sabato 26 gennaio 2013

Il barone dell’Eternit non vuole pagare


“Insostenibile risarcire le vittime”



I legali del belga Louis de Cartier hanno presentato la richiesta di sospensione del pagamento
alberto gaino
Devono risarcire le vittime dell’Eternit ma non vogliono farlo, e ora anche i difensori del barone belga Louis de Cartier, prossimo ai 92 anni d’età, mettono nero su bianco dei «motivi aggiuntivi» d’appello, presentati ieri, la richiesta di sospensione del pagamento di 89 milioni di euro. «Somma insostenibile» scrivono il professor Carlo Enrico Paliero, docente universitario di diritto penale a Pavia, e l’avvocato Cesare Zaccone.

Se si dovessero riscuotere le provvisionali stabilite dal tribunale con la sentenza di primo grado attraverso le modalità, sia pure costose, delle esecuzioni forzate da parte delle parti civili, «i danni che ne deriverebbero al cliente sarebbero irreparabili».
«Danni irreparabili»
Perché, e qui si entra nel merito del nuovo processo, «mancano la prova delle malattie professionali e il nesso causale con il ruolo di De Cartier» al vertice della multinazionale dell’amianto sino all’inizio degli anni 70. L’avvocato Zaccone getta acqua sul fuoco: «E’ stata un’idea del collega e l’abbiamo praticata, non credo che la Corte si esprimerà prima della sentenza».

In ogni caso i due imputati «rispondono in solido»: vuol dire che dove si trovano i soldi, non importa se dell’uno o dell’altro, si cercano di prenderli. A Casale Monferrato Bruno Pesce racconta dei tentativi di far intervenire il governo: «Le procedure di esecuzione all’estero sono piuttosto onerose, solo per la traduzione degli atti nelle lingue di de Cartier e Schmidheiny la spesa è di 70 mila euro. L’Inail che ha diritto a una provvisionale di 15 milioni farebbe da capofila alle singole vittime. Occorre l’autorizzazione del governo e contiamo che nel nuovo piano nazionale sull’amianto vi sia».
«Riazzerare il processo»
Le condanne a 16 anni ciascuno dei due imputati fanno evidentemente meno paura dei risarcimenti «immediatamente esecutivi». Nelle 700 pagine dei motivi di appello, almeno in quelli di Stephan Schmidheiny, ve n’è una che interpreta la sentenza di primo grado in questo modo: siccome i giudici scrivono che il disastro e le omissioni dolose di norme antinfortunistiche rispetto all’uso dell’amianto hanno avuto come conseguenza la morte di 2000 persone, «competente a giudicare è solo la Corte d’Assise». Si deve ripartire da capo, e cioè da nuovi capo di imputazione, udienza preliminare, processo di primo grado e semmai altro appello.
Il via il 14 febbraio
Il professor Davide Petrini affronterà la questione per le parti civili: «Per ora dico che per tutti i grandi disastri, dall’Ipca di 30 anni fa a Sarno e a Porto Marghera, si è fatto come nel processo Eternit». Dal 14 febbraio, tre udienze a settimana, lotta dura sui banchi dell’appello contro i vertici della multinazionale dell’amianto: enormi interessi sono in gioco.

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