venerdì 4 gennaio 2013

Parolisi confidò allo zio



 
di Teodora Poeta
 
TERAMO «Salvatore Parolisi ha mostrato un lato della propria personalità particolarmente violento e subdolo». Dopo aver ucciso Melania ha depistato le indagini, vilipeso il cadavere e accumulato menzogne su menzogne. Persino il suo improvviso attaccamento alla figlia ha destato nel giudice Tommolini qualche «sospetto di autenticità». E' scritto nero su bianco nella motivazione della sentenza all'ergastolo. Parole che pesano più di un macigno, ma che pare non abbiano scalfito il caporal maggiore che ieri ha appreso il perché della sua condanna alla massima pena.

IL MOSAICO COMPLESSO
Oggi come allora, è un mosaico complesso da inquadrare quello di Parolisi e il giudice lo fa cogliendo il filo logico delle anomalie che iniziano proprio dal pomeriggio della scomparsa di sua moglie Melania, quel 18 aprile del 2011. Salvatore si dimostra un uomo incapace di trattenere l'agitazione. Ma è una strana agitazione che decresce man mano che passa il tempo. «In preda al panico e con i capelli, contrariamente al solito, scomposti, è stato visto, nelle immediatezze, eruttare - scrive il giudice - paventando che la moglie potesse essere stata rapita ed ammazzata, per poi, invece, calmarsi man mano che passava il tempo e Melania, al contrario, non si trovava».

LA CONFESSIONE
Nello stesso giorno, come lui stesso si era lasciato sfuggire in un attimo di confidenza allo zio Gennaro Rea, aveva tentato un approccio sessuale con la moglie, ma era stato rifiutato, e, sempre con lo zio si era lamentato delle umiliazioni che Melania gli faceva subire, confessando, «nuovamente e inconsapevolmente, altri due importanti aspetti della vicenda», scrive il giudice. Salvatore, l'uomo umiliato dalla moglie dalla personalità ormai dominante, si mortifica anche davanti allo zio di Melania, ammettendo di non avere più rapporti con la madre di sua figlia. In realtà sta confessando e giustificando il delitto. E’ sempre nelle maschere di Parolisi la chiave di lettura: l’ultima, quella più estrema, è il depistaggio realizzato brutalizzando il corpo senza vita della moglie. Una messa in scena orrenda che fa scattare l’accusa di vilipendio ed è proprio così che, nella somma della pena, si arriva al tetto dell’ergastolo.

I COMPORTAMENTI AMBIGUI
Altre tessere che avvalorano la tesi del giudice giungono dai comportamenti. Per esempio, né il giorno dopo la scomparsa di Melania, né il 20 aprile Salvatore partecipa alle ricerche della moglie. Anzi, il 19 dissuade i colleghi «dall'organizzare un gruppo di ricerca». Ancora: sin da subito l'abbigliamento di Salvatore in quel 18 aprile attira l'attenzione di tutti. Oggi il giudice parla dei suoi calzoncini e di ciò che potrebbe aver indossato mentre uccideva Melania con 35 coltellate. Quel giorno nel portabagagli dell'auto di Salvatore la moglie dell'amico Paciolla, trova «uno zaino di tipo militare, un piccolo trolley nero e un grande sacco di plastica nera contenente una coperta». Dopo la scomparsa di Melania a Salvatore vengono prestati un pantalone di una tuta ed una felpa. La mattina il caporal maggiore li restituisce, ma si scusa per non averli lavati. Eppure, come riferito dalla suocera, nella notte tra il 18 ed il 19 o la mattina del 19 aprile a casa dei Parolisi la lavatrice funziona di continuo. E Ludovica, l'amante soldatessa? Il giudice parla anche di lei. Dal 2 settembre 2009 al 27 aprile 2011, Salvatore e Ludovica si sono scambiati 5.395 chiamate e 4.012 sms. Eppure, Salvatore non l'amava, «per cui non avrebbe mai lasciato Melania (anche per questioni economiche)».

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