sabato 15 giugno 2013

Arrestato l’ex prefetto La Motta

“10 milioni sottratti al Viminale”
Al centro dell’inchiesta della Procura un investimento in Svizzera del Fec,
di cui era responsabile nel 2006.
Sono finite in manette anche altre tre persone: sono tutti accusati di peculato e falsità ideologia

 
Un fiume di denaro pubblico dirottato in Svizzera. Servitori dello Stato infedeli che «asservivano la funzione pubblica ad interessi privati». Accelera il filone romano sulla gestione dei fondi del Viminale con gli arresti dell’ex prefetto Francesco La Motta e altre tre persone di cui due già da alcune settimane detenute nel carcere di Poggioreale a Napoli. Agli arresti anche il banchiere Klaus Beherend.

Gli arrestati sono accusati di peculato e falsità ideologica. E il ministro dell’interno Angelino Alfano, non usa mezzi termini nel commentare la vicenda e dice che «il ministero dell’Interno è parte lesa nei crimini e nelle responsabilità che vengono addebitate al prefetto Francesco La Motta e si augura che la magistratura vada fino in fondo». La parte capitolina dell’indagine, nata alcuni mesi fa a Napoli, riguarda un investimento in Svizzera di 10 milioni di euro del Fec (Fondo edifici di culto), di cui La Motta era l’ex responsabile, affidato secondo chi indaga a Rocco Zullino, broker di Lugano, e collaboratore di Eduardo Tartaglia a sua volta parente di La Motta. Per quanto riguarda la posizione del banchiere Klaus Beherend, secondo i Ros e i carabinieri di Napoli, è colui che avrebbe redatto i piani di investimento dei fondi in collegamento con Tartaglia.

Per il gip che ha emesso le ordinanze di custodia siamo in presenza di una «indicibile beffa per i cittadini che in una epoca di necessaria austerità» devono «apprendere dai giornali che i soldi pubblici gestiti da un ministero, quello degli interni, erano andati a confluire su un fondo» . Il gruppo si è adoperato a trasferire i fondi del Viminale su un conto corrente in Svizzera, poi svuotato, della «Silgocom, società svizzera a cui era arrivati anche soldi provenienti dalla criminalità organizzata». Nel descrivere i ruoli, il gip spiega che La Motta, direttore del Fec dal 2003 al 2006, ha comunque continuato nel tempo, «escludendo i soggetti legittimati», a interessarsi del destino del sostanzioso investimento in Svizzera, benché avesse cambiato incarico, mentre il promotore finanziario Eduardo Tartaglia «è riuscito a insinuarsi nel consiglio di amministrazione dell’Ente con il precipuo scopo di accedere agli stanziamenti nella disponibilità del Fondo e veicolarli verso la Svizzera per la collocazione sui mercati finanziari esteri».

Nell’ordinanza si sottolinea come sia «riconducibile a La Motta la decisione di instaurare rapporti economici tra il Fec e la banca svizzera, che lui, in una seduta del cda, definì qualificata. Il gip sul punto, basandosi anche sulle conclusioni a cui era giunta la commissione ministeriale da cui è partita l’indagine, esprime perplessità sull’operazione messa su dagli indagati. «Non ci si può esimere dal valutare l’opacità dell’operazione e la sua assoluta anti economicità per la Pubblica Amministrazione al di là del successivo svuotamento del conto, quali indici sintomatici inequivocabili del disegno criminoso dell’ex prefetto». Ma non solo. La Motta, secondo chi indaga, poteva contare su «aderenze con appartenenti ad apparati dello Stato» in ragione di ciò «sono più che concrete le possibilità di inquinare le indagini».

Nel provvedimento viene citata anche una circostanza in cui La Motta nel corso di una perquisizione si è avvalso della presenza e collaborazione degli attuali responsabili dell’ufficio legale e capo di gabinetto. La Motta, che è stato trasferito nel carcere di Rebibbia, infine, era in attesa di un ulteriore incarico e al telefono, stando al gip che cita una intercettazione, «si rammaricava delle indagini in corso». Ora dalle accuse di questa indagine dovrà difendersi.  

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