domenica 3 febbraio 2013

Il manette il boss latitante a capo cosca Pesce

Indicato come responsabile dell'omicidio di 3 donne
Domenico Leotta,53 anni, ricercato dal 2010, è stato arrestato a Reggio Calabria in un'operazione della polizia. Giuseppina Pesce ha raccontato che c'è lui dietro le morti di Maria Teresa Gallucci vedova Alviano, 37 anni, di sua madre Nicolina Celano (72) e sua cugina Marilena Bracalia (22), a Genova nel 1994


REGGIO CALABRIA - Domenico Leotta, il latitante del clan Pesce, attivo nel Reggino, catturato ieri sera dalla polizia a Catanzaro, si nascondeva in un appartamento situato al secondo piano di uno stabile ubicato a ridosso di viale De Filippis, una delle principali arterie di accesso al capoluogo calabrese, dove la Squadra mobile ha fatto irruzione. Loetta, che guardava la tv nella stanza da letto, non ha opposto resistenza.
Leotta,53 anni, era ricercato dal 2010 ed è stato arrestato dalla Mobile di Reggio Calabria in collaborazione alla DDA e al Servizio Centrale Operativo (Sco). L’uomo, è considerato al vertice della cosca Pesce di Rosarno. Era sfuggito alla cattura nel 2010 in una operazione che aveva portato all’arresto di 40 affiliati.
Il latitante è stato indicato dalla pentita Giuseppina Pesce come il responsabile dell’omicidio di Maria Teresa Gallucci vedova Alviano, 37 anni, di sua madre Nicolina Celano (72) e sua cugina Marilena Bracalia (22), a Genova nel 1994. Per la pentita, figlia di Salvatore Pesce, boss della cosca di Rosarno, il triplice delitto fu deciso per ristabilire equilibri mafiosi. La Dda di Genova ha riaperto l’inchiesta. Nei confronti di Leotta non sono stati emessi provvedimenti.
Secondo gli inquirenti, l'uomo è considerato il braccio destro del boss Francesco Pesce, detto «Ciccio testuni». Un ruolo confermato, secondo l'accusa, dalla partecipazione di Leotta ad un summit tra i capi delle cosche Pesce e Bellocco di Rosarno, storicamente alleate ma i cui rapporti, tra il 2006 ed il 2007, rischiarono di incrinarsi in seguito all’omicidio di Domenico Sabatino, ritenuto vicino ai Pesce. A quel delitto seguì, l’anno successivo, l’omicidio di Domenico Ascone, per gli inquirenti vicino all’omonima famiglia legata ai Bellocco. Dopo i due delitti, i capi delle due famiglie, i Pesce ed i Bellocco, si ritrovarono in un summit per riportare la pace ed evitare l’inizio di una faida. Ed a quell'incontro, secondo la Dda di Reggio Calabria, partecipò anche Leotta. L’uomo, inoltre, è indicato dall’accusa come colui che per conto di «Ciccio testuni» si occupava delle grandi partite di droga che arrivavano a Gioia Tauro e che provvedeva a portare a Rosarno per il successivo smistamento.
Con quello di Leotta, salgono a due gli arresti di latitanti della cosca Pesce bloccati a Catanzaro. Le indagini della Dda di Reggio Calabria, coordinate dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, e da pm Alessandra Cerreti, nel luglio del 2012 portarono all’arresto, nel quartiere Lido del capoluogo calabrese, di Domenico Arena, di 59 anni, anche lui indicato come uno dei capi della cosca Pesce. Un altro latitante, Roberto Matalone, di 36 anni, è stato arrestato il 9 agosto 2012 sulla spiaggia a Joppolo, nel vibonese. Secondo l’ipotesi degli investigatori, i tre latitanti avrebbero goduto dell’appoggio della cosca dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) che li avrebbero ospitati in piazze ritenute «tranquille» per farli sfuggire alla cattura. Leotta è imputato nel processo All Inside contro presunti capi ed affiliati al clan Pesce. Martedì prossimo inizierà la requisitoria del pm Cerreti.

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