martedì 4 febbraio 2014

A San Luca gli appalti erano in mano alle cosche

Blitz dei carabinieri: 11 arresti, anche imprenditori

Nuovo filone investigativo sulla gestione degli appalti pubblici nel centro del reggino. In carcere sono finiti gli esponenti dei clan Nirta e Romeo che avrebbero controllato gli affari sul territorio. Coinvolte anche imprese compiacenti



LOCRI (RC) - I Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Gruppo di Locri hanno arrestato 11 persone, mentre un’altra è ricercata, ritenute appartenenti o contigue alle cosche di San Luca Nirta "scalzone" e Romeo "staccu". Tra gli indagati, arrestati in esecuzione di un’ordinanza del gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda, figurano anche alcuni imprenditori.
LEGGI I NOMI DELLE PERSONE ARRESTATE
Le accuse contestate sono, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso in illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso, frode nelle pubbliche forniture e furto di inerti. L’operazione, denominata "Italia che lavora", rappresenta uno sviluppo dell’inchiesta "Inganno" che nel dicembre scorso ha portato all’arresto di due boss della cosca, dell’ex sindaco e di un ex assessore di San Luca (LEGGI I PARTICOLARI DELL'INCHIESTA "INGANNO").

UN "CARTELLO" PER I LAVORI PUBBLICI - Secondo gli esiti dell'indagine, a San Luca era stato creato un vero e proprio "cartello" di imprese che, grazie ai rapporti con elementi di spicco delle cosche più influenti operanti a San Luca, si accaparrava, direttamente o indirettamente, lavori pubblici fatti nella cittadina della Locride.
Gli 11 sono indagati, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, illecita concorrenza volta al condizionamento degli appalti pubblici, frode nelle pubbliche forniture e furto di inerti, con l’aggravante delle modalità mafiose.

GLI APPALTI CONTROLLATI - In particolare, dal monitoraggio di nove appalti pubblici banditi dal Comune di San Luca, dalla Provincia di Reggio Calabria e dalla Regione Calabria per opere da eseguirsi a San Luca per un ammontare complessivo di 5,5 milioni di euro, secondo l’accusa è emerso l’accaparramento grazie ad atti di concorrenza sleale volti al controllo o comunque al condizionamento dell’aggiudicazione e della successiva esecuzione dei lavori.
Gli indagati, per gli investigatori, grazie alla loro caratura criminale, avevano stretto un accordo collusivo che mirava, attraverso la predisposizione fraudolenta di offerte o attraverso rapporti di sub-appalto lecito o illecito dei lavori, all’imposizione esterna della scelta delle ditte destinate ad aggiudicarsi gli appalti o comunque a eseguire, di fatto, i lavori sulla base di una logica spartitoria dettata dagli equilibri mafiosi esistenti nel territorio di San Luca tra il 2005 ed il 2009.

LE ORIGINI DELL'INCHIESTA - L’operazione trae origine da un’indagine avviata nel 2005 dai carabinieri di San Luca, in cui sono poi confluite le risultanze di altre operazioni condotte dell’Arma quali "Crimine", "Reale", "Saggezza", "Metano a San Luca". Inchieste che, secondo gli investigatori, hanno consentito di documentare l’operatività delle cosche di San Luca nel condizionamento dell’aggiudicazione e dell’esecuzione degli appalti pubblici banditi. Il Comune di San Luca è stato sciolto per infiltrazione mafiosa nel maggio 2013 e l’ultimo sindaco in carica, Sebastiano Giorgi, è stato arrestato dai carabinieri nel dicembre scorso per associazione mafiosa nell’operazione "Inganno".

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