venerdì 9 novembre 2012

Un business senza regole che vale 10 miliardi l’anno

Il Viminale: “Sono negozi a rischio di infiltrazioni mafiose”



francesco grignetti
roma
Era il marzo scorso quando la ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri, ospite della commissione parlamentare Antimafia, a sorpresa si soffermò sul fenomeno dei Compro-Oro. «Può essere interpretato come sintomo della forte difficoltà economica che investe alcuni ceti sociali». La Cancellieri ammise che il ministero dell’Interno è in grande allarme, al punto che è stato ordinato ai questori di monitorare l’andirivieni di negozi che si aprono e chiudono con impressionante frequenza.

Il Viminale - spiegò ancora - si rende conto che questo mercato «sommerso» è pericolosamente contiguo agli «ambienti criminali legati all’usura, alla ricettazione e al riciclaggio ed è agevole ipotizzare che dietro tale commercio si celino interessi della criminalità organizzata». Ecco perché ne parlava all’Antimafia.

Da allora, in pochi mesi, il fenomeno è dilagato ancor di più. A inizio anno l’Eurispes stimava che il giro d’affari fosse sui 3/4 miliardi di euro. Le ultime stime di Confartigianato-Orafi raddoppiano i numeri: «Erano 8.000 negozi nel 2010, oggi sono 25.000. Muovono non meno di 300 tonnellate di metalli nobili all’anno, per un giro d’affari di 7/10 miliardi di euro».

È evidente che dietro il boom c’è la crisi. L’Eurispes lo spiegava così: «La restrizione del credito bancario ha introdotto forme di prestito “informale” sul modello dei vecchi banchi dei pegni. Chi ha immediato bisogno di soldi, non potendo ottenerli dalla banca, può vendere qualche gioiello di famiglia».

Anche l’associazione a difesa dei consumatori Adoc ha svolto una ricerca. «I Compro-Oro - spiegano - sono frequentati da ogni tipologia di consumatore e ognuno genera un flusso economico di circa 350mila euro l’anno». L’Adoc teme soprattutto le possibili truffe. «L’oro viene valutato troppo poco rispetto al reale valore di mercato. Colpa di una pubblicità poco trasparente, che non fa distinzione tra oro a 18K e oro puro, bilance truffaldine e scarsa attenzione alle quotazione giornaliere».

Chi osserva da tempo il fenomeno, e mette in luce i pericoli, è Walter Veltroni. «Quest’operazione della Guardia di Finanza è solo l’ennesimo campanello d’allarme», commenta. «È necessario che tutto il materiale prezioso sia tracciabile, da quando entra nel Compro-Oro a quando viene riutilizzato. Soprattutto, però, è necessario elevare notevolmente i requisiti degli esercenti».

Ci sarebbero al riguardo alcune proposte di legge. Una firmata dal senatore Nicola Latorre, una dell’onorevole Donatella Mattesini, entrambi del Pd, e una di Mario Baccini, Pdl. Tutte prevedono l’istituzione di un Registro dove appuntare la data di ogni operazione di acquisto, i dati del venditore, la specie della merce comprata o venduta, la descrizione dettagliata di ogni oggetto, il peso, il prezzo pattuito. «E dovrà essere allegata una foto del pezzo venduto», spiegava Latorre, nell’intento di frenare la ricettazione di gioielli rubati.

Nel frattempo, le blande norme attuali prevedono che chiunque possa aprire un Compro-Oro, purché non condannato per reclusione superiore a tre anni o sottoposto a misure di sicurezza in quanto «delinquente abituale».

Avrebbero poi l’obbligo di segnalare ogni operazione sospetta ai fini dell’antiriciclaggio. Figurarsi. Negli ultimi due anni non risulta pervenuta all’Unità di Informazione Finanziaria alcuna segnalazione.

Nessun commento:

Posta un commento