giovedì 19 dicembre 2013

Il controllo dei clan calabresi su imprenditoria

Otto arresti in Lombardia e diverse perquisizioni
Coinvolti esponenti del clan Mancuso che avrebbero gestito l'infiltrazione delle cosche nel tessuto economico e sociale. L'accusa principale è quella dell'estorsione aggravata dal metodo mafioso


MILANO - Una serie di ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Milano sono in corso di esecuzione in queste ore in Lombardia. A quanto riferito dai Carabinieri, che stanno eseguendo otto arresti e diverse perquisizioni, si tratta di esponenti ritenuti vicini al clan Mancuso, accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L’indagine, denominata 'Grillo parlante 2', secondo quanto si è appreso fa specifico riferimento al fenomeno “dell’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico-imprenditoriale locale” della Lombardia, argomento al centro ieri, a Milano, della Commissione Antimafia. Gli imprenditori della Lombardia, non solo quelli originari del sud, si rivolgevano spontaneamente agli 'ndranghetisti per riscuotere i crediti nei confronti dei propri debitori. Secondo gli inquirenti, gli imprenditori preferivano rivolgersi all’'antistato piuttosto che alla giustizia ordinaria per ottenere giustizia, perchè consapevoli che in questo modo avrebbero recuperato rapidamente parte della cifra. Nasce dall’attività investigativa conclusa nell’ottobre del 2012, quando furono arrestati 23 soggetti ritenuti appartenenti o collegati alla criminalità organizzata di origine calabrese operante in Lombardia vicini alla cosca Mancuso, attiva stabilmente in Milano e provincia. I carabinieri del Comando provinciale di Milano stanno eseguendo le ordinanze, oltre che in Lombardia, anche in alcune province del Sud Italia.
 
Nell’operazione dei carabinieri di Milano che ha portato alla luce un giro di estorsioni legate ad ambienti della criminalità organizzata, è rimasto coinvolto anche un pluripregiudicato 60enne, M.D., originario di Vibo Valentia, ritenuto un prestanome della cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia). L’uomo, secondo le accuse “tramite intestazioni fittizie gestiva immobili e terreni riconducibili alle attività illecite poste in essere dall’organizzazione mafiosa”. All’interessato è stata applicata la misura della sorveglianza speciale e sono stati sequestrati, ai fini della confisca, su disposizione del Tribunale di Milano, 3 villette, 2 capannoni industriali, 10 appartamenti e 13 terreni agricoli ubicati nei Comuni di Cuggiono, Boffalora Ticino, Renate Ticino, Castano Primo e Robecchetto con Induno. Il valore complessivo dei beni in sequestro supera i tre milioni di euro.

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