nessuno dei residenti della zona - abbastanza periferica - sembra aver avvertito movimenti sospetti. Davvero strano. Ieri pomeriggio i carabinieri hanno già ascoltato diversi testimoni e contano di proseguire anche oggi. Sono convinti che qualcuno sappia ma abbia timore a parlare. Gli assassini di Massaro sono probabilmente ancora a Oppido.
  di FABIO AMENDOLARA

Incidente mortale sulla Domiziana

Indagato per omicidio colposo fratello boss dei Casalesi Alessandro Cirillo


CASERTA - È indagato per omicidio colposo il conducente dell'Audi A3 che ieri mattina, lungo la Domiziana fra Castel Volturno e Mondragone, ha tamponato violentemente una Ford Fiesta a bordo del quale viaggiavano due coniugi di Napoli, causando la morte della sessantenne Vincenza M. e il ferimento del marito.

Si tratta del quarantenne Pasquale Cirillo, fratello del boss detenuto dei Casalesi Alessandro Cirillo, detto «o' sergente», componente del gruppo di fuoco di Giuseppe Setola.

Dalla indagini condotte dalla Polstrada di Caianello, è emerso come Cirillo viaggiasse ad una velocità molto elevata; l'urto con la Fiesta della coppia ha provocato il ribaltamento di entrambe le auto, a seguito del quale la donna è morta sul colpo. Lo stesso Cirillo, soccorso da un parente, è finito all'ospedale di Aversa, salvo poi presentarsi alla stazione dei carabinieri di Castel Volturno per mettersi a disposizione degli inquirenti.

domenica 16 settembre 2012

Kate paparazzata in topless mentre il principe le spalma crema solare


Foto di Kate Middleton in topless,
Buckingham Palace annuncia querele


PARIGI - «Oh my God»: con questo titolo il settimanale di gossip francese, Closer, presenta oggi le foto di William e Kate con quest'ultima in topless. In realtà le foto, scattate con teleobiettivo da una distanza ragguardevole, sono un po' sfocate e immortalano i due mentre si spalmano crema solare sulla terrazza della piscina del castello di Autet, proprietà del visconte Linley, figlio della principessa Margaret.

La coppia ha trascorso alcuni giorni di vacanza nel meraviglioso sito del Luberon. Le foto ritraggono Kate che arriva sul terrazzo, si toglie il reggiseno del costume da bagno e poi si lega i capelli. Nelle foto successive, i due in occhiali da sole si spalmano la crema solare, prima Kate, ormai a seno nudo, pensa alla schiena di William, poi è lui a fare la stessa operazione. Kate, però, si fa spalmare la schiena e si piega in avanti abbassando anche le mutandine per una copertura totale ma mostrandosi completamente in questa posizione al teleobiettivo. Infine, altre foto di gesti teneri e rilassati della coppia, che chiacchierano e si distendono al sole per abbronzarsi. Kate, protetta dalla crema, resta in topless.

La pubblicazione in Francia di foto della duchessa di Cambridge in topless sono un «attentato alla vita privata» di William e Kate, «grottesco» e «totalmente ingiustificabile», ha dichiarato un portavoce della Casa reale.

La direttrice della direzione del settimanale francese Closer, Laurence Pieau, si dice «stupita» per il «caos» sollevato dagli scatti in topless di Kate Middleton. A Londra «la stampa inglese mi copre di ingiurie e minacce. È come se avessimo ucciso una seconda volta la principessa Diana. Tutto questo è aberrante e smisurato. Si dimentica che sono stati gli anglosassoni a inventare i tabloid», ha detto la Pieau parlando con il sito di L'Express. Le foto di Kate, che prende il sole a seno nudo in terrazza insieme al marito William, «non hanno niente di insultante per lei. Abbiamo fatto attenzione a scegliere le più dignitose. Che io sappia - ha aggiunto - non è la prima volta che una star è sorpresa a seni nudi in piena estate. Non pensavo che toccando la famiglia reale inglese avremmo provocato un tale moto di protesta. Confesso di essere sbalordita».

Controlli a Scampia: armi, munizioni e droga nascoste in un contatore Enel


NAPOLI - Armi, munizioni e droga sono stati sequestrati ieri sera tra Secondigliano e Scampia, dagli agenti della sezione «Narcotici» della Squadra Mobile di Napoli. I poliziotti hanno trovato due pistole calibro 9 «Beretta» in un vano contatore dell'Enel che si trova in via Cupa Capodichino. Una è risultata rubata nel 2002 a Frattamaggiore, nel Napoletano. Entrambe erano complete di caricatore con 15 cartucce.

Nel vano c'era anche una pistola di fabbricazione statunitense, marca STI Edge calibro 45, con matricola punzonata, completa di caricatore con 9 cartucce. Trovata anche una scatola contenente cartucce di vario calibro, oltre a 200 grammi di cocaina.

Il ritrovamento, avvenuto in una zona limitrofa a quella teatro degli ultimi episodi criminosi, è il frutto di un'attività d'indagine svolta dai poliziotti all'interno di uno stabile abitato da numerosi nuclei familiari ritenuti affiliati a vari clan camorristici. Saranno gli agenti della Polizia Scientifica, con accertamenti tecnico-balistici, ad accertare se le armi sequestrate siano state usate di recente.

I 50 anni di lavori sulla Salerno-Reggio La protesta: «È una vergogna»



NAPOLI - Al casello autostradale di San Giorgio a Cremano manifestazione indetta per denunciare il mancato completamento dei lavori sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, avviati cinquant'anni fa. All'iniziativa - che si svolge contemporaneamente a un'altra analoga al casello di Reggio Calabria - ha preso parte il commissario campano dei Verdi e assessore alle Attività Produttive di San Giorgio a Cremano, Francesco Emilio Borrelli, che ha mostrato ai cronisti una torta con la scritta «Autostrada Salerno-Reggio, 50 anni di vergogna».


