giovedì 23 gennaio 2014

Chi è il boss Lorusso confessore di Totò Riina



di Mimmo Mazza

TARANTO - L’uomo misterioso non nasconde alcun mistero. Il potente boss della Sacra Corona Unita protagonista delle chiacchierate intercettate con il capo dei capi Totò Riina in realtà con la Sacra corona unita non ha mai avuto a che fare, né tantomeno ha mai avuto solide e penalmente rilevanti frequentazioni nella provincia di Brindisi.

Sono giorni che di Alberto Lorusso, 55enne nato a Montemesola ma grottagliese di adozione, si legge e si dice tutto e il contrario di tutto, facendo diventare vero il verosimile e sicuro l’incerto.

D’altronde i verbali dei dialoghi con Riina, depositati nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia in corso dinanzi alla Corte d’Assise di Palermo, stanno facendo il giro del mondo. Per il loro contenuto, ogni giorno, come dire, più esplosivo, per i toni utilizzati dai due protagonisti, assai a loro agio del discettare praticamente di tutto lo sciibile italiano.

Lorusso è detenuto, da un mesetto, nel carcere di Cuneo, dopo la parentesi con Riina nella casa circondariale di Opera, a Milano, ed è destinato a restarci ancora per un paio di anni, il tempo necessario per scontare il «continuato» fattogli ottenere dal suo legale Gaetano Vitale per mettere assieme, e ottenere così uno sconto, i 10 anni rimediati nel processo Ellesponto (il grande processo alla mafia tarantina), i 16 anni e 8 mesi per il blitz antidroga Ceramiche e, soprattutto, i 23 anni per l'omicidio di Fulvio Costone, ammazzato il 5 agosto del 1990 nelle campagne tra Pulsano e Grottaglie perché sospettato - senza prove e senza fondamento, si saprà dopo, nel 1997, quando ne furono ritrovati i resti mortali - di aver abusato della sua donna. Fulvio Costone fu fatto salire su un’automobile, subì una sorta di terzo grado, poi fu ucciso con un colpo a bruciapelo sparatogli alla tempia con un revolver, e il suo corpo fu inabissato in un pozzo fuori uso, nelle campagne di Montemesola. Furono i pentiti a raccontare agli inquirenti che era stato proprio Lorusso a volere il delitto, anche per un regolamento di conti relativo ai traffici di droga.

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