martedì 13 novembre 2012

Appalti e 'ndrangheta, arresti in 4 province

Condizionata l'elezione alla comunità montana

Quaranta persone sono coinvolte nella maxi operazione compiuta dai carabinieri nella Locride. Manette sono scattate anche nel Cosentino, nel Vibonese e nel Comasco. Scoperta una rete che controllava le commesse pubbliche e praticava usura. Scoperchiate 5 cosche. Avrebbero influito sulla nomina dell'ente "Aspromonte orientale"



REGGIO CALABRIA – Avrebbero condizionato gli appalti pubblici con una concorrenza sleale grazie al controllo, diretto o indiretto, di imprese edili e movimento terra oltre a condizionare il libero esercizio di voto, ad esempio, l’elezione del presidente della comunità montana "Aspromonte orientale", che non è indagato. Sono queste alcune delle accuse contestate alle 40 persone finite in manette stamani ad opera dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Gli arresti sono stati eseguiti anche nelle province di Cosenza, Vibo Valentia e Como, con le accuse di associazione di tipo mafioso, estorsione, porto abusivo e detenzione di armi, usura, illecita concorrenza volta al condizionamento degli appalti pubblici, minaccia, esercizio abusivo dell’attività di credito, truffa, furto di inerti, intestazione fittizia di beni, con le aggravanti di avere agito al fine di agevolare la 'ndrangheta, e della trans nazionalità.
L’operazione, denominata "Saggezza", secondo gli investigatori, ha consentito di documentare gli organigrammi e le presunte attività illecite della 'ndrangheta, accertando, l'esistenza e l’operatività di cinque «locali» ad Antonimina (famiglia Romano), Ardore (famiglia Varacalli), Canolo (famiglia Raso), Ciminà (famiglia Nesci) e Cirella di Platì (famiglia Fabiano), e individuandone i vertici. Gli investigatori avrebbero anche individuato gli interessi economici e societari riferibili agli indagati, ed in particolare le attività economiche attraverso le quali avrebbero conseguito i profitti illeciti, accertando anche ipotesi di condizionamento degli appalti pubblici. Le famiglie, secondo l’accusa, avevano la gestione ed il controllo diretto ed indiretto di attività economiche anche nel taglio boschivo in località aspromontane, oltre ad un circuito di usura ed esercizio abusivo dell’attività di credito.

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