martedì 20 novembre 2012

Una lotta per emanciparsi dal clan alla base della faida vibonese

Genesi della lunga serie di omicidi, 3 in tutto, e di tentati omicidi, 6 in tutto, verificatisi in questi mesi nel vibonese sarebbe la volontà da parte dei "Piscopisani" di sganciarsi dal clan Mancuso e aggregarsi ai clan Reggini



VIBO VALENTIA – La 'società' di Piscopio voleva staccarsi dalla cosca dei Mancuso per rispondere alla 'ndrangheta della fascia jonica reggina. Sarebbe questa la motivazione che avrebbe scatenato la faida tra gli esponenti della cosca di Piscopio e quella dei Patania di Stefanaconi, nel vibonese. I particolari delle indagini della Dda di Catanzaro che hanno portato al fermo di 13 persone sono stati illustrati stamane nel corso di una conferenza stampa a Vibo Valentia alla quale hanno partecipato il sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia, Maria Vittoria De Simone; il procuratore di Catanzaro e capo della Dda, Vincenzo Antonio Lombardo; ed il procuratore aggiunto del capoluogo calabrese, Giuseppe Borrelli. Dalle indagini è emerso che quando la 'società' di Piscopio uccise Fortunato Patania, ritenuto dagli investigatori il boss della cosca di Stefanaconi e luogotenente della cosca dei Mancuso, si scatenò una vera e propria guerra tra i due gruppi criminali. La cosca dei Mancuso avrebbe anche «soffiato il vento della vendetta – è stato detto in conferenza stampa – sul gruppo dei Patania di Stefanaconi fornendo loro uomini e mezzi per sterminare gli esponenti della cosca di Piscopio». Durante la conferenza stampa il sostituto procuratore della Dna, De Simone ha detto che «su Vibo Valentia c'è la massima attenzione. Vibo rappresenta una emergenza assoluta per l'allarme sociale provocato dai fatti di sangue che si sono susseguiti con violenza impressionante». Il capo della Dda di Catanzaro ha affermato che «abbiamo in mano materiale per sviluppare ulteriori e importanti indagini che ci consentiranno di infondere quella fiducia che la gente chiede nelle istituzioni». Il Procuratore aggiunto Borrelli ha ricordato, infine, che la Dda ha un «quadro assolutamente chiaro. Così come è avvenuto per Lamezia Terme anche a Vibo Valentia siamo a conoscenza dei protagonisti dei fatti che sono avvenuti. Non abbiamo solamente il quadro completo sui fatti di sangue ma anche sui reati associativi sui quali, al momento, non stiamo procedendo».
Il blitz dei carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo era scattato questa mattina con l'esecuzione di 13 fermi di indiziato di delitto per altrettante persone ritenute gravemente indiziate per omicidio, tentato omicidio e porto e detenzione abusiva di armi, il tutto aggravato dalle modalità mafiose. L’indagine completata dai militari è stata denominata “Gringia”. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, degli omicidi di Michele Mario Fiorillo, avvenuto a Francica il 16 settembre 2011, di Giuseppe Matina, commesso a Stefanaconi il 20 febbraio del 2012 e Francesco Scrugli, commesso a Vibo Valentia il 21 marzo 2012; nonché del tentato omicidio di Giuseppe Matina (commesso a Stefanaconi il 27 dicembre 2011), di Francesco Scrugli, commesso a Vibo Valentia l’11 febbraio 2012, di Francesco Calafati (commesso a Stefanaconi il 21 marzo 2012) e di Francesco Nazzareno Meddis (commesso a Stefanaconi il 26 giugno 2012). Prologo della faida che sta insanguinando da poco più di un anno l'area della provincia compresa tra Vibo, le frazioni Marina e Piscopio, e Stefanaconi, le uccisioni dell'agricoltore Michele Mario Fiorillo e quella di Fortunato Patania (considerato vertice dell'omonimo gruppo), avvenute a distanza di 48 ore. I provvedimenti sono stati eseguiti in varie località delle province di Vibo, Reggio Calabria e Viterbo, dai militari del Comando provinciale di Vibo, supportati da quelli dell’Arma locale, dello Squadrone Cacciatori e della Compagnia Speciale) e dell’ottavo Nucleo Elicotteri.

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