venerdì 31 gennaio 2014

Reggio, la ritrattazione dell'ex pentito non convince

In Appello le accuse di Lo Giudice restano valide

La corte d'Appello nelle sue motivazioni sulla sentenza dello scorso ottobre che ha visto condannare sei persone e assolverne una non hanno dubbi: la ritrattazione di Nino Lo Giudice non è credibile mentre restano credibili le sue dichiarazioni iniziali rilasciate durante i primi interrogatori


REGGIO CALABRIA - «La ritrattazione del pentito Antonino Lo Giudice è poco credibile». A sostenerlo sono i giudici della Corte d’appello nelle motivazioni della sentenza che lo scorso ottobre ha condannato sei persone (tra cui lo stesso collaboratore scomparso a giugno e ritrovato a novembre) e ne ha assolto una. Durante la latitanza, Lo Giudice aveva fatto recapitare a Reggio Calabria due memoriali in cui ritrattava le accuse formulate nei precedenti verbali e accusava magistrati e forze dell’ordine di averlo spinto a rendere dichiarazioni persino su persone che non conosceva.

«La Corte - si legge nelle motivazioni - ritiene che la ritrattazione contenuta in detto memoria non sia assolutamente in grado di scalfire l’attendibilità delle dichiarazioni di Lo Giudice, e ciò per molteplici ragioni».
Secondo i magistrati della Corte d'Appello alla base della non credibilità della ritrattazione c'è l’assenza di motivazioni che avevano spinto il pentito ad allontanarsi dalla località protetta in cui stava scontando una condanna per le intimidazioni ai magistrati di Reggio Calabria. I magistrati, dunque, ritengono che non si è capito se la circostanza della sua scomparsa sia «una scelta volontaria, indotta o forzata».

A ciò si aggiunge il fatto che «nel memoriale non viene per nulla spiegato per quali ragioni gli inquirenti avrebbero dovuto indurre il collaboratore ad accusare persone innocenti e, specificamente, quelle persone che costui aveva ripetutamente chiamato in causa» senza contare che «anche il suo esasperato sentimento di vendetta nei confronti di familiari e amici appare francamente motivato in modo piuttosto generico (l'essere stato abbandonato durante la carcerazione o l’essere considerato la causa delle disgrazie della famiglia) e, comunque, collidente con il ruolo di vertice della cosca che gli è stato attribuito dagli altri pentiti».
Senza dimenticare che «le accuse ai magistrati e alle forze dell’ordine non hanno mai trovato alcun riscontro, nè esistono dubbi sulla loro correttezza». 

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