Presente anche l'imprenditore campano Gianni Lettieri, capo dell'opposizione al Comune di Napoli, e lo speaker radiofonico Gianni Simioli, tra i promotori della manifestazione insieme all'associazione Assud.

Nasconde la cocaina negli slip: presa



CASERTA - Ennesima operazione antidroga a San Felice a Cancello, dove è stata arrestata una donna incensurata per detenzione di cocaina. Nell’ambito dei servizi predisposti dalla Questura di Caserta per arginare lo spaccio di sostanze stupefacenti nel comprensorio, gli agenti della Squadra Mobile hanno arrestato ieri pomeriggio in flagranza di reato Elisabetta Visconti, del ’73, incensurata. La donna è stata sorpresa in possesso oltre 50 grammi di cocaina.


Tutto è nato da un controllo di routine da parte dei poliziotti, che hanno fermato a Cancello Scalo, in via Napoli una Renault Twingo guidata proprio dalla Visconti che, manifestando un atteggiamento di palese apprensione, ha insospettito gli agenti che le hanno chiesto di seguirli in Questura per ulteriori controlli.

A quel punto, la donna ha consegnato spontaneamente agli investigatori un involucro di cellophane, avvolto da carta assorbente, contenente lo stupefacente, che occultava all’interno degli slip. A quel punto la Visconti è stata arrestata per spaccio e portata, dopo le formalità di rito, nel carcere femminile di Pozzuoli.

Fiorito: «Ecco tutte le spese folli del Pdl nel Lazio»



Parla l'ex presidente dei consiglieri azzurri alla Pisana. Francone: due auto blu per Abbruzzese, ecco nomi e cifre


ROMA - Il telefono squilla a vuoto per un numero imprecisato di volte. «Gli stanno dando l’assalto, deve capirlo, è preso da tremila cose», lo giustifica la segretaria Antonietta, incaricata di intercettare le deviazioni di chiamata. Sul secondo telefonino c’è meno traffico, la situazione si sblocca. «Sono al partito, ho appena presentato una lettera di autosospensione dal Pdl al segretario nazionale, lo faccio per un atto di dignità che anche altri dovrebbero seguire».

Si riferisce al suo successore Battistoni?

«Parlo per me. Voglio essere libero di difendermi.

E le accuse che ha lanciato? E il contro-dossier?

«Mi spiace ma adesso non posso parlare... deve capirmi».

Conferma anche quelle alla sorella dell’ex ministro Meloni?

«...non posso parlare, le ho detto».

Il Franco Fiorito abbottonato e prudente è quasi un inedito. Poche ore prima aveva lanciato strali a destra e a manca, pianificato una controffensiva-lampo.

«Vede queste carte, legga i nomi», porge un fascicolo rosa intestato «Consiglio regionale del Lazio».

Il primo foglio è scritto a stampatello, «Meloni Arianna» e tra parentesi «sorella ministro e moglie di Lollobrigida».

Si spieghi meglio.

«E’ la sorella dell’ex ministro Meloni. Lavora nel gruppo Pdl della Regione Lazio, ma in ufficio non la vediamo da 5 mesi. È sempre in servizio esterno, però lo stipendio di 2.300 euro lo prende, eccome se lo prende. Suo marito è l’assessore ai Trasporti Francesco Lollobrigida. Chiaro? Può fare come le pare! Legga più avanti: «Sabatini Alessandra». Sa chi è? E’ la cognata di Rampelli, anche lei lavora col gruppo. E poi Puzzone Carmela, moglie del presidente della commissione Scuola Del Balzo. E non è finita: con noi lavora anche la nipote di Del Balzo, Elisabetta Pimpinella. Capito?».

Sta dicendo che in Regione Lazio c’è un’altra parentopoli?

«Sto dicendo che adesso il partito sa tutto. E che ho consegnato un dossier con tutti i documenti. Vedremo chi ha rubato».

E tutti quei bonifici intestati a lei?

«Sono i soldi che la Regione mi pagava per le mie tre indennità, da consigliere, da presidente della commissione Bilancio e da capogruppo. Controllate pure. Ho rendicontato tutto, guardi invece qui che roba (si terge il sudore dalla fronte con il fazzoletto che ha nel taschino della giacca e sfoglia un plico di documenti spillati, ndr): questi sono i rimborsi per le cene, cenette a due a base di ostriche. E questi per i ristoranti, serate con 120 invitati, peccato che ne potevano contenere al massimo 40. E vogliamo parlare dei buoni benzina? Rimborsi per 40 mila chilometri in un anno a gente che non si è mai spostata di casa. Ecco che con chi abbiamo avevo a che fare... con un presidente del consiglio regionale (Mario Abbruzzese) che ha due auto blu, una a Roma e l’altra a Cassino».

Fin qui le accuse di Fiorito. Andando a verificare, Arianna Meloni è effettivamente la sorella dell’ex ministro Giorgia. Ma, come specifica il suo compagno, Francesco Lollobrigida, «lavora alla Pisana dal 1999, è sempre stata una precaria e a causa del suo cognome ingombrante non ha mai osato partecipare a un concorso pubblico. Si è assentata dal lavoro negli ultimi mesi perché nel frattempo ha messo al mondo i nostri due figli». In quanto alla Sabatini, già segretaria di Fini, è stata assunta alla fine degli anni ’90 dopo regolare concorso. All’epoca il suo attuale cognato, il deputato Pdl Fabio Rampelli era segretario della Fronte della Gioventù. Lei, assicura, neppure lo conosceva.

di Claudio Marincola